Sardegna non rispettata, Forza Paris!
«Mi chiamo Domenico Mele Dejana, e questa è la storia di mio nonno — e anche la mia»
Quando mio nonno rimase vedovo, avevo solo sei anni. Da allora andavo spesso a dormire con lui. Era un uomo di poche parole, ma ogni parola sembrava pesare come una pietra.
Era nato nel 1894 a Mamoiada in rione su Ossu, aveva combattuto nella Brigata Sassari durante la Prima Guerra Mondiale. Me lo raccontava a pezzi, quasi sempre al buio, quando già credeva che dormissi. Mi parlava della trincea, del freddo, della fame, del fango che gli entrava fin dentro le ossa. Ma soprattutto, parlava dei suoi compagni di Mamoiada. Di Nuoro, di Oliena, Orgosolo e tanti barbaricini, tutti sardi, tutti ragazzi della sua terra — che combattevano non per il re, non per la patria italiana, ma perché erano lì, insieme, e nessuno voleva abbandonare l’altro.
Ricordo che una notte mi disse: «Partii da sardo, tornai sovranista.» Allora non capii davvero cosa intendesse. Ma quelle parole mi sono rimaste dentro. Col tempo mi spiegò meglio. Mi disse che in trincea si rese conto che i sardi erano usati come carne da cannone, spediti in prima linea più degli altri. Capì che nessuno avrebbe dato ai sardi il diritto di governarsi da soli, se non fossero stati loro a pretenderlo. Che il rispetto non si elemosina, si conquista. Mi parlava della sua rabbia nel vedere, dopo la guerra, la sua isola trattata sempre come periferia: senza autogoverno, senza rispetto, senza futuro. Mi parlava della sua terra come di qualcosa di sacro. Diceva: «La Sardegna non è solo un luogo. È un popolo, è un’anima.»
Con lui ho imparato il significato di parole che a scuola nessuno mi spiegava: autodeterminazione, fiscalità propria, continuità territoriale, diritto alla lingua. Ma soprattutto, ho imparato il significato del legame di sangue con la mia terra, con chi l’ha vissuta, difesa e amata. Quella che mi ha trasmesso non era un’ideologia. Era un’eredità. E io la porto ancora dentro. Quando vedo la bandiera dei Quattro Mori, sento la sua voce. Quando sento parlare di servitù militari, di giovani costretti a partire, di campagne svuotate, sento il suo dolore. Ma anche la sua rabbia, la sua speranza.
Credo nella sovranità popolare di tutti i Sardi, nella difesa dell’ambiente e nell'autodeterminazione dei territori.
Combatto, nel mio piccolo, contro l’assedio moderno che la mia terra sta vivendo: le servitù militari, che rendono la Sardegna una piattaforma di guerra, e l’invasione di pale eoliche, imposte dall’alto, senza consultare il popolo sardo, volute da governi e figure come Mario Draghi, Giuseppe Conte e perfino Alessandra Todde, che da sarda ha tradito la sua terra accettando questo saccheggio verde mascherato da transizione ecologica. Io non sono contro il futuro, ma voglio un futuro nostro, non imposto da tecnocrati o da multinazionali. Voglio che la mia gente possa decidere del proprio destino, come avrebbe voluto mio nonno e i nonni di tanti sardi.
Non chiedo assistenza, chiedo rispetto.
Questa è la sua storia.
Questa è la mia storia.
E ora è anche la nostra lotta.
Forza Paris
di Roberto Dall'Acqua
Foto e video liberi da copyright
La la foto di copertina mostra i fanti di Mamoiada della grande guerra
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