Waterloo: istruzioni per l'uso10/2/2019

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Waterloo: istruzioni per l'uso10/2/2019

di Giovanni Curatola

Il nome. Assai più appropriato sarebbe stato chiamarla “la battaglia della Belle Alliance”, come il comandante prussiano Blücher suggerì, dal nome della fattoria che si trovava (c’è ancora) all’epicentro del campo di battaglia, più volte passata di mano in quelle 10 fatidiche ore di combattimenti del 18 giugno 1815. Invece il comandante delle forze inglesi, duca di Wellington, impose fosse tramandata come la “la battaglia di Waterloo” (cittadina 5 km più a nord del campo di battaglia, e da essa nemmeno sfiorata), sol perché in una locanda di fronte la chiesa di Waterloo Wellington aveva posto il suo quartier generale (oggi museo) dove dormì la notte precedente e quella successiva alla battaglia.

La leggenda. E’ opinione tramandata sui libri di scuola e radicata in chi non ha mai approfondito l’argomento, che quel giorno furono gli inglesi a sbaragliare l’esercito francese, chiudendo definitivamente l’era napoleonica, e che l’intervento dei prussiani sul far della sera fu solo la ciliegina sulla torta, il contributo finale al definitivo collasso dei francesi. Nulla di più falso (e ingiusto verso gli alleati degli inglesi). L’irruzione dell’esercito prussiano da destra (proveniva da Plancenoit e La Papelotte), benché tardivo e favorito dagli errori del generale francese Grouchy da un lato e dal tradimento di altri capi militari francesi dall’altro, ribaltò totalmente le sorti della battaglia. Questa era in corso già da 8 ore (iniziò alle 11.30) e aveva logorato assai più i quadrati difensivi inglesi (attestati all’altezza della fattoria Hougumont e degli attuali museo-memoriale, centro visitatori e “Butte de Lion”) che non i reparti d’artiglieria fanteria ma soprattutto cavalleria degli assalitori francesi. Questi non erano ancora riusciti a sfondare, ma arrivarono sul punto di farlo alle 18.45, quando Ney, il più fedele e valoroso generale di Napoleone, riuscì a strappare al nemico la fattoria di Haye Sainte, cuore del sistema difensivo inglese. Wellington, disperato per il cedimento dei suoi e per il mancato arrivo dell’alleato prussiano, stava per ordinare la ritirata generale, ma il contestuale e provvidenziale arrivo dai viottoli ciottolati alla sua destra (sono ancora così) delle avanguardie prussiane rovesciò radicalmente la situazione, coprendo la falla rimasta aperta al centro dello schieramento inglese e trasformando in vittoria quella che per Wellington stava divenendo una sicura disfatta. In quelle 2 successive e ultime ore di guerra, infatti, prese tra due fuochi le fila francesi si scompaginarono, perdendo di colpo le posizioni fin lì conquistate. A Napoleone non restò che la carta della disperazione: gettare nella mischia il suo fiore all’occhiello, il corpo più ideologizzato ed esperto: i veterani della “Vecchia Guardia”. Ma quando il resto delle truppe francesi vide anche questa cedere al piombo prussiano, fu il caos. “La Garde recule!, La Guardia indietreggia!" Non era mai avvenuto in nessuna delle precedenti campagne napoleoniche, neanche in Russia o a Lipsia l'anno prima. Tanto bastò a scatenare il terrore in ogni soldato francese e a considerare ormai persa la battaglia. Quando Napoleone ordinò la ritirata generale, erano da poco passate le 21.00. Mezz’ora dopo, Blücher e Wellington si incontravano alla “Belle Alliance”. L’era napoleonica era tramontata per sempre.

L’esito. Ma se quella sera non fossero sopraggiunti i prussiani? O se la battaglia di Waterloo l’avesse in ogni caso vinta Napoleone? Cosa sarebbe cambiato? Assolutamente nulla. I nuovi equilibri del continente si erano già decisi al Congresso di Vienna, e nessun sovrano europeo rimesso sul trono dopo l’esilio di Napoleone sull’isola d’Elba avrebbe tollerato nuovamente l’Imperatore francese sul trono di Parigi. Si stava già mettendo in moto la coalizione anti-napoleonica più grande delle 7 precedenti (un milione di soldati), di cui gli eserciti anglo-olandese di Wellington e prussiano di Blücher (che lo sconfissero a Waterloo) erano solo un’avanguardia. Russi e austriaci erano inoltre già pronti a oltrepassare il Reno per irrompere nel cuore della Francia. Vincendo a Waterloo, Napoleone avrebbe forse allungato dai famosi 100 a forse 120/130 i giorni del suo ritorno sul trono francese, non di più. La sua sorte era comunque segnata. Nessun sovrano era disposto ad accettare compromessi politici come lui sperava, o a sciogliere la coalizione prima di averlo spazzato via, stavolta definitivamente, dalla scena europea. 

La vittoria morale di Cambronne e la passeggiata sotto la luna di Wellington. Inoltre, due aneddoti.  Uno, abbastanza noto, riguarda il generale francese Cambronne, che nel punto in cui la Guardia fece l’ultimo quadrato (sulla strada statale belga n.5, un km a sud della “Belle Alliance”. Oggi c’è una stele raffigurante un’aquila ferita e un’inferriata, appunto quadrata, a ricordarlo), avrebbe risposto alle intimazioni di resa degli inglesi: “Merde! La Guardia muore ma non s’arrende!”. In molti hanno però messo in dubbio la pronuncia di tali parole, a parte che Cambronne comunque non morì in quell’occasione. Victor Hugo però diede per vero l’episodio e così lo riportò nel suo “I Miserabili”: “Chi ha vinto a Waterloo non è Napoleone sconfitto. Non è Wellington, che alle 4 ripiega e alle 5 si dispera. Non è Blücher, che personalmente non ha proprio combattuto. Chi ha vinto la battaglia di Waterloo è Cambronne. Poiché fulminare con tali parole il nemico che ti annienta, vuol dire vincere… Dire questo e poi morire. Cosa c'è di più grande?”.

Infine, Wellington. Dopo la vittoriosa stretta di mano con Blücher alla “Belle Alliance”, il comandante inglese tornò a cavallo al suo quartier generale di Waterloo, 4 km più a nord direzione Bruxelles. C’era la luna piena quella notte, e poiché fino alla fattoria Haye Sainte la strada (oggi statale n.5) era intasata dai materiali abbandonati dai francesi, dovette passare per i campi. Disseminati per terra, giacevano più di 40.000 uomini e 10.000 cavalli, alcuni ancora vivi ma in attesa della morte essendo feriti così gravemente da non poter essere trasportati. I loro gemiti strazianti faranno dire a Wellington, più tardi, che “una tale vittoria è la più grande tragedia al mondo, dopo una sconfitta".

Il campo oggi. Grazie a un’apposita legge ambientale belga, il campo di battaglia di Waterloo (25 km a sud di Bruxelles) è oggi quasi identico a com’era quel 18 giugno 1815, eccezion fatta per qualche strada principale ora non più sterrata/attraversata da carri e cavalli ma asfaltata/percorsa da automobili, e per la “Butte de Lion”, una collina artificiale creata successivamente quasi al centro di dove si trovavano le linee difensive inglesi, e da cui si gode il panorama dell’intero campo di battaglia. Un pulmino turistico scoperto lo percorre in mezzora, ma per chi ha almeno un paio d’ore da spendere è consigliabile girarlo a piedi. L’asse centrale è rappresentato da quel chilometro e mezzo di statale n.5 cha va dalla “Butte de Lion” alla fattoria “Belle Alliance” (ci si può spingere fino alla fattoria Callou, quartier generale di Napoleone oggi museo dov'è fra le altre cose conservato il suo letto e il tavolo su cui decise i piani della battaglia). Molte stradine laterali che tagliano i campi (coltivati in estate a segale e orzo come in quel giugno del 1815) sono sterrate esattamente come lo erano all'epoca, e tra una lapide e un’altra che ricorda un fatto della battaglia avvenuto in quel punto, si gode dei colori e degli odori della campagna belga identici a quelli che videro e sentirono i 190.000 soldati di tutti gli schieramenti (48.000 ci rimasero per sempre) qui convenuti oltre 2 secoli fa.

 

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