L'errore di modernisti e tradizionalisti17/4/2020

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L'errore di modernisti e tradizionalisti17/4/2020

di P. Giacobbe Flavio D’Angelo, ofm Sicilia

I tradizionalisti, al pari dei modernisti, cadono pure essi in errore. Paradossalmente, è lo stesso errore, uguale e contrario, di quello dei modernisti.

Per i modernisti tutte le cose passate sono ormai vecchie e vanno cambiate con le nuove. La verità sta nella novità. Se non si innova, tutto muore. Bisogna quindi cambiare ogni cosa, altrimenti, anche se un tempo certe cose erano vere, poi non lo sono più, perché la verità è vista come un frutto che appena tagliato è fresco e saporoso ma poco dopo languisce e quindi marcisce: per avere roba fresca bisogna andare sempre al mercato e comprare prodotti nuovi.
I modernisti, lo dice la parola stessa, inseguono sempre la moda e ogni giorno devono inventare qualcosa di nuovo, altrimenti si sentono morire.

Al contrario, ma allo stesso modo, i tradizionalisti sono convinti che la verità sta nell’antichità e bisogna solo riprodurre ciò che è sempre stato senza mai modificare nulla. Ogni novità è alterazione e allontanamento dalla verità. Qualunque arrangiamento è considerato violazione e tradimento. Non si può cambiare nulla, perché la verità è immutabile. Chi vuole rinnovare le cose di fatto le disprezza. Bisogna quindi lasciare tutto com’è, altrimenti le cose che un tempo furono vere smettono di esserlo e diventano false. Per loro la verità è come un balocco che va custodito in un museo: si guarda ma non si tocca, sennò cade e si rompe.

Se per i modernisti la verità è nel futuro, per i tradizionalisti la verità è nel passato. Gli uni e altri convengono tuttavia su di uno stesso punto: la verità non è nel presente.
O bisogna correre all’indietro per ritrovarla o bisogna gettarsi in avanti per conquistarla.

Così come per la verità, ugualmente per la bontà. Per i modernisti il bene sta nella novità tutta da scoprire e il male in ciò che si sa già e che oramai è superato.
Per i tradizionalisti, invece, la bontà sta nell’antichità da salvaguardare mediante l’apologia del passato, mentre il male è in ogni nuova scoperta che mette in crisi la conoscenza già acquisita.

Se per i modernisti il bene è nel futuro, per i tradizionalisti il bene è nel passato. Gli uni e altri convengono tuttavia su di uno stesso punto: bene e male non appartengono mai alla stessa epoca.
Se il bene è nel passato e il male nel futuro o se, viceversa, il male è nel passato e il bene solo nel futuro, ne consegue che bene e male non sono mai compresenti nella stessa era, per cui basterà rifugiarsi nel passato per sfuggire al male o proiettarsi nel futuro per preservarsene.

“I tempi antichi erano migliori del presente”, dicono i tradizionalisti.
“Siamo nauseati di questo cibo così leggero”, rispondono i modernisti.

Per i tradizionalisti il decadimento comincia con l’innovazione.
Per i modernisti la decadenza avviene quando ci si oppone al progresso.

Entrambi guardano al tempo presente come un campo di battaglia dove si combatte una storica guerra: su di un fronte ci sono quelli che difendono la verità dagli innovatori che la aggrediscono e sull’altro fronte ci sono quelli che combattono per la verità, per liberarla dai vecchi e obsoleti schemi e aprirla a quei tempi in cui potrà affermarsi senza più preconcetti.

Il cattolico sa che bene e male sono compresenti da quando col peccato originale si volle mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male, facendo della mescolanza del bene e del male una poltiglia velenosa che ha introdotto nel mondo la morte. Sa pure che solo il Figlio di Dio potrà separare il grano dalla zizzania e lo farà solo quando il grano sarà maturo.

Il cattolico sa che la verità è nel passato, quanto nel presente e nel futuro, perché la verità è eterna e abbraccia ogni tempo.
Non lotta per preservarla dal decadimento e non si attiva per restaurarla, perché non teme che la verità perda d’attualità.
Non lotta perché non cada in decadenza e non si attiva per ammodernarla, perché sa che la verità non invecchia.

“Bellezza sempre antica e sempre nuova!”, esclama il cattolico in un sussulto di gioia che lo fa sempre lieto.

Mai è mesto e nostalgico per il passato, mai euforico per il futuro.
Il cattolico non trema per il cambiamento, mai freme per la novità.
Felice del tempo che vive, rivive il bene passato, anticipando nel presente il bene futuro.

Per il Cattolico la Tradizione della Chiesa non è relegata nel passato ma è sempre presente e include nella speranza il futuro radioso del trionfo di Cristo.

In ogni tempo, il cattolico lotta per difendere il bene dal male, il vero dal falso, e guarda con speranza tanto al passato quanto al futuro, poiché sa bene che Cristo Gesù è lo stesso ieri, oggi è sempre.
Senza troppo soffermarsi sul passato e senza fissarsi sul futuro, il vero cristiano, che non è né tradizionalista né modernista, guarda con fiducia ad ogni tempo.

Egli vive nell’attesa senza disperare e non dispera se l’attesa si protrae, non dubitando del ritorno del Signore.

Egli non crede mai perduto ciò che gli viene rubato, poiché crede nel Vangelo che invoglia a lasciare la tunica a chi vuol togliere il mantello.
Non teme di venire spogliato, perché non ha vergogna della nudità essendo stato redento.

Il cattolico non è un archeologo né uno speleologo e pur camminando sulle orme di Gesù, Lo contempla nel cielo, assiso alla destra del Padre; tuttavia
non fissa le nubi per non finire obnubilato, certo di questa Parola che così lo ammonisce e lo corrobora lungo la storia:
- «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

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