Un po' di sale e di mare per il nonno con la passione dei libri

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Un po' di sale e di mare per il nonno con la passione dei libri

di D. B.

Caro nonno, dopo tanti anni è la prima volta che ti scrivo, ma non certo l’unica in cui ti ho pensato. Purtroppo te ne sei andato troppo presto, quando ero ancora molto piccolo, in un età così tenera per cui ancora oggi sento dire “peccato che non l’hai mai conosciuto”. Questo è vero ma solo in parte, perché se i ricordi, quelli fatti di immagini e di parole, cominciano a sedimentarsi nella mente verso i tre o quattro anni, gli altri, quelli che non hanno ancora corpo, messi insieme da pure sensazioni, iniziano molto prima. Così anche se nessuno mi crede quando lo dico, io lo dico lo stesso, e parlo di te perché di te mi ricordo, rammento il tuo odore, quello del tuo dopobarba, rammento il suono della tua voce, e questo mi basta. Questo mi basta per poter dire che anche io ti ho conosciuto, e anche se per poco ti ho stretto le mani, o meglio le dita, con tutta la mia piccola mano, e ti ho guardato, vedendo chissà cosa che mi faceva tanto ridere, così almeno mi raccontano adesso. Può sembrare poco per sentire la mancanza di qualcuno, ma è abbastanza per chi sa dare il giusto valore alle cose, perché la mancanza si può sentire anche quando in alcuni momenti provi la necessità di qualcosa, senza nemmeno sapere di che. In tanti momenti della mia vita mi sarebbe piaciuto che tu ci fossi, perché da quello che mi dicono, avevi il dono di risolvere i problemi degli altri, o almeno di renderli più leggeri. Per tutta la vita hai lavorato sulle navi, le tue mani ruvide lo hanno sempre raccontato prima ancora che ci pensassi tu, come anche la pelle cotta dal sole, e quello sguardo nelle foto che buca e va oltre, come chi è abituato a guardare l’orizzonte che non ha mai fine. Non avevi avuto il tempo e i soldi per studiare, ma sapevi leggere, e questo ti piaceva. Leggevi di tutto, dai giornali ai pochi libri che ti capitavano tra le mani, e se l’intelligenza è saper usare al meglio quello che si ha, tu di certo lo eri, e io spero di aver preso anche un po’ da te. Se c’è però una cosa che ho imparato e che sto ancora imparando, è che una persona muore davvero solo quando non c’è più nessuno che se ne ricorda, quando nessuno più fa il suo nome, anche se in modo distratto e sovrappensiero. Ancora oggi quando chiedo di te mi narrano storie e aneddoti, è come se tu continuassi ad esserci, e io scoprissi sempre qualcosa di nuovo. Un punto di vista diverso a seconda di chi mi parla ripensa al tempo condiviso con te. Dalla nonna tua compagna, alla mamma figlia tua. Per il paese dove sei nato, e dove qualche volta torno ancora a trovare gli zii, c’è ancora qualcuno, magari figlio di quello che una volta era il tuo barbiere, che ricorda le mance e il buffetto sulla faccia che tu gli lasciavi ogni volta che andavi a raderti. Nella famiglia e nelle persone che hanno anche solo incrociato il tuo cammino, io continuo a cercarti, così che tu non possa mai perderti, perché anche se passa un po’ di tempo, e gli impegni di lavoro mi sommergono, magari ti tracuro, tu ti nascondi tra i pensieri, ma alla fine lo sai che ti ritrovo sempre. Se il sangue non mente, ora capisco perché l’altro giorno radendomi, e tagliandomi con un rasoio troppo vecchio, o con una faccia che non è più tanto giovane, quella piccola ferita era così salata, perché forse dentro c’era un po’ di mare, e un po’di te, caro nonno.

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