Meditazione su Gesù e la Samaritana (Gv 4,5-42) 16/3/2020
Meditazione su Gesù e la Samaritana (Gv 4,5-42) 16/3/2020
a cura di Padre Giacobbe Flavio D’Angelo, OFM Sicilia
Gesù è affaticato per il viaggio ed è mezzogiorno, il sole picchia sul suo capo, ha sete.
Dal contesto letterario del Vangelo di Giovanni si comprende chiaramente che il viaggio di Gesù non è un viaggio comune ma una missione salvifica. È il viaggio del Verbo di Dio che dal seno del Padre è disceso fra gli uomini per redimere l’umanità. È un lungo viaggio, pieno di fatica e di dolore e - ahinoi! - di triste incomprensione.
Gesù parla un linguaggio che tanto alla samaritana quanto ai suoi discepoli risulta incomprensibile: porta un’acqua che la donna non conosce; si nutre di un cibo che i suoi stessi discepoli ignorano.
Sebbene all’inizio del brano si dice che i giudei non hanno rapporti con i samaritani, alla fine di esso si scopre, paradossalmente, che sono proprio questi - non la donna incontrata occasionalmente al pozzo, non i discepoli stabilmente con Gesù - che riconoscono in Lui, giudeo, il salvatore del mondo.
La donna riconosce in Gesù un semplice profeta che, intuisce, potrebbe essere il Messia atteso. Ma neppure quando Gesù glielo conferma apertamente: "Sono io, che ti parlo", ella se ne convince del tutto! Tanto è vero che alla gente a cui si affretta a raccontare del suo misterioso incontro, pone l’evento sotto forma interrogativa: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?".
I discepoli dal canto loro, si rivolgono a Gesù chiamandolo semplicemente rabbi: "Rabbì, mangia!". Per loro Gesù è ancora un semplice maestro, del Quale neppure conoscono perfettamente la celeste missione: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete", risponde Gesù alla loro offerta di vivande. Ed è sorprendente prendere atto dalle stesse parole di Gesù quale sia questo cibo: "Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera". I discepoli, quindi, non conoscono al momento la vera missione del Figlio di Dio. Ignorano ancora l’opera che il Padre ha affidato al Figlio, inviandolo nel mondo.
I samaritani, invece, udite le parole di Gesù riconoscono da subito che questi è veramente il salvatore del mondo.
È il leitmotiv di tutto il Vangelo di Giovanni che risuona sin dall’ouverture del suo prologo:
- Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati (Gv 1, 9-13).
Riprendiamo ancora una volta da capo l’analisi del racconto evangelico e approfondiamo quanto già emerso.
Gesù chiede da bere alla donna incontrata al pozzo, ma la donna, meravigliata che Lui, uomo e per di più Giudeo, chiede da bere a lei che è samaritana, non gli porge l’anfora e gli lascia patire la sete. Dopo un lungo conversare, abbandona l’anfora ai piedi del pozzo e, senza neppure dissetarlo, va a raccontare di Lui alla sua gente. Gesù ancora assetato perde pure la fame e rifiuta il cibo che gli porgono i discepoli. I discepoli erano appena giunti e si erano meravigliati, essi pure come la samaritana, ch’Egli stesse a parlare con una donna, ma nessuno si mostra confidenziale con Gesù, e nessuno di loro osa porgergli alcuna domanda del tipo: "Di che cosa parlavi con lei?". Gesù si trova intimamente solo, assorto nel suo sguardo d’amore incompreso, sguardo che si perde nel vuoto d’una mancata corrispondenza. Suscita stupore attorno a Sé ma non affetto di vera carità. Ha chiesto da bere acqua naturale, ma avrebbe dato in cambio acqua soprannaturale. Non si è potuto dissetare al pozzo perché non aveva di come attingere e la donna, che l’anfora l’aveva, non si è preoccupata di metterla a suo servizio. Ma ciò che ancor più ferisce Gesù è la superficialità della donna che gli impedisce di dissetare quest’anima dell’acqua viva del suo divino amore. La donna, infatti, è rimasta impressionata che Gesù conosceva la sua vita privata costellata di falsi amori, ma non ha compreso nulla della sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna e che Gesù vorrebbe far scaturire dal suo cuore incapace di vero amore. Non solo l’estranea samaritana non comprende e non corrisponde all’amore di Gesù ma neppure gli intimi discepoli ne sono capaci. Gli offrono un cibo naturale, quando Egli vorrebbe banchettare con loro, consumando il cibo soprannaturale del compiere la Sua divina missione. I discepoli però non comprendono il Suo linguaggio e si domandano l’un l’altro: "Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?". Paradossalmente è la donna che in un certo qual modo compie la missione di far conoscere il Messia eppure ella stessa non lo riconosce. È Gesù stesso a svelare la sua triste ignoranza: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Allettata da tale promessa, la donna vorrebbe l’acqua viva di cui parla Gesù ma solo per evitare la fatica di dover tornare al pozzo ad attingere. Gesù, infatti, ha promesso: "Chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno". Ma se la samaritana non comprende nulla dell’acqua viva che Gesù le porta, lasciandolo nella desolazione, neppure i discepoli capiscono alcunché del cibo di cui Egli si nutre. Eppure, quale ardente desiderio anima Gesù di condividere coi discepoli questo Suo divino mangiare, consistente nel compiere l’opera del Padre! Dice loro Gesù: "Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica".
La samaritana desiderava l’acqua viva per evitare la fatica di dover tornare ad attingere dal pozzo, Gesù vorrebbe condividere coi suoi discepoli il cibo di cui Egli si nutre e che toglierebbe loro ogni fatica, ma al momento deve tristemente stringersi le spalle e dir loro: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".
Gesù si trova intimamente solo, assorto in un gravoso e penoso silenzio, con un nodo alla gola riarsa ed un palato asciutto che non gli permette di deglutire il pane che gli porgono. Ha parlato a lungo, tanto con la samaritana che con i suoi discepoli, ma è costernato per la drammatica consapevolezza di non esser stato compreso. Non si sono infiammati i loro cuori dopo averlo ascoltato. La donna lo lascia senza neppure offrirgli da bere, per tornare in fretta alle sue curiose chiacchiere fra la sua gente. Non pensa di certo a interrompere la sua illecita relazione col suo convivente. Fa propaganda allo strano profeta venuto dalla Giudea ma non ha certo intrapreso la strada per diventare, secondo l’insegnamento di Gesù, una vera adoratrice del Padre in spirito e verità. I discepoli, poi, brontolano perché Gesù non vuole mangiare; non comprendono che Egli ha ben altro cibo a cui pensare. A confortare Gesù di questa sua triste ed intima pena non sono, quindi, né la donna incontrata occasionalmente al pozzo né i suoi discepoli stabilmente con Lui. Egli ha parlato a lungo con loro eppure non lo hanno compreso e corrisposto appieno. Non si sono resi conto chi è davvero Colui che gli parla: non un semplice profeta, non un semplice maestro ma, molto di più, il salvatore del mondo! Al contrario, a credere da subito a questa verità su Gesù e ad entrare sin d’ora in piena comunione col Figlio di Dio sono i lontani samaritani, i quali non si sono potuti basare solo sull’incerta e vaga testimonianza della loro concittadina, né hanno potuto credere per l’annuncio dei discepoli, che pur destinati all’apostolato non conoscono ancora pienamente la missione di Gesù. I samaritani pervengono alla vera fede, quindi, solo dopo aver udito direttamente la parola dell’Inviato del Padre.
Leggiamo a conclusione del brano:
- E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
La donna e i discepoli al pozzo di Giacobbe, i samaritani a Sichem, alle falde del monte Garizim, tutti hanno udito la parola di Gesù eppure non tutti hanno creduto allo stesso modo. La donna comprende di Gesù che è un profeta, forse il messia. I discepoli lo seguono da tempo, lo hanno preso a maestro di vita eppure ancora non sanno tutto ciò che di Lui devono sapere. Ci viene riferita la parola che Gesù rivolse alla donna e quella data ai discepoli, non ci viene detto nulla su cosa Gesù disse ai samaritani nei due giorni di permanenza fra loro eppure di questi e non dei primi si dice che udirono e seppero che Gesù è veramente il salvatore del mondo: hanno accolto da subito e perfettamente compreso la testimonianza del Figlio di Dio. Testimonianza del Figlio di Dio, di cui pure Giovanni battista aveva parlato chiaramente. Leggiamo al riguardo ciò che si trova nei versetti immediatamente precedenti al brano in esame:
- Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza; chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero. Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui (Gv 3, 31-36).
La donna, i discepoli, i samaritani: tutti hanno udito la parola di Gesù eppure non tutti ne hanno accettato la testimonianza, non tutti hanno creduto allo stesso modo. Se allarghiamo il cerchio di osservazione a tutto il vangelo si scopre che tutti, ma proprio tutti, hanno udito Gesù. Gesù, infatti, ammaestrava le folle in pieno giorno. Eppure non solo fra la gente ci fu chi credette in un modo e chi in un altro, ciascuno a modo proprio, ma ci furono pure di quelli che non credettero affatto. E persino fra i discepoli di Gesù, apprendiamo dallo stesso vangelo di Giovanni, vi furono di quelli che non credettero in Lui. Ascoltiamo al riguardo uno stralcio del capitolo 6, dove Gesù, come nel nostro brano, torna a parlare di cibo e di bevande salutari che sono la Sua stessa vita:
Gesù disse:
- In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui (Gv 6, 53-66).
Veniamo alla conclusione di questa meditazione e applichiamo a noi stessi quanto appreso: si può credere come si può non credere; si può credere veramente o non credere affatto; credere rettamente o credere erroneamente. Interroghiamoci, dunque: che tipo di credenti o non credenti siamo?
Chiediamoci: stiamo forse vanificando come la samaritana l’appassionato amore che Dio mostra per noi ed ogni suo tentativo di salvarci?
Stiamo forse mortificando la divina aspirazione che vuol trasformarci in veri adoratori del Padre in spirito e verità?
Stiamo forse indurendo il nostro cuore, respingendo il dono dello Spirito Santo?
Come la samaritana ci piace ascoltare Gesù, lasciarci scrutare dentro, sorprenderci che Egli conosca il nostro peccato prima ancora di parlargliene, ma non vogliamo ancora rompere con esso?
Giovanni il battista nella sua predicazione metteva in guardia con queste parole:
- Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui (Gv 3, 36).
Credere significa osservare i comandamenti. Così scrive l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera:
- Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato. (I Gv 3,6).
È così che ci stiamo comportando nella nostra vita, secondo l’insegnamento e le opere di Gesù? Oppure come i discepoli del brano esaminato, pur seguendo Gesù, ignoriamo ancora l’opera del Padre?
Dio cerca veri adoratori, non falsi! E i veri adoratori adorano in spirito e verità! Ci lasciamo giudicare dalla verità o preferiamo illuderci con noi stessi, lasciarci ingannare dalla menzogna e continuare a condurre una doppia vita? Ricordiamo le chiare parole di Gesù al riguardo, che toccano proprio noi, che pure ci diciamo cristiani e operiamo per questo nel nome di Cristo:
- Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità (Mt 7, 21-23).
Ecco, ora è ancora il momento favorevole per fare entrare Gesù nella nostra vita e poterla cambiare per davvero! Rimandare a dopo potrebbe essere troppo tardi!
Questo periodo quaresimale è certamente propizio per rivedere la nostra vita, magari ricorrendo più frequentemente al Sacramento della Confessione per non essere rinnegati da Cristo nel giorno del giudizio! Ora è il tempo di convertirsi e ricevere in noi lo Spirito Santo che solo può purificare e illuminare la nostra vita facendoci una volta per tutte aborrire il peccato e farci essere veri discepoli di Gesù!
Come leggiamo nel Salmo, se oggi ascoltiamo la sua voce, non induriamo il nostro cuore (cfr Sal 94).
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