Pontinia e quel "no" a Le Corbusier4/11/2021

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Pontinia e quel "no" a Le Corbusier4/11/2021

di Giovanni Curatola

Charles-Édouard Jeanneret, detto Le Corbusier, è già tra gli architetti e urbanisti più famosi al mondo quando giunge a Roma, nell’estate del 1934, intimamente convinto che la sua fama internazionale sarebbe bastata a spalancargli le porte di quel gigantesco laboratorio urbanistico che è a quei tempi l’Agro Pontino. Lì, in quest’immensa ex palude malsana, appena prosciugata, sanificata dalla malaria, geometricamente ordinata da nuovi filari d’alberi, canali di irrigazione e strade interpoderali e resa fertile per i primi raccolti, stanno già febbrilmente venendoci su poderi, borghi e addirittura città. E chi, in quest’immenso cantiere a cielo aperto, avrebbe negato al grande Le Corbusier di realizzare un suo progetto qualunque, per una chiesa, un palazzo, una piazza, se non magari per un intero piano regolatore? Sfortunatamente per lui, quel qualcuno c’è. E si chiama Benito Mussolini.

Geloso dell’italianità del miracolo a cui ha dato inizio, e che si sta così stupendamente realizzando, il capo del governo italiano non vuole ingerenze straniere, tanto più di chi si discosta da quella tipica linea architettonica razionalista che sta uniformemente ridisegnando tutta quella zona. Rigorosamente italiani, sono infatti stati e saranno tutti gli ingegneri e gli architetti contattati, o comunque ammessi, a quella gigantesca opera edilizia. I progetti e le offerte di collaborazione di artisti stranieri, senza eccezione alcuna, sono e saranno puntualmente tutti respinti al mittente. Le Corbusier ci ha già provato qualche anno prima, inviando dalla Francia progetti, schizzi e consigli per Littoria prima e per Sabaudia dopo. Nulla da fare. Adesso ci ritenta con Pontinia, ma anche lì non gli sarà consentito di costruire neppure una capanna.

Nel giugno del 1934 l’artista francese trascorre 2 settimane di turismo forzato a Roma, nella speranza di un incontro con Mussolini per perorare il quale ha già contattato diversi architetti italiani e fatto pressioni sugli industriali Agnelli e Olivetti. Ma quell’incontro col Duce non avverrà mai. Così, dopo essersi sì recato in Agro Pontino, ma per prendere appunti anziché dettarli, e aver incassato per il tramite del governatore di Roma Giuseppe Bottai l’ennesimo, imbarazzato rifiuto ad un colloquio con Mussolini, se ne torna in Francia con le pive nel sacco.

Quanto a Pontinia, la sua pianificazione è affidata all’ingegnere Alfredo Pappalardo (già progettisti di diversi edifici di Sabaudia) e all’architetto Oriolo Frezzotti (già autore del piano regolatore di Littoria, oggi Latina). Concepita come semplice centro servizi per i coloni dei poderi delle campagne circostanti, Pontinia nasce e resterà ancor oggi la più piccola delle 5 città fondate dal regime in Agro Pontino. Viene fondata il 19 dicembre 1934 da Mussolini in persona, La cerimonia della posa della prima pietra dura mezzora appena: in un terreno prosciugato, ripulito e rialzato, un’antenna indica il punto dove sorgerà la torre civica. Siamo proprio nel cuore dell’Agro Pontino, quasi sull’argine del canale Sisto ed equidistanti sia da Littoria (15 km ad Ovest) che da Sabaudia (15 km a Sud).

Il vescovo di Terracina benedice l’opera che sta avendo inizio e Orsolino Cencelli, capo dell’O.N.C. (ente a cui sono affidati i lavori di bonifica di tutto l’Agro) sottolinea ai pochi giornalisti presenti che “anche Pontinia avrà tutti gli edifici che accoglieranno gli organi amministrativi e le istituzioni del regime, ma tutto respirerà un’aria prettamente agreste, fatta di semplicità e di salute”. Il piano regolatore della cittadina, è infatti ispirato alla massima semplicità e ruralità. “A Pontinia la notte si dormirà – anticipa “La tribuna” – perché il giorno si lavora e la sera si è stanchi. Non avrà vetrine scintillanti, con cappellini per signore profumi o rossetti esotici… Il paese è sorto sul presupposto che qui nessuno comprerebbe di queste cianfrusaglie…”.

I lavori inevitabilmente risentono, soprattutto dall’estate 1935 in poi, della concomitante guerra d’Etiopia, ma dopo un anno, esatto, senza sforare di un solo giorno, si può procedere all’inaugurazione. E’ il 18 dicembre 1935, data in cui in tutta Italia si celebra la “giornata della fede”. Accanto al Duce, a Pontinia, non c’è più Cencelli. Il suo carattere poco malleabile gli ha infatti alienato le simpatie di alcuni latifondisti e di molti politici. Di carattere rude ma onestissimo, dichiarerà successivamente: “Non mi si è perdonata la pseudo-durezza nell’impartire le direttive per attuare il programma di bonifica in un territorio di vera e autentica frontiera. Molti hanno confuso l’autorità con la prepotenza. Senza disciplina, senza ordine e senza mano forte i nostri tentativi sarebbero naufragati, come quelli dei papi… Avevamo promesso al popolo italiano di bonificare le paludi e ci siamo riusciti, ai coloni la proprietà della terra e gliel’abbiamo data… Era in tutti noi un’ansia di superarsi, che ci ha permesso di sbalordire il mondo”.

Centro di Pontinia è sin dalla sua inaugurazione la “piazza 28 ottobre” (oggi “piazza Indipendenza”): un quadrato di 50 metri per lato, dove insistono il palazzo comunale (con torre littoria e Casa del Fascio, che oggi occupa un insolito ma interessante Museo della malaria), il palazzo delle poste, l’”Albergo Pontino”, il teatro, l’edificio dell’Opera Balilla, dell’asilo e della scuola. Neanche 100 metri a sinistra della piazza, ce n’è una seconda: piazza Pio VI, con la chiesa di S.Anna ed altri edifici sormontati da porticati.

Il nuovo comune di Pontinia, modesto e silenzioso, è composto essenzialmente di famiglie rurali mantovane e ferraresi sparpagliate nei poderi circostanti. Un anno dopo, 1936, ammonta a 4.000 anime. Pur non essendo la più piccola delle 5 città edificate dal regime in Agro pontino (112 km quadrati d’estensione contro le 86 della futura Pomezia), Pontinia resta ancor oggi, però, quella con minor numero di abitanti: 15.000. Non avrà mai la ribalta di Littoria, città più grande ed eletta già nel 1934 a capoluogo di provincia, né di Sabaudia, suggestiva località di mare ancor oggi mèta gettonata del turismo romano, né di Aprilia o Pomezia, gli ultimi due gioiellini in ordine cronologico sorti dopo di lei, ma riceverà egualmente l’apprezzamento di tecnici e osservatori stranieri convenuti in Agro Pontino a visitarla.

Tutti tranne l'ancora stizzito Le Corbusier, che l’apostroferà così: "E’ grande la metà del cimitero di Parigi, ma è morta il doppio". Giudizio disinteressato, non c’è ombra di dubbio…

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