Labirinto magico da Cagliostro a Gilgamesh15/11/2019

Memoria per Labirinto magico da Cagliostro a Gilgamesh

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Labirinto magico da Cagliostro a Gilgamesh15/11/2019

Alla scoperta di un luogo che evoca tempi lontani, un ambiente magico e suggestivo in cui perdersi e ritrovarsi

di Gaia Dallera Ferrario

Si tratta del Labirinto della Fondazione Arnaldo Pomodoro, uno spazio di 170 metri quadrati, collocato nell’edificio ex Riva-Calzoni di via Solari 35, a Milano, ora Show-room Fendi.
L'idea del labirinto nacque nel 1995, quando, una prima versione, venne allestita per una mostra alla galleria Giò Marconi: La culla di Babilonia. Fu nel 1999 che Pomodoro si mise alla ricerca di uno spazio adeguatamente grande per poter realizzare “Novecento”: l’imponente scultura, di 22 mt di altezza, destinata alla città di Roma per la celebrazione del nuovo millennio.
Fu nella fabbrica di meneghina che il Maestro trovò soluzione alle proprie necessità, e che l’idea del Labirinto potè trovare una collocazione definitiva. I lavori di realizzazione richiedettero diversi anni e venne finalmente inaugurato nel 2011, in concomitanza alla chiusura della Fondazione presso quela sede, motivo per cui quest’opera è rimasta sconosciuta ai più.

Progettato per quasi un ventennio, il Labirinto nacque su ispirazione dell’Epopea di Gilgamesh: primo poema epico della storia dell’umanità, inciso su 11 tavolette d’argilla in caratteri sumerici, riportate alla civiltà nel 1800.
Il portale a scomparsa, che fornisce l'accesso agli ambienti sotterranei, fa riferimento specifico alla figura leggendaria del semidio Gilgamesh: un re assiro babilonese, a cui venne affiancato, per volere divino, un essere mortale.
L’amicizia con quest'uomo rese Gilgamesh meno irruento e spietato ma, per una ripicca tra divinità, il rapporto tra i due venne interrotto e al mortale venne inflitta una grave malattia. Al termine della vita dell’amico Gilgamesh incontrò e conobbe, per la prima volta, la morte.
“Amarezza si impadronì del mio animo,
la paura della morte mi sopraffece ed io ora vago per la steppa”
Il portale, in questo specifico caso, rafforza dunque la propria accezione di metafora dell’incognita del viaggio tra la vita e la morte, tematica conduttrice del percorso.

La stanza centrale, realizzata molto dopo l’inizio del portale, subisce un mutamento di fascinazione e si viene catapultati in una dimensione d'incontro dell’infinitamente grande e dell’infinitamente, in cui archeologia e arte contemporanea si fondono per restituire un vero e proprio mausoleo celebrativo del linguaggio artistico del Maestro, tra macine ed ossi di seppia, geroglifici e richiami letterari.

Mentre ci si addentra il linguaggio espressivo si infittisce ed il soggetto ispirante si sposta da quello di Gilgamesh alla figura di Cagliostro, alchimista e guaritore italiano della seconda metà del 1700. Il Conte di Cagliostro conobbe alla corte di Versailles il potentissimo cardinale di Rohan che lo coinvolse nel misterioso affaire du collier, un complotto che, diffamando la regina Maria Antonietta, aprì la strada alla rivoluzione francese.
Cagliostro sfidò poi apertamente la Chiesa, fondando a Londra una loggia di Rito egiziano e assumendo il titolo di “Gran Cofto”.
Il Sant’Uffizio non tardò a colpirlo e nel 1790 venne condannato a morte per eresia e attività sediziose.
In seguito alla pubblica rinuncia ai principi della dottrina professata, Cagliostro venne graziato da papa Pio VI e la condanna a morte venne commutata nel carcere a vita, da scontare nelle prigioni dell’inaccessibile fortezza di San Leo.
Pomorodo, che visitò la cella di Cagliostro, lasciò che la suggestione di questa vicenda ispirasse questa parte del Labirinto.

Da un punto di vista prettamente espressivo il Labirinto è connotato da un carattere geometrico ed informale, antico e avvenieristico allo stesso tempo. Le incisioni lasciate dal Maestro nella materia richiamano antichissimi alfabeti cuneiformi, partiture musicali ma anche strumenti industriali, se non addirittura i primi microchip.
Segni “antichi” si susseguono come in un alfabeto primitivo, lasciando intravedere una sorta di messaggio indecifrabile e primordiale.

“Mi hanno sempre affascinato tutti i segni dell’uomo, soprattutto quelli arcaici, dai graffiti dei primordi alle tavolette mesopotamiche, quelli fatti per tramandare memorie e racconti. Incido la materia artistica con una fitta serie di segni, un tracciato di punti, nodi e fili in una sequenza sempre pensata e realizzata con estrema cura, come un’antica scrittura, illeggibile e fantastica.”

Alla scoperta del Labirinto di Arnaldo Pomodoro: Maestro scultore dell'astratto.

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