India anno zero: magia e colori31/12/2018

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India anno zero: magia e colori31/12/2018

Testo e foto di Adriana Saja

Ferma all’imbarco ormai da qualche decina di minuti, in attesa di non sapevo che cosa, finalmente mi porsero un foglio da firmare che lessi molto rapidamente, perché volevo soltanto raggiungere l’aereo ed andarmene. Lo siglai senza esitazione e senza rifletterci.  Poi però, superato il varco e camminando verso l’aereo mi resi conto che non avevo ben capito  chi avessi autorizzato ad aprire i miei bagagli, come scritto nel foglio. Ritornai indietro per chiedere di rileggerlo meglio. Nel mentre riflettevo che l’unica autorizzata a farlo poteva essere solo la Security e mi tranquillizzai. Infatti era proprio così. 

Salita sull’aereo mi potei  infine rilassare e dopo qualche minuto passato a pensare su come organizzarmi a Goa, mi addormentai di nuovo serena. Stavo imparando dall’India la pazienza e il saper accettare le cose così come vengono, perché inevitabili. Gli Indiani  lo chiamano karma.

In cammino verso Mormugao

Il frastuono dell’aeroporto all’arrivo  mi stordì immediatamente. Appena scesa,  attraversata la pista ed entrata nella hall, il ritmo veloce della folla veloce mi disorientò completamente. E faticai a capire come uscire per cercare un taxi che mi portasse in un hotel. Erano già le quattro del pomeriggio. Dovevo trovarmi una stanza per dormire prima che facesse buio.  

Dopo aver parlato con gli impiegati di AirIndia, la compagnia del volo, per segnalare il mio caso ed aver di conseguenza compilato ancora una volta altri moduli e burocrazia dicendo, che quella in India non manca mai, finalmente mi sedetti in un taxi diretta verso la città di Mormugao, l’antica Vasco de Gama. 

Il conducente del taxi era molto simpatico e gioviale. Ormai superato il contrattempo dei bagagli desideravo solo farmi una doccia e curiosare un po’ in giro, per poi recarmi a cena e gustare una delle pietanze della cucina indiana che a me piace tanto.

Bogmallo Beach

La sfortuna però continuava a perseguitarmi. Non c’era posto in nessun albergo. Non so quanti ne girammo, almeno quattro o addirittura cinque, quando pregai il tassista di portarmi fuori città, vicino al mare, nella speranza che sarebbe stato più facile trovare una camera libera. Ma non fu così per almeno altri tre hotel. Era già iniziata la stagione turistica e dunque le strutture ricettive erano tutte piene. Cominciavo a sentirmi davvero stanca e avevo un caldo terribile ai piedi, giacchè le scarpe estive erano tutte nella valigia che mi era stata trattenuta a Delhi e non mi sentivo ancora di camminare a piedi nudi, come poi ho imparato a fare a Gokarna, per necessità di cose. In un piccolo e grazioso mercatino vicino alla citta e proprio sul mare, nel villaggio di Bogmallo, chiesi al tassista di fermarsi perché potessi comprare un paio di infradito. Ne scelsi un paio grazioso, rosso scuro  e scintillanti, come alcuni ornamenti dei vestiti delle donne indiane. Rinfrancata dal sollievo d’aver liberato i piedi infuocati, risalii in taxi per continuare la ricerca. E presi la prima fregatura. Trovai un alloggio disponibile in una graziosa casetta, fornita di bagno e cucina e persino un soggiorno d’ingresso, ma che mi fecero pagare una enormità per i prezzi del luogo. Ero così stanca che avrei accettato qualsiasi somma non troppo eccessiva per le mie tasche. E quella non lo era. Troppo comunque rispetto ai prezzi correnti. Buon pro gli faccia. L’importante era per me riposare. Mi sistemai nella camera da letto, feci una doccia veloce e mi stesi sul letto,  addormentandomi quasi subito per risvegliarmi a sera ormai calata. In India ho sempre dormito bene. Tranquilla e rilassata, con sogni vivaci e gradevoli. 

Bogmallo Beach

Prelibatezze della cucina indiana

Avevo fame, giacché a pranzo non avevo mangiato nulla. E già pregustavo la cenetta che indubbiamente, dopo tante traversie, avevo meritato.  Proprio a pochi metri di distanza dalla mia abitazione c’era un ristorante caratteristico, all’aperto e ricco di luci colorate, con una musica indiana di sottofondo che si confondeva al cicaleccio degli indiani seduti ai tavoli.  Scelsi un po’ a caso le mie pietanze, chiedendo che fossero ben speziate, perché sapevo che il cibo preparato per gli stranieri di solito non lo era tanto. Invece a me le spezie, da brava siciliana, piacciono molto e più piccanti sono meglio è.

Mangiai di gusto, contenta di essere in India. Avevo desiderato questo viaggio già da qualche anno e finalmente lo avevo realizzato. Non perché affascinata da una mistica moda spirituale, così diffusa in Europa. Semplicemente perché dell’india avevo letto e studiato negli anni e volevo capire sentendola. 

C’è infatti una comprensione delle cose, della vita, della natura, della realtà tutta, che non passa attraverso una logica razionale, ma attraverso i sensi. Sono per me le migliori intuizioni.

Magico caleidoscopio e Oceano mare

L’India è il paese dei colori. Rosso, giallo, verde, rosa, violetto. Ovunque è un’esplosione di tinte ora accese, ora più delicate. Le luci dei locali mai troppo violente, anch’esse colorate in modi diversi e brillanti solo per il loro combinarsi insieme, ma singolarmente sommesse, guidarono poi nella notte il mio cammino verso il mare. Non avevo ancora visto l’oceano e non potevo aspettare oltre. 

Lo incontrai di notte e nel buio potevo solo intuirne la maestosità, percepirne la forza e la celata prepotenza. 

Le onde sempre ruggenti, si accavallano l’una all’altra e ti trascinano se non sai come prenderle.  

Cinque morti in un solo mese, seppi poi a Gokarna, di giovani indiani inesperti di cose di mare e imprudenti.

Gokarna Middele Beach

Lo raggiunsi a piedi scalzi e mi bagnai, consapevole di avere di fronte un’immensa potenza della natura, al cui fascino non so resistere. Guai a contrastare il mare. Imprevedibile e cangiante anche solo nel giro di pochi attimi e se non lo temi e rispetti. Se non riconosci la sua superiorità a pretendi di sfidarlo,  ti toglie la vita.  

Ero appagata. Sentivo che non sarei potuta essere in altro posto se non dov’ero. Una breve sosta in un locale ancora aperto, due chiacchiere con un indiano del posto che avevo conosciuto e che mi parlò della sua professione di massaggiatore e parrucchiere e poi me ne tornai a casa per trascorre il resto della notte in solitudine. Come desideravo.

Welcome in my hearth, India

L’india mi si era appena svelata e sapevo che da lei e dalla sua gente avrei avuto molto da imparare. Con calma, pazienza e rispetto dei tempi. Io impulsiva e velocissima, incapace di star ferma senza far nulla, sempre in movimento e alla ricerca di novità,  mi ritrovavo in un luogo così diverso dalla mia natura che operava su di me come un profondissimo agente di rallentamento, pace interiore ed accettazione di ogni cosa. 

L’Oriente indiano mi apriva una dimensione nuova che letta sui libri e solo immaginata non rende nemmeno lontanamente l’idea  di cosa si possa realmente provare, se resti in ascolto e in umile attesa. Disponibile a recepire una profondità non solo spirituale.

Al mattino il risveglio fu sereno e carico di gioiose aspettative. Volevo andare a prender il sole e a nuotare nell’oceano Indiano. Rilassarmi sulla spiaggia ed oziare, magari leggendo qualche pagina di uno dei  libri che mi ero portata in viaggio. Una doccia veloce e via in strada, per percorre quelle poche centinaia di metri che mi separavano dalla mia prima meta. Una sosta nel ristorantino davanti al mare per una buona colazione all’inglese e poi sulla sabbia, beatamente distesa ad assaporare la nuova atmosfera di Bogmallo. 

Una mucca sorniona oziava anche lei pacifica e rilassata, quasi fosse consapevole del rispetto che gli uomini e le donne di questo paese hanno per questo animale, che non uccidono né tanto meno mangiano. E poi tanti cani randagi ma perfettamente sani, e uccelli a non finire. La vegetazione tipicamente tropicale ne ospita molte specie, fra cui i corvi. Tantissimi in India. Neri superbi, si accostano curiosi e poi volano via, ma se dai loro del cibo sono capaci di riconoscerti e tornare di nuovo a cercarti. L’incidente dei bagagli era ormai solo un ricordo e non dovevo far altro che aspettare il primo pomeriggio per tornare in aeroporto a ritirare la valigia che avevano detto sarebbe arrivata da Delhi.

Naturalmente non fu così. Nulla in India è possibile dare per scontato, tanto meno la coerenza e la puntualità.

(...continua)

 

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