Mussolini nel ricordo di un ragazzo anni '7017/8/2022

Memoria per Mussolini nel ricordo di un ragazzo anni '70

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Mussolini nel ricordo di un ragazzo anni '7017/8/2022

di Francesco Alessi

A 18 anni, nel 1989, vestivo di nero. Jeans e maglione nero. Quasi una divisa di ordinanza, non c'erano mezze misure, del resto era così che mi vedevo. Avevo una Renault 5 verdina di quelle prima serie, del 1980, con la quale scorrazzavo per la città, contento per la patente appena presa. Non è che fossi addentro alla politica, però mi piacevano le forme esteriori in cui questa si manifestava, una sorta di estetica della politica.

Cominciai a invocare a me stesso una appartenenza sempre più marcata a quelle forme e iniziai con i simboli; quello F.D.G. del Fronte della Gioventù su tutti. Mi piacevano i sentimenti sani, tutto quel profumo di giovinezza che sprigionavano e quella voglia di andare controcorrente che mi ha sempre contraddistinto. Non mi sentivo "fascista", ma apprezzavo Mussolini; e lo apprezzo ancora. Nella temperie della fine della prima guerra mondiale ha preso con sé le redini della nazione e ne ha fatto un grande paese. Va detto, non per partito preso, come si suol dire, ma perché è una verità storica. E man mano che si va avanti, sempre più vengono fuori nuovi documenti, nuove informazioni che ci fanno capire come tutta la storia venga spesso scritta dai vincitori. Oggi si sa, con Internet è sempre più difficile che sia così. Dunque "mussoliniano", quello sì. Un estimatore della figura di Benito Mussolini, dalle origini alla tragica e immeritata fine.

Uno di famiglia. Ecco la mia famiglia da parte di madre è stata parte della storia del fascismo italiano. Quello vero. Quello che va dal 1922 al 1945. Anni di raduni, di incontri al Lido di Venezia, anni di parate militari. Una zia campionessa italiana di nuoto nel 1939, uno zio imbarcato sul cacciatorpediniere "Partenope" e la guerra a Tobruk, Sirte, Tripoli,  Bengasi...non era riuscito a dimenticarne gli orrori. Gli incubi lo perseguitavano, non so per quanti anni ancora finita la guerra. L'altro mio zio, una matita esplosiva buttata dagli inglesi nel 1944 e che esplode nelle sue mani. Dannati spitfire, pensavo. Gli stessi che avevano sparato a mia madre con i proiettili che rimbalzavano fra i rami e che non erano riusciti a colpirla e lei che di corsa arriva dentro il bunker tra le buche del campo da golf dove anche Mussolini era venuto, nel '34.

La crisi del 1990 mi portò ad accentuare i miei sforzi. Prima sullo studio, ma i professori della facoltà di giurisprudenza di Palermo non erano del mio stesso avviso e decisi di partire, con quelle idee, per il servizio militare. Le parate erano le marce, il culto esterior; i jeans bianchi e gli stivaletti avevano la voce roca di un caporale idiota che però aveva il potere di importi la disciplina e anche di farti fare 200 flessioni. La vidi come inutile imposizione, che, beninteso, non toccò a me. Toccò a uno studente occhialuto e barbuto di Catania, che si divertiva a polemizzare e, data la sua pancia, il caporale non vedeva l'ora di farlo correre avanti e indietro e farlo flettere, ventre a terra.

Tutto quell'anno rappresentò una disillusione. 1991/92 finii solo il 25 settembre 1992 in un anno cruciale per la storia d'Italia e di Palermo. Avevo incontrato un caro amico, Giovanni. Sinceramente mussoliniano. Solo che lui, al culto esteriore aggiungeva lo studio e la conoscenza approfondita degli eventi di quel periodo. Assieme discutevamo di tante cose. La nostra amicizia si era solidificata nell'anno mio della disillusione e fu per quello che non condividemmo e non avremmo più condiviso lo stesso voto agli stessi schieramenti politici. Ma era rimasta la figura di quell'uomo, di Mussolini che parla dal palco e invita la nazione a combattere unita. Se il fascismo fu una medicina amara, per molti italiani (ma per molti altri no), Mussolini fu uomo di pace vissuto nella temperie del '900. Fra due guerre mondiali che avevano dilaniato il paese. Vide la fine anche della seconda, ma non gli sopravvisse.

Restai mussoliniano, lo sono ancora oggi, che in tempi duri come questi penso un po' di disciplina non guasterebbe. Troppo menefreghismo, troppo disordine. Ma resto oggi come oggi, agnostico su questa destra. Troppo filoberlusconiana, non c'entra niente con Mussolini. Secondo me sono come tutti gli altri. Arrivisti e poltronari.

Era nazionalismo. Era il tricolore, che sventolava. Era la Repubblica italiana.

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