E se l'Italia l'avesse unita Napoleone? Partendo dalla Sicilia...16/4/2020

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E se l'Italia l'avesse unita Napoleone? Partendo dalla Sicilia...16/4/2020

di Giovanni Curatola

Si chiama tecnicamente ucronìa. E’ la fanta-storia, un filone narrativo che descrive, ovviamente immaginandole, le conseguenze di un evento storico realmente accaduto ma con finale opposto, o quantomeno alternativo, a quello che ha avuto nella realtà. Insomma, un gioco a metà fra il romanzo storico e la fantascienza, che si diverte a ipotizzare e descrivere cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente.

Uno dei tasti più dibattuti dagli autori ucronici riguarda l’ipotesi che la Germania avesse vinto, e non perso, la II° guerra mondiale. La nostra idea al riguardo spazza da subito ogni ucronia, perché, contro la potenza economica degli americani e militare dei sovietici unite com’erano, la Germania non avrebbe mai avuto la possibilità di vincere, neppure tenendosi alleato il Giappone. Hitler avrebbe potuto spuntarla solo in caso di rottura dell’alleanza USA-URSS, cosa che difatti sperò fino all’ultimo. Ma le democrazie occidentali, anziché smettere di combattere i tedeschi ed anzi armarli in vista di una lotta comune al comunismo, preferirono mantenere fino all’ultimo l“innaturale amicizia” con Stalin, salvo poi ammettere dopo il 1945 di aver “ammazzato il poco sbagliato” e doversi preparare alla Guerra Fredda. Stop.

L’aspetto ucronico su cui il prolungarsi della permanenza forzata a casa per covid-19 ci consente di scrivere e fantasticare oggi riguarda invece Napoleone. Cosa sarebbe successo se a Waterloo quel 18 giugno 1815 avesse vinto lui? Probabilmente nulla: avrebbe solo aggiunto un capitolo al suo libro di successi militari, ma sarebbe stato sconfitto alla successiva battaglia poco dopo. L’esercito russo e quello austriaco erano già in marcia per unirsi a inglesi e prussiani, tutti fermamente decisi a far fuori l’imperatore francese per dar corso alla restaurazione dell’Europa così come stabilito al Congresso di Vienna. Escludendo pertanto tassativamente eventuali rotture dell’alleanza militare europea contro Napoleone, restava un’unica ipotesi per cui egli avrebbe potuto mantenere il trono dopo un’ipotetica sua vittoria a Waterloo (cosa che stava peraltro avvenendo se i prussiani non fossero arrivati in tempo, sul far della sera, sul campo di battaglia). Va infatti ricordato, o segnalato a chi sconosce il fatto, che non appena tornato a Parigi dopo la fuga dall’esilio sull’Isola d’Elba, Napoleone si affrettò a tranquillizzare subito le altre potenze europee di non nutrire più fini bellicosi verso chicchessia, e che avrebbe accettato per la Francia i confini decisi al Congresso di Vienna, senza alcuna rivendicazione o velleità di riconquista.

E separiamoci qui dalla realtà per addentrarci su un sentiero ucronico. Ammettiamo che Inghilterra, Austria, Russia e stati tedeschi (Prussia e Baviera), incassata un’ipotetica sconfitta di Waterloo avessero voluto dar credito ai propositi pacifici di Napoleone e avessero trattenuto i loro eserciti sul confine francese (data la sproporzione a loro vantaggio rispetto ai soldati francesi, avrebbero potuto d’altronde marciare su Parigi in qualunque momento). Siamo nel 1815, Napoleone ha 46 anni e le sue garanzie di pace sono sempre mantenute. Così, rassicurata ma sempre vigile, l’Europa non interferisce nel suo regno, che come ai tempi dell’Impero ritrova una buona amministrazione, un eccellente ordine sociale, laboriosità e sviluppo. Gli anni passano, la Francia sotto Napoleone ovviamente non vive né la restaurazione dei Borbone (Luigi XVIII e Carlo X), né la rivoluzione del 1830 che porta al potere Luigi Napoleone, nipote di Bonaparte e salito al trono col nome di Napoleone III. La Francia non conosce nulla di tutto questo, ma un periodo di pace e prosperità interna, con Napoleone che invecchia accreditandosi sempre più, oltre che illuminato statista in politica interna, come nuovo, affidabile e pacifico partner internazionale.

Il velo di ostilità e diffidenza verso di lui a poco a poco cade, e la Francia è inserita a pieno titolo nel consesso delle grandi potenze europee. E in quanto tale, si fa promotrice intorno al 1840 dell’unità… d’Italia, che così è anticipata di 3 decenni rispetto a ciò che avvenne in realtà, e che si compie così nell’orbita non degli inglesi (che come noto foraggeranno in ogni modo i Savoia nel loro processo unitario), bensì proprio di Napoleone, quasi mezzo secolo dopo le repubbliche Cispadana e Cisalpina da lui fondate. A differenza di Napoleone III (protettore dello Stato Pontificio e che in questo fanta-racconto diamo per scontato non sia mai esistito), il Bonaparte ha ben pochi scrupoli e reverenza verso il Pontefice. Ha tuttavia molta stima dei siciliani, che a inizio secolo avevano fatto capire a chiare lettere di preferire Giuseppe Bonaparte e Murat (che assicuravano all’Isola più autonomia da Napoli) ai Borbone, accolti male quando erano fuggiti da Napoli per riparare (cosa vera) a Palermo.

In virtù anche dei numerosi rapporti commerciali sviluppatisi negli ultimi decenni, e dell’appoggio di quella stessa aristocrazia e quella certa manovalanza mafiosa che nella realtà  appoggerà Garibaldi, la Francia fomenta la ribellione del Regno delle Due Sicilie. Non potendo esporsi in prima persona, Napoleone appoggerà l’insurrezione dei siciliani e la cacciata dei Borbone inviando un valoroso generale, Giuseppe Garibaldi, che assumerà il comando del Regno. Per il generale corso, da mangiapreti qual è, l’occasione sarebbe propizia per invadere il debole Stato Pontificio, ma ciò creerebbe un incidente diplomatico non da poco anche col forte Stato cattolico che appoggia il Papa: l’Austria. Si dovrà aspettare il 1847, anno in cui gli Asburgo cadranno in disgrazia in virtù di una guerra persa con Russia e Turchia per il predominio sull’area danubiana, perché il Regno del Sud di Garibaldi, sempre spalleggiato dalla Francia, ponga fine allo Stato Pontificio, incamerandolo. A questo punto, all’unità d’Italia per la quale si risvegliano nel popolo passioni antiche e fiducia indiretta in Napoleone, manca solo il Nord. O meglio, solo l’area lombardo-piemontese, visto che il crollo dell’Austria ha indotto Veneto, Trentino e Venezia Giulia ad alzare la testa. Di fronte alla prospettiva di un’autonomia fragile e senza appoggi internazionali, quell’area nord-orientale d’Italia preferirà per via referendaria aderire ad un’Italia ormai quasi del tutto unita.

Manca solo il Regno di Sardegna, che nel 1848 verrà sconfitto militarmente e infine annesso. L’Italia dunque, nel 1848, è unita. Napoleone, ormai 79enne, abdica per vecchiaia e stanchezza, dopo aver fatto in tempo a risalutare mezzo secolo dopo il tricolore italiano bianco-rosso-verde che aveva messo a bandiera della sua Repubblica Cisalpina. Morirà poco dopo, lasciando una Francia, pacifica e promotrice dell’unità italiana. Su pressione dell’Inghilterra, invidiosa del sorgere di questo nuovo stato filo-francese in mezzo al Mediterraneo e ansioso di contro-bilanciarne l’influenza, la neonata Italia lentamente si staccherà dall’influenza transalpina, e giocando sulla rivalità politica, diplomatica e commerciale in atto tra Francia e Inghilterra, riuscirà a ritagliarsi un discreto spazio di autonomia nel nuovo consesso internazionale e ad eleggere rappresentanti indipendenti da influenze straniere. E a riottenere, per i propri musei, quella “Gioconda” che non la Francia rubò all’Italia, ma che Leonardo stesso aveva portato con sé a Parigi oltre 300 anni addietro. E che Napoleone stesso (anche questa è storia vera) volle per tanti anni nella sua camera da letto.

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