STRAGE DEL SALVEMINI, PER NON DIMENTICARE LE VITTIME

06 December 2016

di Mariangela Mombelli

La storia recente del nostro Paese è costellata di stragi impunite, che siano di matrice terroristica come Piazza Fontana o quella della stazione di Bologna, o di natura accidentale come quella della funivia del  Cermis, poco importa.  Tra queste ultime, spesso dimenticate,  annoveriamo anche la “strage del Salvemini” di Casalecchio di Reno, importante centro alle porte di Bologna. Era la mattina del 6 dicembre 1990 quando durante un’esercitazione il piccolo aereo militare comandato da Bruno Viviani, pilota di 24 anni, si infilò nella classe II A dell’Istituto Tecnico Gaetano Salvemini durante la lezione di tedesco. Riscontrando un problema al motore e constatata l’ingovernabilità del mezzo, il pilota si lanciò con il seggiolino eiettabile presente negli aerei militari e lasciò il velivolo in balia di se stesso, il quale, dopo una serie di piroette, andò a schiantarsi nella classe: 12 dei 16 ragazzi presenti morirono sul colpo, gli altri quattro e la professoressa rimasero gravemente feriti.   Nello schianto il serbatoio dell’aereo rimase lesionato cominciando a perdere combustibile che prese fuoco e  avvolse con le fiamme l’intero edificio scolastico. Un’ottantina di persone rimasero intossicate e molte di queste ebbero un’invalidità permanente a seguito dei danni riportati lanciandosi dalle finestre per sfuggire all’incendio. Fu istituito un processo per il pilota, per  il comandante del 3° Stormo di cui faceva parte e per l’ufficiale della torre di controllo di Verona/Villafranca, da dove era partito l’aereo. A difendere i tre imputati,  e quindi il Ministero della Difesa, scese in campo l’Avvocatura di Stato, mentre il Ministero dell’Istruzione, nonostante la strage fosse avvenuta all’interno di una scuola di proprietà dello Stato, scelse di non avvalersi del medesimo patrocinio. Ne risultò che lo Stato difese chi ha provocato la strage, mentre chi la subì fu lasciato solo. Nel primo grado di giudizio i tre imputati furono condannati a due anni e sei mesi di reclusione per disastro aviatorio colposo e lesioni, ma la sentenza di secondo grado della Corte d’Appello di Bologna ribaltò completamente la sentenza e assolse i militari. Come sempre. Quella strage rimase una tragica fatalità: Deborah, Laura, Sara, Laura, Tiziana, Antonella, Alessandra, Dario, Elisabetta, Elena, Carmen e Alessandra, vittime innocenti di quella strage, e tutti coloro che hanno portato e portano addosso i segni dell’invalidità, alcuni costretti a sottoporsi a numerosi e lunghi interventi chirurgici, hanno avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La comunità di Casalecchio, profondamente toccata dalla strage, dimostrò una grande forza d’animo nel gestire l’evento, dapprima nel governare l’emergenza, poi nell’individuare tutti insieme lo sbocco positivo da dare alla rielaborazione della tragedia. Da questo percorso nacque anche la ricostruzione dell’edificio scolastico distrutto rinato nel 2001 come “Casa della Solidarietà”, sede oggi di numerose associazioni di volontariato del territorio e della locale Protezione Civile. Al piano terra dell’edificio è ospitata l’Aula della Memoria che conserva il terribile squarcio del 1990 a ricordo delle vittime della tragedia.

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