La Vandea: una pagina dimenticata della Rivoluzione Francese17/8/2022
La Vandea: una pagina dimenticata della Rivoluzione Francese17/8/2022
di Giovanni Curatola
Non vedo l’ora che mio figlio a scuola (lo farà quest’anno) studi la Rivoluzione Francese. Non solo per l’importanza storica (leggasi politica e sociale) dell’evento in sé, quanto perché proprio quella successione concatenata di eventi del decennio 1789-99 costituisce, a parere di chi scrive, il miglior banco di prova per sviluppare nei ragazzini di 12 anni un primo giudizio critico autonomo (guai alla storia tutta nomi e date, ingoiata passivamente senza spesso capirla o porsi domande!) e la consapevolezza che ragioni e torti, seppur in proporzioni diverse convivono comunque in ognuna delle fazioni che la storia via via contrappone: così dalle guerre di Sparta contro Atene a quella degli americani contro i pellerossa, dai crociati opposti ai musulmani ai fascisti contro i comunisti, dai rivoluzionari di Francia (nel caso nostro) ai controrivoluzionari sorti e sviluppatisi dopo che la Rivoluzione avrà deviato dai suoi progetti e aspettative originari per prendere pieghe diverse.
Perché anche a questo lo studio del decennio in questione servirà a mio figlio: potrà anche dimenticarsi una data, un luogo o un nome, ma non più l’idea, una volta assorbita, che un evento, specie se rivoluzionario, il più delle volte nasce da certi uomini e con determinati propositi per poi finire più o meno casualmente travolto da altri uomini che mettono in atto propositi ben diversi. Così la Rivoluzione Francese, nata inizialmente contro i privilegi nobiliari e non già contro la monarchia, vedrà deposto e ghigliottinato il re in favore della Repubblica. Così chi, con 3 caravelle, volle raggiungere le Indie da Ovest e inaspettatamente si trovò a scoprire un nuovo continente. Così chi aprì nel 1989, da Est, il Muro di Berlino, senza minimamente immaginare sul momento di porre fine, con questo gesto, in meno di 2 anni, alla DDR (Germania Est). E la storia è zeppa di altri casi analoghi.
Riguardo la Rivoluzione Francese, poi, “dolce” mi sarà “naufragar” in un mare ancora poco conosciuto, perché poco citato sui libri di scuola, e di conseguenza poco studiato, ma che mio figlio è tenuto a conoscere, fosse pure per unica sollecitazione del sottoscritto: la contro-rivoluzione vandeana. E’ una pagina tragica ed eroica insieme, che la Francia in primis ha volutamente sempre trascurato o minimizzato per non incrinare il mito della sua Rivoluzione, sempre presentata come il riscatto degli oppressi contro una società ancora feudale e ingiusta. Valori condivisibilissimi, certo, che però corrisponderanno al vero solo nelle fasi iniziali.
Quando successivamente la Rivoluzione degenererà in un nuovo Stato autoritario, espressione ormai solo formale della volontà popolare delle città e delle campagne, contrariamente agli iniziali propositi non si limiterà solo a smussare alcuni privilegi del clero, ma scatenerà un’ingiustificata, violenta e sanguinosa persecuzione della cristianità e degli avversari politici. Parallelamente al peso sempre più grande che andrà assumendo in seno alla Convenzione (il nuovo Parlamento nato dalla Rivoluzione) l’ala più radicale e sanguinaria del movimento rivoluzionario, quella giacobina, la Rivoluzione andrà rivelando sempre più il suo volto violento e anticristiano.
Ci sarebbero non solo i presupposti, ma anche gli strumenti e le affinità politiche e sociali per stabilire un parallelismo fra l'ala giacobina (quella più radicale, sanguinaria e "di sinistra" della Convenzione) e l'ala dei partigiani comunisti del 1943-45, egualmente i più radicali, i più sanguinari e i più "di sinistra" della Resistenza italiana. In entrambi i casi, tali "ali" si imposero con la violenza a tutta la restante parte del proprio movimento (Convenzione nel primo caso, C.L.N. nel secondo) monopolizzandolo per i propri esclusivi interessi. Tale parallelismo è comunque da sviluppare altrove. Torniamo intanto alla Francia del 1793.
In vaste fasce della popolazione, soprattutto in quella contadina della Vandea, da sempre religiosissima e filo-monarchica, al malcontento religioso (saccheggio delle chiese, confisca dei beni ecclesiastici, messa alla ghigliottina di migliaia di preti, abolizione di feste di culto, obbligo del clero di obbedienza allo Stato e non al Papa, imposizione di un improbabile calendario “materialista”), si affiancheranno ben presto sia quello economico (la messa in circolazione degli "assegnati" farà drasticamente calare il potere d’acquisto dei ceti meno abbienti) che quello politico (la leva obbligatoria, istituita per 3 anni, significava andare a combattere e morire per una Francia repubblicana e laica che non sentivano più loro). E’ così la Vandea conservatrice e contro-rivoluzionaria combatterà i rivoluzionari recitando la Corona, cantando le litanie, e con lo stendardo del Re col Sacro Cuore di Gesù in mezzo. “...Sanguina il Sacro Cuore sulla nostra bandiera – recita la canzone “La Vandeana”, che così continua. “....e nella notte inizia l’ultima mia preghiera: / Vergine santa, salva la Francia dalla maledizione! / Rinasca il fiore della vittoria: controrivoluzione!”. “Fu il sacrificio eroico per affermare, di fronte a un potere centrale che trasformava il regime di Francia in una macchina da guerra contro la fede religiosa, la propria fedeltà alla Chiesa e i diritti della coscienza” (da “Il conte di Chantelene”, di Giulio Verne).
Sono i documenti oggi presenti negli archivi di Stato francese a far ricadere su Robespierre in persona e sui deputati più estremisti della Convenzione il genocidio dei vandeani, da essi pianificato nell’estate del 1793, poi iniziato col voto del 1° agosto e confermato da una seconda legge il 1° ottobre dello stesso anno. Iniziata col motto “Liberté, Égalité, Fraternité”, la Rivoluzione che voleva cambiare il mondo (in meglio) è così la prima a macchiarsi, strada facendo, di un vero e proprio sterminio: dei 650.000 vandeani, infatti, ne saranno uccisi alla fine oltre 200.000. “Alle donne – scrive Francesco Lamendola in “Il genocidio della Vandea” - furono riservati i trattamenti più terribili. Si introdussero nei loro corpi cartucce a cui poi si diede fuoco, altre ebbero i ventri squarciati”.
A fine 1793 le carceri di Nantes traboccano di controrivoluzionari vandeani, che al ritmo di 200 al giorno finiscono sulla ghigliottina. Ciò nonostante, l’accanimento e la risolutezza senza eguali con cui questo pezzo di Francia, covo peraltro di di preti refrattari, non si piega a Parigi, ma che anzi con egual spietatezza la combatte, induce la Convenzione a istituire, a inizio 1794 le “colonne infernali”, reparti militari addestrati con lo specifico compito di attraversare quella regione eliminando fisicamente ogni vandeano e distruggendo ogni villaggio per cancellare così la cattolica e rivoltosa Vandea dalla faccia della terra e “ripopolarla il più in fretta possibile con cittadini repubblicani”.
Il generale Henri de La Rochejaquelein, capo dei controrivoluzionari, è tra le prime vittime delle “colonne infernali”, che a metà maggio terminano ahimé buona parte della loro terribile repressione venendo nuovamente sostituite dall’esercito regolare. A luglio, la congiura dei termidoriani (ossia dell’ala più moderata della Convenzione) riesce grazie al cielo a mandare alla ghigliottina Robespierre (proprio lui che l’aveva introdotta!) e alla malora il “Comitato di Salute Pubblica”, quel nefasto organo politico nato con l'alibi di una situazione d’emergenza per vestire di legalità, durante i mesi insanguinati del “Terrore”, i massacri giacobini ai danni di migliaia di francesi più o meno innocenti.
Tuttavia fra rivolte (finanziate anche da paesi stranieri come l’Inghilterra) e repressioni, la Vandea continuerà ad essere campo di battaglia per altri 2 anni, finché non verrà arrestato in un bosco il 23 marzo 1796 e fucilato una settimana dopo a Nantes (oggi c’è una piccola croce, inglobata tra edifici moderni, in piazza Viarmes, nel punto dove è caduto), François de Charette de la Contrie (comunemente detto Charette) l’ultimo capo contro-rivoluzionario. Al momento dell’esecuzione (ore 17.00 di martedì 29 marzo), rifiuterà la benda e ordinerà lui stesso il fuoco ai suoi 16 fucilatori. Pare che, attonita da tanto coraggio, la metà di essi non se la sentì di sparargli addosso. Il cancello di legno del giardino che c'era alle sue spalle, oggi conservato, testimonia difatti pochi segni di arma da fuoco. Il motto di Charette, come riporta anche wikipedia, è stato: "Combattuto spesso, sconfitto a volte, abbattuto mai". Aveva 33 anni. Eccolo un nome, fra altri che inevitabilmente cadranno nell'oblio, uno che mio figlio dovrà invece ricordare…
© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it