Enzo Gentile racconta Ludovico Einaudi: tra memoria, musica e silenzi

12 October 2025

A settembre è uscito Ludovico Einaudi. La musica, le origini, l'enigma.” (edito da Cluster-A, Collana Prisma): il nuovo libro di Enzo Gentile, giornalista e critico musicale tra i più autorevoli in Italia. Un ritratto inedito del compositore torinese, costruito attraverso testimonianze, ricordi e dettagli biografici spesso poco conosciuti. Gentile illumina la parte più intima e riservata di Einaudi, indagando le sue origini e l’enigma che si cela dietro al suo successo internazionale, con l’attenzione di chi conosce a fondo il mondo della musica, ma anche l’uomo che la compone.

- Com’è nata l’idea di dedicare un intero libro a Ludovico Einaudi? Quali sono le ragioni che l’hanno portata a scegliere proprio lui tra tutti i musicisti italiani?

«Su Ludovico non esistono altri libri, non ne sono mai stati fatti né in Italia, né all’estero. Perciò essendo lui un personaggio di chiara fama, con popolarità, successo, dischi, tournée e numeri impressionanti sulla rete, ho pensato che potesse essere interessante dare un’inquadratura su di lui da parte di chi lo conosce da vicino. Inoltre io lo frequento dalla metà degli anni ‘80 circa, quindi è stato facile riassumere un po’ il nostro rapporto. Dunque con questa parte di memoria, un po’ di materiali che ho recuperato tramite interviste e giornali e la possibilità di interpellare dei testimoni, tra amici, parenti e collaboratori, insieme abbiamo creato questo mosaico da cui poi è derivato un racconto - in parte poco conosciuto - della sua storia».

- Nel libro afferma che: “Quella che segue non è una biografia o una storia professionale di Ludovico Einaudi in senso stretto” quanto più “una lente di ingrandimento particolare che privilegia la prima metà del suo curriculum”. Com’è stato riportare l’aspetto della sua vita meno illuminato dai riflettori, più intimo e privato, su un libro che poi diventa qualcosa di pubblico?

«Innanzitutto io, nonostante questa conoscenza diretta da molti anni, non ho voluto fare un libro da “fan” (non è un libro biografico o di elogi). Ho scoperto che nella sua biografia ufficiale mancano dei pezzi importanti della sua vita, non solo privata ma soprattutto artistica: non ci sono riferimenti a molte cose fatte - specialmente nella prima parte, diciamo fino alla metà degli anni ‘80 - mancano un sacco di dettagli ed è un po’ lacunosa. Dato che non sono cose di cui vergognarsi o di cui dimenticarsi ho pensato che fosse interessante capire com’è stata la formazione e l’avvicinamento di Ludovico alla professione di musicista e che fosse utile partire dagli inizi per sapere come arriva al successo dopo i quarant’anni. Perciò, mettendo insieme diverse voci, ho parlato del periodo del Conservatorio, di un gruppo di jazz-rock in cui suonava, di un’esperienza iniziale come chitarrista, ricostruendo una specie di tragitto a partire da diverse sfaccettature che non erano assolutamente conosciute».

- Ha raccolto quasi 50 testimonianze da parte di musicisti, registi, coreografi e artisti che hanno collaborato con Einaudi. C’è stata una dichiarazione che l’ha colpita particolarmente?

«Sì, soprattutto quelle da parte di chi lo ha frequentato ai tempi del Conservatorio e quindi di chi ha vissuto proprio gli anni giovanili, che mi incuriosiva capire. Tra i suoi colleghi - ce ne sono diversi, perché è una generazione che poi si è dedicata alla musica classica, contemporanea oppure jazz, ma comunque interamente costituita da figure che poi hanno fatto molta strada nel proprio percorso - c’è qualcuno che rileva come nel tempo Ludovico si sia staccato e abbia “tradito” un certo studio, un certo avvicinamento alla musica. Ludovico è stato assistente di Luciano Berio nei primi anni ‘80 e chiaramente la musica che fa e che lo ha reso popolare è molto diversa, dunque questi punti di vista e queste messe a fuoco sono state interessanti, perché ho scoperto e capito alcune cose che mancavano anche a me».

- Nella copertina del libro si trovano tre direttrici attraverso cui scoprire e esplorare la figura di Ludovico Einaudi, ovvero “la musica, le origini, l’enigma”, perché ha selezionato questi termini e cosa vogliono dire?

«La musica è il motivo di vita di un artista come Ludovico. Questo tipo di nutrimento lo ha seguito per tutta la sua esistenza: ha iniziato a occuparsene da adolescente per poi portarlo avanti sia a livello di studio, sia poi a livello professionale. Quindi c’è sicuramente un senso di appartenenza - tra l’altro Ludovico suona e ha sempre suonato solo le sue musiche, non musiche di altri - che fa sì che questa passione sia al centro della sua vita. La musica di Ludovico Einaudi poi passa attraverso molti canali, ci sono dischi, concerti, film, ma la si ascolta anche nelle palestre, per lo yoga, la meditazione, la danza-terapia, nelle RSA, durante le sfilate di moda: ci sono tantissimi utilizzi. Le origini perché spiegano quello che diventiamo da adulti e nel suo caso sono quelle della Torino in cui è nato e in cui poi è tornato a vivere, dove ha cominciato a fare musica. Le origini parlano anche della famiglia, una famiglia ovviamente importante: il nonno era Presidente della Repubblica fino al ‘55, il padre è stato forse il più importante editore italiano. Quindi ci sono delle tracce che indirizzano le scelte e soprattutto consentono di realizzare delle opzioni come quella del musicista. L’enigma è la cosa che invece tutto sommato più mi incuriosiva. Ludovico Einaudi è un compositore sicuramente divisivo: ha molti appassionati, ma allo stesso tempo non piace ad altre persone. La sua popolarità è netta e indiscutibile, ma c’è una parte di pubblico che non lo applaude assolutamente, soprattutto nel mondo della musica classica, dei pianisti. Quindi il dilemma era proprio questo: molta gente nel settore si chiede perché Ludovico Einaudi abbia così tanto successo. Questo è l’enigma a cui cerchiamo di rispondere in parte attraverso quello che scrivo e in parte attraverso ciò che raccontano i miei interlocutori».

- Ha arricchito il suo libro anche con con la lettera che Einaudi ha scritto all’amico, scrittore, musicologo e conduttore radiofonico Paolo Terni per il suo libro “Il respiro della musica” (Bompiani) che Terni ha voluto fosse l’introduzione al libro stesso. Che valore ha questo contributo all’interno del suo lavoro, soprattutto tenendo conto del fatto che “il rapporto di Ludovico con la parola non è dei più regolari e prolifici”?

«Nelle musiche di Ludovico non c’è mai la voce e non ci sono mai parole. Si trovano interviste in cui spiega - anche in maniera abbastanza brusca - come non ami i cantautori italiani, perché le loro canzoni hanno troppe parole, troppe rime. Lui in prima persona si è sempre tenuto lontano dall’apparire e dal dichiarare: non si vede mai in televisione e ha rifiutato gli inviti al Festival di Sanremo. Da alcune interviste - non sono tante, ma qualcuna gliel’ho fatta anch’io - abbiamo recuperato parti del suo pensiero. Anche a livello di scrittura ha lasciato poco: a parte alcune brevi note all’interno dei dischi che ha pubblicato e libretti di accompagnamento per i CD, la sua produzione “nero su bianco” è limitata. Quindi avendo trovato quel libro, mi sembrava utile riportare una sua dichiarazione scritta, e in quanto tale più ponderata, più voluta: la lettera infatti è stata un contributo importante per collegare tra loro tanti punti di vista e tanti aspetti dell’artista».

- Se dovesse definire Ludovico Einaudi con tre parole, quali sceglierebbe e perché?

«Riservato” per indicare questa parte di grande protezione. Poi sicuramente direi che è una persona “curiosa” perché ha ascoltato molta musica, si è approvvigionato e si è abbeverato da diverse fonti e nel suo repertorio ci sono diversi indizi: non è solo una musica di propria invenzione, ma anche una sintesi dei suoi ascolti. Poi credo che sia stato anche un “esploratore” perché ha viaggiato, ha visto molti posti ed è rimasto sempre molto collegato a queste esperienze, che poi ha messo anche nei dischi, sempre però proteggendosi molto. Soprattutto “riservato” e "esploratore" sono degli aspetti che non tutti vedono nella sua persona».

- Infine, qual è un momento o un ricordo speciale che ha con Ludovico?

«Noi abbiamo fatto due viaggi diversi in Africa, sono stato anche alla sua festa di matrimonio, quindi abbiamo vissuto tanti momenti insieme. Quello più curioso o comunque che non tutti sanno è la storia legata alla sua prima colonna sonora “di un certo peso”, quella del film “Fuori dal mondo”. A quel contratto con Ludovico il produttore ci arriva perché io ero consulente delle musiche per il film. Il produttore e il regista mi chiedono sulla sceneggiatura quale può essere un musicista adatto. Perciò presento una cassetta con due diversi artisti, ma senza il loro nome, dicendo “ascoltatela e voi mi direte quale preferite”. Preferirebbero l’altro musicista, che però per motivi personali e di tempo non riesce a seguire quel lavoro. Quindi scelgono Ludovico che fa un lavoro eccellente: il film è perfetto nell’unione tra immagine e musica, ma quella è una sliding door perché il fatto che io l’abbia suggerito e che lui abbia vinto un ballottaggio per motivi molto casuali, gli aprono le vie di una carriera che sarebbe stata ugualmente importante, ma che parte proprio in quel momento, nel ‘98. Ludovico aveva lavorato, scritto, suonato, pubblicato dischi, ma ancora non aveva le quotazioni, che poi sarebbero arrivate. Quindi questo è un momento di vita che rammento benissimo perché c’ero ed è un ricordo che ho inserito anche nel libro, dove lo costruisco esattamente così».

di Alessia Folli

Foto e video liberi da copyright

© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it 

News » INTERVISTE - Sede: Nazionale | Sunday 12 October 2025