Bonifica dell'Agro Pontino in sintesi18/11/2021

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Bonifica dell'Agro Pontino in sintesi18/11/2021

di Giovanni Curatola

SCOPI E FASI DELLA BONIFICA INTEGRALE

La bonifica dell’Agro Pontino (incluso l’Agro Romano, per un totale di 144.000 ettari) si svolge in poco più di un decennio: dal 1929 al 1941. A darle il via è la “legge sulla bonifica integrale” del 24 dicembre 1928, detta anche “legge Mussolini”. Si parla di bonifica “integrale” perché, rispetto alle comuni bonifiche, questa non deve stavolta esaurirsi nella sola fase idraulica, ma quest’ultima deve costituire il punto di partenza per un progetto ancora più ambizioso e innovativo: una riforma agraria a tutti gli effetti, ossia assegnazione ai contadini delle nuove terre strappate alla palude e rese fertili, e successiva elevazione degli stessi contadini (o coloni) a proprietari terrieri. Tale progetto prevede 5 fasi in cui, ultimando la prima, si passa poi alla successiva e così via:

  • fase idraulica (è la bonifica in senso stretto, ossia il prosciugamento della terra impaludata, con disboscamento delle aree malsane e debellamento della malaria);
  • fase agraria (trasformazione della nuova terra bonificata in terra coltivabile);
  • fase edile (appoderamento, cioè costruzione di poderi per i contadini e di tutte le strutture necessarie per accoglierli e farli vivere lì: strade, acquedotti, uffici, negozi, servizi);
  • fase demografica (immissione nei poderi di famiglie di rurali disoccupati, provenienti da zone veneto-romagnole dove lavoro non ce n’è, nell’Agro redento, dove la domanda di lavoro sta invece nascendo. A queste famiglie viene dato un podere nuovo di zecca con 3 camere da letto, servizi, forno, pollaio, abbeveratoio, attrezzi agricoli, magazzino, un carro, dei capi di bestiame e un libretto colonico in cui lo Stato verserà ogni 4 giorni da £.50 a £.600 a famiglia per le spese più urgenti).;
  • fase sociale (entro 10 o 15 anni di lavoro, questi coloni avrebbero riscattato i loro poderi, terra inclusa, divenendone proprietari).

Pertanto, se la fondazione di Littoria, Sabaudia, delle altre città e borghi, costituirà la parte più nota e più spettacolare della bonifica dell’Agro Pontino (quella più ripresa da stampa, dalle foto e dai cinegiornali dell’epoca), l’obiettivo principale, per il governo di quegli anni che l’ha fortemente voluta e realizzata, è, come detto, la formazione di una classe di piccoli proprietari terrieri che vivano meglio di quanto non facessero da braccianti, e che contribuissero, così facendo, a risollevare l’economia agricola del paese per renderlo più autosufficiente dalle importazioni estere. Da sempre, infatti, la dipendenza economica da qualcun altro significa dipendenza anche politica. Ossia, meno libertà. Tale concetto, Mussolini lo aveva espresso già prima di salire al potere: “Noi siamo oggi economicamente schiavi di chi ci dà il grano. Se per la metà del secolo avremo ancora bisogno di importarne 30 milioni di quintali, e non avremo redenti nemmeno gli 800.000 ettari di terreno paludoso che possono aumentare la superficie del nostro terreno coltivabile, saremo costretti a fare la politica che piacerà al nostro fornitore: Russia o America che sia” (“Il Popolo d’Italia” dell’8 gennaio 1921).

E’ questa, tra le intuizioni più o meno indovinate del governo fascista, quella più acuta e originale: far coincidere l’interesse pubblico con quello privato. Perché un conto è se tu sei impegnato, da contadino, nel campo di un altro. Altro conto è se lavori il campo tuo, di cui sei proprietario. Lo stimolo a lavorar meglio, assente nel primo caso, nel secondo ti porta invece a produrre di più, per ottenere più profitti. Moltiplicando tale stimolo per le migliaia di coloni disseminati in tutto l’Agro, si ottiene il duplice e simultaneo beneficio di un innalzamento sia del loro singolo livello di benessere che, più in generale, della produzione nazionale. Ed è questa la ragione, prima ancora che puramente ideologica, per cui ancor oggi molti discendenti dei primi coloni giunti in Agro Pontino 90 anni fa guardano al governo di allora con un pizzico d’orgoglio e gran benevolenza. La provincia di Latina (nata come Littoria), oggi, è ancora una delle aree con reddito pro capite più alto del paese, la prima per reddito agricolo al di sotto del Po.

Negli anni ’30, nelle terre pontine strappate alla palude, si costruisce il sistema idraulico per l’epoca più moderno d’Europa (27 impianti idrovori e di sollevamento, oltre 1.700 km di canali, 14.000 km di scoline e canali d’irrigazione, 2.400 ponti, oltre 5.000 pozzi). In contemporanea, sorgono una fitta rete stradale (quasi 1.400 km di strade asfaltate e oltre 4.000 km interpoderali), quasi 800 km di rete elettrica, altrettanti di fasce di alberi (pini, pioppi, cipressi, salici, ma soprattutto eucalipti) e, per salvaguardare la fauna e la flora del territorio, nasce il “Parco Nazionale del Circeo”. Per le circa 60.000 persone (coloni e loro famiglie) che scendono dal Veneto e dall’Emilia Romagna a popolare l’Agro Pontino sono costruiti 3.040 poderi, 5 nuove città (la già citata Littoria, oggi Latina, poi Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia) e 21 borghi rurali a cui vengono dati nomi di località e battaglie della I° Guerra Mondiale (Isonzo, Sabotino, Piave, Montello, Podgora, Carso, Grappa, Pasubio, S.Michele, S.Donato, Montenero, Hermada, ecc.).

LO SPIRITO PIONIERISTICO E LE 4 FASI CRONOLOGICHE DELLA BONIFICA INTEGRALE

Insomma, quello della bonifica in Agro Pontino è “uno sforzo gigantesco – come dirà il commissario dei consorzi di bonifica dell’Agro Pontino, Natale Prampolini - che può inorgoglire un popolo” e i cui fatti “bastano da soli a gelare il sorrisetto ebete che i residui dell’antifascismo hanno ancora sulle labbra”. Uno sforzo valutabile intorno ai 30 miliardi di euro attuali, reso possibile solo grazie a ciò che, in tutti i timidi tentativi di bonifiche precedenti (dagli antichi romani ai Papi e a Napoleone) era mancato: la reale volontà, la perseveranza e la costante presenza del governo. Presenza fisica, tecnica, economica e assistenziale. Si rema tutti in una direzione sola ed è appunto l’unitarietà di intenti, la concentrazione di mezzi e uomini e la rapidità dei lavori, che ne fanno un assalto alla terra senza precedenti. Attaccata simultaneamente in forze e da più fronti, infatti, la palude non ha il tempo, come nei discontinui casi passati, di “riprendersi” fette di terra temporaneamente sottrattele dall’uomo. Al di là dell’immancabile propaganda del regime, l’entusiasmo generale tra le masse operaie prima e contadine è genuino. Ovviamente, non sono tutte rose e fiori. I contrasti fra l‘ente che gestisce e sovrintende tutti i lavori di bonifica (l’Opera Nazionale Combattenti) e i vecchi proprietari terrieri e i nuovi coloni non mancano certo, così come non mancano mugugni, contenziosi e anche scazzottate fra operai e coloni, o fra coloni stessi. Ma l’importanza storica del momento è palpabile a tutti, ad ogni livello. Il mondo, in globale recessione economica per la crisi del 1929, ci guarda stupito e ammirato. Tecnici e ingegneri vengono sia dalla Russia che dall’America a “vedere come si fa”, e lo stesso presidente americano Roosevelt impronterà le sue ricette per uscire dalla crisi (il famoso “New Deal”) al modello italiano, a fare “come Mussolini nell’Agro Pontino”. E ciascuno lì, operaio o colono che sia, vuol contribuire, per la propria parte, a questa impresa affascinante perché esotica e pionieristica. Ogni ettaro di terra incolta, malarica e impenetrabile strappata alla palude, ogni podere costruito e ogni borgo o città edificati rappresentano una battaglia vinta, una tappa verso la vittoria generale della guerra. E’ un po’ il nostro Far West, la nostra frontiera, la nostra corsa all’oro. E, difatti, come vera e propria guerra è prospettata all’opinione pubblica, anche estera, accendendo così fantasia e spirito battagliero negli operai e nei coloni protagonisti. Non a caso, la rivista dell’O.N.C. si chiama “La conquista della terra”, e questo esercito di lavoratori viene armato non di fucili e cannoni ma di picconi e di cazzuole, ed equipaggiato non di carri armati e artiglieria ma di escavatori e aratri. “E’ questa la guerra che noi preferiamo!” tuona Mussolini nel 1932, inaugurando Littoria. E il fatto che il campo di battaglia sia lì, sotto gli occhi di tutti, e che chiunque possa in ogni momento constatare i successi ottenuti, dimostra come la propaganda, pur incessante e gonfia di retorica, nulla ingigantisce o, peggio, si inventa su quanto si sta effettivamente realizzando.

Cronologicamente, si può suddividere l’arco di tempo impiegato per la bonifica integrale in 4 periodi:

  • 1929-31: nella sua fase iniziale, la bonifica è affidata ai consorzi, tutti riuniti sotto la direzione del senatore Prampolini per superare meglio l’ostilità dei latifondisti che non intendono mettere a coltura, sebbene i costi siano principalmente a carico dello Stato, i loro terreni improduttivi. E’ questa una fase prettamente idraulica;
  • 1931-36: è il periodo d’oro dell’intero processo, che all’estero fa gridare al miracolo perché realizzato durante la forte recessione economica mondiale dovuta alla crisi del 1929. L’intera gestione dei lavori passa nel 1931 all’Opera Nazionale Combattenti, che procede all’esproprio dei terreni incolti e da bonificare (pagato ai latifondisti spesso anche più del loro effettivo valore). La bonifica ha una grandissima accelerata e sono di questo periodo le fondazioni e inaugurazioni di Littoria, Sabaudia e Pontinia, nonché la fondazione di Aprilia e l’immissione nei poderi dei primi coloni veneti e emiliani;
  • 1936-38: inevitabilmente, in concomitanza con le guerre d’Etiopia e di Spagna, i lavori di bonifica subiscono in questo triennio un lieve rallentamento. E’ comunque portata a compimento la bonifica di tutto l’Agro Pontino, che subito continua nell’Agro Romano, al di là del fiume Astura. Viene inoltre inaugurata Aprilia e fondata Pomezia;
  • 1939-41: nell’ultimo triennio, la bonifica ha un’impennata finale. Si inaugura Pomezia, ultima delle 5 città nuove, e si arriva, già in piena guerra mondiale, a raggiungere l’obiettivo finale dell’intero processo di bonifica col riscatto del podere da parte dei primi coloni, quelli giunti in Agro Pontino 10 anni prima.

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