Paolo Madonia - Pittore magmatico8/2/2020

Memoria per Paolo Madonia - Pittore magmatico

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Paolo Madonia - Pittore magmatico8/2/2020

di Salvo Ferlito

Al Museo Riso di Palermo fino al 29 febbraio 2020

Le concrezioni materiche, i pigmenti combusti (Madonia si avvale del fuoco quale strumento operativo), le ricorrenti scabrosità delle stesure testimoniano d’un fremito ideativo non confinabile nelle angustie della figurazione classica.

La scelta astrattista di Paolo Madonia nasce infatti da una dichiarata insofferenza verso lessici vissuti come griglie troppo rigide ed anelastiche, e in quanto tali del tutto incapaci di condensare al meglio l’acre distillato dell’interiorità. 

Eppure, classificare il gesto artistico di Madonia come semplice “informale materico” significherebbe incorrere in una tassonomia ovvia e un po’ schematica, di certo non in grado di esaurire pienamente la complessità immaginifica sottesa al suo operato.

L’insistita polimatericità dei suoi dipinti, l’estroflessa plasticità che anima le superfici dei supporti, il lavico coagularsi dei pigmenti sotto l’incedere dell’azione combustiva, tutto concorre a rimarcare una consapevole progettualità che, pur nell’inesausto anelito alla ricerca, rifugge da improvvisazioni estemporanee e non sufficientemente cogitate, muovendo piuttosto nell’obbligata direzione d’un fare palesemente ed inequivocabilmente pausato e riflessivo. Nessun “furor dionisiaco”, dunque, nessuna trance “medianico-creativa, nessun “dripping” incontrollato da “trip psicotropico”, bensì un’ideazione attenta e meditata, che pare procedere per sedimentazione di immagini ed emozioni, poi trasfigurate e tradotte con un approccio di speculativa e lucidissima sperimentazione.

Non è un caso, quindi, che in riferimento alla sua arte si sia giustamente parlato di <<lucida consapevolezza delle tante ombre nel cammino, di memorie ancestrali da dipanare, di caverne da esplorare e di labirinti dai quali fuoriuscire>>, come a testimoniare la percepibile evidenza d’un iter accidentato (tanto umano, quanto artistico) che infine si ricompone scientemente nella simbolica e concreta asperità delle stesure. Asperità che non nega, nonostante la palese inclinazione per l’informale, il permanere di suggestioni e reliquati di figuratività; ma che anzi pare esaltarne la valenza fantasmatica di evocazioni mnemoniche, affioranti dal grumo scuro dei vissuti attraverso un percorso che preveda la progressiva abrasione d’ogni vana ridondanza, fino alla radicale enucleazione dei contenuti più intimi e profondi.

Ne consegue che tracce di paesaggi e di vedute, forse portato di pregresse esperienze personali (il nostro pittore è originario di San Giuseppe Jato, un paese dell’entroterra palermitano) o semplicemente frutto di vivida immaginazione, finiscano col baluginare qui e là nella sofferta e tormentata resa dei materiali, restituendo all’osservatore visioni dipanate su quel labile confine che separa il dilavato ricordo dalla franca allucinazione. E tutto ciò, senza mai indulgere a liquorosità affettive ed a liquidità pittoriche, ma sempre con un attitudine – per così dire – costruttiva, nella quale l’aspetto “fabbrile-efestino” è del tutto preminente, quasi a ribadire la predetta (e imprescindibile) natura “progettuale” che sta a monte d’ogni vero gesto artistico.

Così facendo, Paolo Madonia rinverdisce non soltanto la componente manuale del fare arte, ma soprattutto la sua natura “alchemica” (e ciò non solo per le tecniche adottate) e il suo essere un procedere “per aspera ad astragrazie al quale la mera sensazione ottica, elaborata nelle traiettorie neurali oculo-corticali, diviene, come per “iniziatica magia”, una pura proiezione di soggettività. Ed è proprio in questo crogiolo, in cui il dato sensoriale si coniuga con l’emozione fino a tradursi in sentimento cognitivamente compiuto e definito, che ribolle e prende forma la magmatica poetica di Madonia.

Poetica dalle declinazioni tipicamente “ctonie” e “vulcaniche”, la cui dirompente vis ottica (al contempo “esotericamente insulare” ed “essotericamente universale”) tuttavia mai rinnega, ma anzi conferma, l’incorrotto ruolo demiurgico dell’artista contemporaneo.

La mostra sarà visibile al Museo Riso di Palermo (corso Vittorio Emanuele 365) fino al 29 febbraio (la domenica, il martedì ed il mercoledì dalle 10 alle 20, il giovedì, il venerdì ed il sabato dalle 10 alle 24, chiuso il lunedì).

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