Silvana Navazio era mia nonna e credo che oltre ad attraversare le vie scoscese del mio cuore, ora cammini per i sentieri meno battuti, oscuri, erti e difficili di tante anime affamate che si sono nutrite del suo fulgore. Persona retta, leale e sensibile, ha sempre smorzato e nascosto il grigiore della sofferenza dietro alla dignità di un sorriso radioso. I suoi gesti, i suoi sguardi e le sue parole ricamavano e intessevano nello spirito di questo mondo, gentilezza, grazia e garbo. Un’eleganza del cuore, quella di Silvana, difficile da rimuovere dalla memoria; una distinzione, la sua, che ha lasciato tracce indelebili in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerla ed amarla.
"A nonna Silvana"
Nell’accartocciarsi di una foglia Nei petali acerbi di un cielo fiacco In questi figli smarriti di una luna esangue Rivedo te e le tue mani oneste. In quella sedia malconcia e bistrattata In quei tuoi euforici jeans a vita alta Nell’altezzosità di un blu scelto con cura E nel caffè gentile dopo un pranzo ciarliero Rivedo te e il tuo distinguerti dagli altri in maniera involontaria. Nelle storie d’amore a lieto fine Nelle carezze materne della buonanotte Nei capelli biondi lumeggiati dal sole Rivedo te e i tuoi momenti ludici Quei tuoi istanti sorridenti e gai Che ravvivavano il mio spirito. Nelle altalene delle sere estive Dove in primavera si posavano farfalle E dove invece io appoggiavo i miei pensieri più inconfessabili I miei tetri pensieri di morte e i miei nivei pensieri d’amore Lì su quel dondolare disinvolto ma arrugginito Rivedo te e i tuoi sguardi attenti verso i traslochi dell'anima mia Quest’anima che al suo interno Continua ad avere un disordine ingestibile.
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