Quel "portiere di notte" sublimato da Enrico Ruggeri

Memoria per Quel "portiere di notte" sublimato da Enrico Ruggeri

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Quel "portiere di notte" sublimato da Enrico Ruggeri

di Giovanni Curatola

Era il 1989 - o il 1990, non ricordo – quando, a un certo punto di un concerto dei “Zona Rimozione”, il gruppetto rock dove il mio compagno di banco di liceo Federico suonava amabilmente il basso, fu annunciato che il prossimo brano eseguito sarebbe stato “Il portiere di notte” di Enrico Ruggeri. “Benissimo!  – pensai subito tra me e me - Ma se me la rovinano, li ammazzo qui seduta stante. Tutti e cinque”. Mai istinto omicida si insinuò in me con tanta risolutezza, ma l’ottima performance del gruppo impedì poi fortunatamente ogni motivo di metterlo in pratica. Si, perché non stavamo parlando di un branetto qualsiasi, di quelli da canticchiare con leggerezza, magari anche stonando, in macchina o sotto la doccia. Richiedeva invece, almeno per me, un approccio e una concentrazione specifica. Non perché fosse legato a ricordi o eventi personali particolari, ma perché ritenevo quel brano un capolavoro di uno dei miei cantautori preferiti. Anzi, il suo capolavoro per eccellenza. Non tanto nelle parole (Rouge mi e ci aveva già abituato a ben altre poesie prestate alla musica), quanto nella sua melodia. Malinconica, struggente, quasi solenne. Insomma, teatrale. Diversa, dunque migliore, da altre canzonette commerciali. Il pezzo era uscito pochi anni prima, e già godeva di un discreto successo. Nel 1986 Enrico Ruggeri aveva partecipato al Festival di Sanremo con “Rien ne va plus, e i due estenuanti tour di quell’anno, fatti per promuovere altrettanti album (“Difesa francese” ed “Enrico VIII”), ispirarono “Il portiere di notte”, come riconoscerà lo stesso Ruggeri: "A causa del mio vagabondare per alberghi, ho conosciuto parecchi portieri di notte, anche se per fortuna non di motel di infima categoria o di alberghi a ore. Sono sempre rimasto colpito dal fatto che negli alberghi la stanza rimane sempre quella, mentre cambiano i clienti: come un palcoscenico su cui si avvicendano diversi attori. Il portiere poi mi suggeriva l'idea dell'eterno spettatore, che guarda ed è costretto a lavorare, vede le camere come sono dopo e le prepara per chi deve arrivare, organizza gli amori altrui e ne rimane sempre escluso". Dopo aver prestato altri suoi capolavori a voci femminili come Loredana Berté (“Il mare d’inverno) e Fiorella Mannoia (“Quello che le donne non dicono), nel 1988 Ruggeri acconsentirà su richiesta a che il suo “Portiere di notte” sia interpretato nientemeno che da Mina.

La cosa, prosegue sempre l’autore, nacque così: “Mi trovavo in studio per l'album “La parola ai testimoni”, quando squillò il telefono. Rispose il mio chitarrista e si sentì dire: “Sono Mazzini”. E lui: “Piacere, io sono Garibaldi”. “Sono Mina Mazzini”, precisa lei. Lui si irrigidì e mi passò la cornetta. Mina voleva incidere “Il portiere di notte”, ma chiedeva alcune modifiche, in modo che il testo potesse adattarsi a una donna. Rimasi sveglio la notte a cercare di far quadrare il cerchio. Far cantare la canzone dalla prostituta amata dal portiere? O cambiare sesso a quest'ultimo? Nessuna soluzione mi convinceva. La mattina dopo mi decisi a telefonare a Mina e, umile e impacciato come Fantozzi, le dissi: “Signora, se lei mi fa il grande onore di cantare la mia canzone, mi piacerebbe che facesse come ha fatto con “Non è Francesca (di Mogol-Battisti), per la quale non ha richiesto modifiche in “Non è Francesco”. Mina rimase colpita dalla mia fermezza e richiamò il giorno dopo dicendosi d'accordo con me… ". Qui sotto, il testo della canzone, che nel suo incedere lento e cadenzato della musica, oltre che nell'assonanza del testo con l'immaginario di una donna desiderata (in quel secondo caso la moglie a casa, la fidanzata lontana o sempre una prostituta), ricorda una canzone che nel dopoguerra fu ricacciata in fondo alla memoria per i lutti ad essa associati, ma dopo aver spopolato ad ogni fronte fra gli eserciti di opposte fazioni: "Lili Marleen".

 

IL PORTIERE DI NOTTE

 

Vanno via e non tornano più;

non danno neanche il tempo di chiamarli.

E non lasciano niente, non scrivono dietro il mittente

e nelle stanze trovo solo luci spente.

Sapeste che pena, per chi organizza la scena,

restare dietro al banco come un cane con la sua catena.

 

E lei che viene spesso a notte fonda,

è così bella, è quasi sempre bionda.

E' lei che cambia sempre cavaliere

e mi parla soltanto quando chiede da bere.

 

Ma la porterò via e lei mi seguirà.

Prenoterò le camere in tutte le città.

La porterò lontano per non lasciarla più,

la porterò nel vento e se possibile più su.

E quando ci sorprenderà l'inverno,

non sarò più portiere in questo albergo.

 

Sapeste che male quando la vado entrare;

non la posso guardare senza immaginare.

 

Ma è lei che non immagina per niente

cosa darei per esserle presente.

Ma lei non vede e allora parlo piano,

con la sua forma in un asciugamano.

 

Ma la porterò via, non l'abbandonerò.

La renderò partecipe di tutto ciò che ho.

La porterò lontano per non lasciarla mai

e mi dirà "ti voglio per quello che mi dai".

E quando insieme prenderemo il largo,

non sarò più portiere in questo albergo

e insieme, dentro al buio che ci inghiotte,

non sarò più il portiere della notte.

 

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