4 febbraio 1987: la prima volta non si scorda mai4/2/2023

Memoria per 4 febbraio 1987: la prima volta non si scorda mai

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4 febbraio 1987: la prima volta non si scorda mai4/2/2023

di Giovanni Curatola

Non resta neanche una mia foto della mia prima partita allo stadio, vista quasi per caso il primo pomeriggio del 4 febbraio 1987, all’età di 15 anni da poco compiuti. E per uno che per 36 anni da quel 1987, in quello stadio, consumerà fior di rullini prima e fior di scatti digitali dopo, può considerarsi una pecca. Non c’erano cellulari allora, e quel mercoledì non avevo alcuna macchina fotografica con me, proprio perché fino a poche ore prima tutto potevo immaginare tranne che sarei andato a vedere una partita coi compagni di classe (frequentavo il V ginnasio) . Lo stadio in questione è quello della “Favorita” di Palermo (oggi rinominato “Renzo Barbera”). Ma il Palermo non c’era. O meglio, non esisteva. Era stato radiato dalla B, e poi fallito, l’estate precedente. Una nuova società rosanero stava nascendo proprio in quei mesi, e avrebbe ricominciato il suo viaggio dalla Serie C2, con me presente, nell’agosto successivo. A colmare parzialmente quei mesi di vuoto calcistico in città, aveva già tentato di provvedere la Roma, scesa a Palermo per un amichevole con la maglia rosanero, e poi la FIGC, che il 4 febbraio 1987 aveva fissato proprio a Palermo l’amichevole della nazionale olimpica italiana contro i pari grado della Romania. E come faranno i “Duran Duran” la band musicale più in voga di quegli anni che a maggio di quell’anno si presenteranno al loro unico (e storico per la città) concerto a Palermo con un grande drappo rosanero. Alla “Favorita” ero già entrato per la prima volta l’anno scorso in bicicletta. Avevo trovato aperto un cancello della curva Sud e mi ci ero infilato. Vuota, mi era sembrata quasi quadrata e infinitamente più piccola di quanto la tv mi avesse fatto sin lì credere.

Dunque, quel 4 febbraio 1987 la mia classe (V° C) esce da scuola un’ora prima (12.30), fattore che si rivelerà determinante per andare allo stadio. Della partita, infatti, sapevamo poco o nulla. Lo venni a sapere coi miei compagni Gianluca R. e Francesco C. proprio all’uscita di scuola. Un’occhiata fra noi tre, e la decisione era già presa prima ancora di dircelo: andiamoci! O, quantomeno, proviamoci!  Paradossalmente non fu dei nostri Antonio D., proprio il compagno con cui per oltre 10 anni sarei poi andato allo stadio, e non solo a Palermo. Senza squadra rosanero, in campo, per lui non era partita. Pianificammo quindi a cosa subito in 3, a casa di Francesco, dove lasciammo gli zaini coi libri. Telefonai a mia madre, che mi diede del pazzo visto che l’indomani avrei avuto versione di latino e dovevo ancora ripassare tutto. Mi feci poi prestare da Sara, compagna che abitava di fronte casa di Francesco, le 5.000 lire del biglietto + altre 1.000 per un panino, e ci dirigemmo a piedi allo stadio. Arrivammo mezz'ora prima del fischio d’inizio (14.30) e mangiammo qualcosa da uno dei tanti e tanti venditori ambulanti di panini, sfincioni e nostre prelibatezze tipiche (panelle, crocché, milza, ecc.). Comprati i biglietti di gradinata (erano rimasti solo quelli) da un bagarino, entrai con Gianluca. Francesco no: aveva un casco in mano e glielo fecero posare chissà dove, per cui poi resterà a vedere la partita in un altro settore. C’era freddo, il campo era spelacchiato, quasi più giallo che verde, ma l’emozione fu forte comunque. Vidi il primo tempo al centro della gradinata inferiore, il secondo da quella superiore. Stadio non pienissimo ma con discreto pubblico (20.000 spettator, di cui oltre 17.000 paganti). Ammirai dal vivo giocatori visti in tv o sulle figurine come Tacconi, Virdis, Brio, Mauro. Ad allenare l’Italia c’era Dino Zoff, uno dei miei miti d’infanzia assieme a Platini. Vena scherzosa e sfottò (“babbìo”, si chiama in siciliano) contagiò me e Gianluca per tutta la gara. Gli azzurri si trovarono due volte a rimontare lo svantaggio, pareggiando poi ad 8 minuti dalla fine con un bel diagonale di De Agostini, lato curva Sud. Finì 2-2 e mi ritenni soddisfatto. l’Ital fine. Alle 16.30 tornammo a piedi a casa di Francesco, e ripreso lo zaino di scuola tornai in autobus a casa. Avevo un fortissimo mal di testa, che mi impedì, tra le sgridate di mamma, di ripassare il latino. Ma l’indomani, a mente lucida ed emozioni quasi del tutto sbollite, L'"incosciente" pigliò 8 nella versione. Alternando la traduzione di un genitivo o di un ablativo assoluto coi ricordi del gol di Virdis o di una parata di Tacconi...

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