PAOLA CORTELLESI IN REGIA: BUONA LA PRIMA

06 November 2023

di Marco Corona

È vero, l’Italia di oggi - sempre con grande, grandissima fatica – può raccontare diverse esperienze che hanno visto infrangersi il famoso “soffitto di vetro” o “tetto di cristallo” che dir si voglia, ovvero, citando la Treccani: L’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che si frappone come un ostacolo insormontabile, ma all’apparenza invisibile, al conseguimento della parità dei diritti e alla concreta possibilità di fare carriera nel campo del lavoro per categorie storicamente soggette a discriminazioni. Le donne in primis e, via via nel tempo, anche categorie sociali come le minoranze razziali e sessuali, i disabili, gli anziani.
Basti pensare, infatti, alla prima Presidente del Consiglio donna, anzi, il primo Presidente del Consiglio donna, come, in barba a tutte le battaglie femminile e a tutte le sacrosante rivendicazioni di genere, vuole essere chiamata Giorgia Meloni.

E di donne parla "C’è ancora domani", il convincente esordio alla regia di Paola Cortellesi: la protagonista è Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, che nella Roma in bianco e nero dell’immediato dopoguerra, con le jeep e le truppe a stelle e strisce a presidiare le strade, si dedica corpo e anima alla famiglia, sacrificando tutta se stessa in questa ciclopica impresa quotidiana che è cucinare, lavare, pulire, preparare la colazione ai figli, massacrarsi tra mille e più lavoretti per fare entrare qualche soldino in più in casa, badare al suocero allettato (il sempre bravo Giorgio Colangeli), badare al marito, l’odioso, insopportabile e manesco Valerio Mastandrea.
Tutti i giorni così, senza tregua, a mangiare pane e veleno, picchiata e umiliata dal marito, davanti ai figli, umiliata dal suocero, pagata meno, perché donna, del collega appena assunto a cui deve spiegare il lavoro, insultata dalla stessa figlia Marcella, che le rimprovera di subire passivamente questa vita di sottomissione e di violenza, verbale e fisica. Violenze che lo spettatore respira e vede ma che non vengono mai esplicitate nei momenti più crudi, piuttosto la regista preferisce sublimarle: «Mi sembrava più efficace usare le canzoni e la danza per sottolinearle».


Scelta che permette al film di restare in equilibrio tra dramma e commedia come nelle straordinarie pellicole del Neorealismo. E a legare il film della Cortellesi alla più bella e irripetibile stagione del cinema italiano contribuiscono anche la scelta del bianco e nero, l’ambientazione nell’Italia del dopoguerra, la capacità di leggere criticamente la società italiana raccontando le storie di poveri cristi - oggi Delia con la sporta della spesa, ieri Antonio Ricci con la bicicletta – ridendo e insieme piangendo.
Le uniche boccate di ossigeno, unici timidi, tentativi di ribellioni a questa condizione di donna maltrattata e vessata da un deprimente universo maschile, sono le quattro chiacchiere: quelle che Delia fa con l’amica fruttarola al mercato, regalandosi ogni tanto un caffè e una sigaretta; quelle con cui risponde al suocero, emblema di quella società patriarcale in cui la donna, indipendentemente dal contesto sociale di appartenenza, deve solo stare zitta; quelle parole che nemmeno dice per sorbirsi, magari appena sveglia, le vili violenze del marito; quelle tenere e schive, piene di rimpianto, che si scambia con l’amico meccanico, amore di gioventù, che sta per andare a cercare fortuna e lavoro nel ricco nord; le parole con cui cerca di mettere in guardia la figlia Marcella, prossima al matrimonio con il figlio di una “buona” famiglia, arricchitasi con la borsa nera e arrogante proprietaria di un avviato bar che, “per fortuna”, salterà in aria.

Questa, dunque, la vita di Delia, sempre uguale, sempre quella, sbiadita come lei, finché non riceve una lettera. Da quel momento, in un crescendo finale di tensione e inquietudine che coinvolge lo spettatore, energie inaspettate spingono Delia a dare una scossa alla sua vita. È domenica 2 giugno 1946, giorno del referendum tra Monarchia e Repubblica, e primo suffragio universale con la partecipazione al voto delle donne: Delia si concede di colorare le labbra con un po’ di rossetto e, costi quel che costi, prende finalmente in mano il suo destino e va a votare.

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