L’ingiustizia colpisce a caso15/9/2020

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L’ingiustizia colpisce a caso15/9/2020

di Avv. R. Patrizia Tripodi

Per definire l’ingiustizia bisogna conoscere il significato della giustizia, considerata come virtù sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui al fine di attuarli attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge. Ogni concezione del mondo è fondata su un’essenziale dualità di princìpi. La natura umana è duale, un grande problema filosofico mai risolto; natura che appare caratterizzata da una profonda ed enigmatica scissione. La forma più primitiva di dualismo è quella religiosa secondo cui la natura del mondo e il suo vario accadere, derivano dalla concomitante e contrastante attività di un principio buono e di un principio cattivo.

L’esempio più tipico è quello della religione di Zoroastro che vede contrapporsi la divinità buona alla divinità malvagia. Distinzione che si ritrova anche nel Cristianesimo tra Dio e il Diavolo. Il mondo è duale, nulla di più banale, ma la banalità è fondamento di tutto ciò che è importanti nel mondo. Bello, brutto, buono, cattivo, intelligente, stupido, ricco, povero, padrone, schiavo, giusto e ingiusto; falso, vero; umile, smargiasso; guerra, pace; violenza, bonarietà. Duale è il mondo e duale è la persona; l’uomo è un essere doppio e diviso, mosso da esigenze contraddittorie; egoista e interessato da un lato; altruista e rivolto all’universo dall’altro. Anima e corpo. Si può affermare che la nostra vita interiore ha un doppio centro di gravità; l’uomo è diviso in due sfere; la prima rappresenta la sua individualità e il corpo, la seconda è tutto ciò che in lui esprime “altro” da ciò che realmente è. Fra queste due sfere sussiste un perpetuo antagonismo: esse lottano, si negano e si contraddicono a vicenda. Pascal diceva: “l’uomo è allo stesso tempo angelo e bestia”, senza mai essere esclusivamente nessuno dei due.  Questa scissione è stata alla base di tante discussioni filosofiche che ne hanno cercato una spiegazione. La prevalenza di alcune piuttosto che di altre delle caratteristiche sopra elencate sono l’esito di scelte personali dell’individuo, di caratteri intrinseci della personalità che si sceglie di conservare immutate all’esito di quel processo di evoluzione e crescita che dovrebbe essere principale aspirazione di ognuno di noi. Qui si colloca l’ambizione di conoscenza del sé all’interno di un conflitto interno e proprio dell’individuo stesso.

Tale dissidio e il perenne conflitto che si combatte all’interno di noi stessi è ciò che fa contemporaneamente la nostra grandezza e la nostra più grande miseria perché nella costante dualità ognuno può scegliere tra le due possibilità e raggiungere un equilibrio interiore capace di renderlo una persona risolta e consapevole oppure qualcuno che, in balia delle circostanze di fronte alle quali la vita inevitabilmente lo porrà, resterà incapace di trovare un equilibrio e perciò destinato inconsapevolmente alla disgrazia di una corsa verso ciò che non lo renderà né migliore né sereno ma disposto verso la ricerca di un surrogato di felicità  perché ottenuta a scapito degli altri e del mondo. E tutto questo in un’epoca che in molti casi cerca di ribaltare antichi e fondamentali princìpi, dove chiunque, spesso privo di qualunque competenza, mette in discussione valori incontestabili secondo logica. Un’epoca in cui la ricerca troppo spesso è non del sé ma del superfluo per l’ottenimento del quale si tende a giustificare qualunque azione, anche la più deprecabile; dove l’immorale troppo spesso prevale sulla moralità dei comportamenti; dove si preme per una giustizia che sia frutto di bassi istinti e non della ragione. Bisogna però chiedersi il perché del dilagare delle reazioni più basse e ignobili di fronte ad accadimenti che vengono da alcuni strumentalizzati per propri interessi; la demagogia è tornata in auge con modalità ancor più subdole che in passato; negli ultimi 20 anni si è messo mano alle istituzioni per eliminare diritti, conquistati con lunghe e sofferte battaglie, anziché riconoscerne di nuovi. L’evoluzione della società ha degli aspetti involutivi che rappresentano un profondo riflusso che trascende fino a divenire bestialità, alimentata da ignoranza, supponenza, tendenza ad ergersi a custodi della verità assoluta, fautori di soluzioni radicali che segnano un cammino verso le tenebre. Il concetto di giustizia varia a seconda del periodo di riferimento e della relativa condizione sociale. Siamo passati per epoche in cui era ritenuta giusta la pena di morte come il farsi giustizia da sé ove tanti di quei diritti oggi dati per scontati erano ben lontani dall’essere riconosciuti. Oggi assistiamo ad una moderna caccia alle streghe, conseguenza anche della situazione di crisi economica che da sola però non basta di certo a giustificarla.

La comunità occidentale era certamente più povera in passato ma nemmeno nei periodi più neri della storia è mancata un’aspirazione al miglioramento. Si pensi al Medioevo. C’è un’idea di questo periodo, tanto comune quanto errata, che tende ad identificarlo come l’epoca più buia della storia ma non si riconosce mai abbastanza la capacità che quell’epoca ha avuto di produrre effetti grandiosi nel periodo successivo. Non mancava un grande fermento culturale e artistico che è poi sfociato in grandi passi avanti sia dal punto di vista politico che culturale e scientifico. La crisi che invece oggi stiamo vivendo non solo non sembra poter produrre un pensiero comune più evoluto ma anzi, continuiamo ad assistere ad un degrado di idee e costumi. L’aspirazione ad evolversi è sostituita da banali e pericolose ambizioni personali di nessun pregio per il miglioramento del sistema sociale ma che al contrario sta comportando una pericolosa regressione. Siamo al punto in cui la scuola e l’istruzione sono considerate inutili; sono crollate le vecchie ideologie ma non per essere superate da nuove e più adeguate idee. Di fatto una grande massa è tendenzialmente priva di idee e la non conoscenza della storia accompagnata ad una generale ignoranza producono pensieri e comportamenti violenti. Si tende ad identificare la forza con il sopruso. Per anni si è assistito alla demolizione di idee di uguaglianza e solidarietà dimenticando che se le condizioni sociali generali hanno raggiunto un livello più elevato e la ricchezza ha visto un minimo di distribuzione, ciò è potuto accadere proprio grazie all’esistenza di quei princìpi che oggi stiamo ad uno ad uno smantellando.

Si è posto l’individualismo come valore guida ed in nome del successo personale si è rinnegato il valore della collettività. Privatizzazioni selvagge, distruzione del sistema sanitario nazionale, distruzione del sistema scolastico, distruzione del sistema dei trasporti e del lavoro. I lavoratori lamentano lo sfruttamento ma hanno votato per l’abolizione delle garanzie in caso di licenziamento. Lamentano il blocco se non la riduzione dello stipendio ma hanno votato contro l’adeguamento degli stessi al costo della vita; si lamentano di non avere diritti ma hanno rinunciato al diritto di sciopero; tutti lamentano di non essere tutelati in caso di malattie ma tutti d’accordo sulla privatizzazione della Sanità; ci si lamenta che la scuola non funziona ma invece di migliorarla si pretende di sostituirsi agli insegnanti. Ci si lamenta della politica ma si continua a votare senza ragionare, capire, sapere. Ci si lamenta della violenza dilagante ma nel lamentarsene si utilizza una modalità violenta e si spera in una possibile vendetta. Insomma come si pretende di cambiare le cose che non funzionano continuando a pensare contro e mai pro; senza la capacità di proporre o di ragionare criticamente sulle proposte altrui e continuando a idealizzare antiche atrocità che pensavamo superate e che non hanno prodotto nulla né di buono né di giusto. Se tutto questo dovesse prevalere, a voler essere pessimisti, con tali presupposti non può che prefigurarsi una società delle moderne caverne, fatta di individui, autocondannati all’isolamento, alla povertà intellettuale, al regresso verso i peggiori istinti, fondata su una violenza generalizzata di un tutti contro tutti e sull’incapacità di relazionarsi all’altro perché diverso: la nuova società della paura. Ma proprio perché l’umanità è dualità se da una parte c’è tutto quanto sopra, c’è anche il suo esatto contrario, come sempre in ogni epoca ed in ogni Stato ed il mondo sarà fortunato se invece prevarranno le menti critiche e costruttive, le idee e non i luoghi comuni, la cultura e l’arte e non la becera ignoranza, la bellezza, la gentilezza, il rispetto, il diritto, la giustizia. Abbiamo il cinquanta per cento delle possibilità che questo sia il futuro. D’altronde si riparte ogni volta dalla caverna e crescere, oppure no, è una scelta di tutti e di ognuno.

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