di Dayana Borzomì
In occasione del ventesimo anniversario della sua scomparsa abbiamo deciso di rendere omaggio al grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino.
Scrivere per lui era un atto salvifico, un gesto di liberazione per distrarsi dal pensiero della morte e un viaggio alla scoperta di sé: con una prosa lirica, e a tratti barocca, raccontava con estrema cura dei particolari la sicilianità. Bufalino nasce a Comiso il 15 novembre 1920. Scrittore, poeta e aforista italiano sceglie in vita di non “salire sull’autobus affollato” della notorietà per dedicarsi alla carriera di insegnante liceale. Timido e schivo, nonostante le umili origini, fin da bambino adora trascorrere ore e ore a leggere nella piccola biblioteca del padre, fabbro ferraio. Rivela il suo talento letterario già a scuola nel ’39 con la vittoria del “Premio Letterario di Prosa Latina” bandito dall'Istituto Nazionale di Studi Romani a Roma, dove viene ricevuto da Mussolini a Palazzo Venezia. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene chiamato alle armi e interrompe gli studi in Lettere e Filosofia presso l’Università di Catania. Nel ’44 si ammala di tisi e una volta guarito dopo la Liberazione riprende gli studi e si laurea in Lettere. Il suo talento letterario rimane a lungo nell'ombra, ma è grazie alle insistenze degli amici Sciascia e Sellerio che la notorietà giunge all'età di 61 anni con la pubblicazione nel 1981 del romanzo "Diceria dell'untore", con cui vince lo stesso anno il Premio Campiello. Dopo la pubblicazione del primo capolavoro pubblica una grande quantità di opere, che spaziano dalla poesia alla prosa, dalla narrativa ("Le menzogne della notte", 1988, che gli vale il prestigioso premio Strega) alla saggistica, dagli aforismi alle antologie. Emerge nel panorama italiano e non solo, infatti, le sue opere sono state tradotte in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, olandese, danese, svedese, greco, sloveno, bulgaro, israeliano, giapponese, coreano. La sua scrittura corrisponde a una ricerca interiore che parte da un viaggio fatto da fermo. È attraverso l’immaginazione che l’autore riesce ad allontanarsi dal presente e a rivivere i ricordi e i fantasmi di ieri che, trasferiti sapientemente con una biro su un blocco di carta con parole ricercate, con estrema abilità linguistica sono in grado di emozionare il pubblico. Nelle sua opera descrive l’insularità, ed è proprio per comprendere i tratti tipici dei siciliani come l’orgoglio e la diffidenza che l’autore parte dalla descrizione dello stretto legame che li unisce alla loro isola “da difendere” perché da sempre crocevia di molteplici civiltà e vittima degli invasori. Interessante è il legame con Comiso che definisce una “città-teatro” ricca di odori, rumori, balconi pieni di fiori, fascino estetico e di contrasti. Bufalino delinea l’immagine di una Sicilia divisa da elementi naturali quali cielo, mare, vulcano e terra, un’isola in cui coesistono gli opposti: vita e morte, luce e tenebre, ragione e magia sicchè il siciliano si ritrova diviso tra senso di ospitalità e scetticismo.
Gesualdo Bufalino, Comiso 15 novembre 1920 – Vittoria 14 giugno 1996
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