8/7/82 - Una scintilla nella "notte di Siviglia"6/7/2021
8/7/82 - Una scintilla nella "notte di Siviglia"6/7/2021
di Giovanni Curatola
Il Mondiale di calcio del 1982 fu per chi scrive il primo, vero approccio al mondo del pallone. Prima di allora, solo sporadici servizi in tv (ancora rigorosamente in bianco e nero) e spezzoni di trasmissioni infrasettimanali sul Palermo. Poca roba, timidi antipasti. Il 30 maggio di quell’anno, ad esempio, ricordo bene il servizio di “90° minuto” di un Palermo-Reggiana che iniziò e finì con le immagini delle fiamme appiccate sugli spalti dai tifosi infuriati e delusi, dopo che l’1-1 finale spense le residue speranze di promozione in A dopo un campionato strepitoso. Un mese dopo, altro fuoco. Non di piccoli falò allestiti da tifosi, stavolta, ma della passione per il mondo del pallone che da allora non mi lascerà più, e che andrà costantemente e strettamente ad intrecciarsi con fasi ed episodi di vita personale. Il Mundial spagnolo, e soprattutto il modo con cui l’Italia lo vinse, segnarono in pratica la fine della mia infanzia, perché quando a settembre tornerò a scuola (I° media), avrò altri compagni, altri maestri, altri interessi e nuovi amichetti. Stessa cosa che accadrà 8 anni dopo, quando “Italia ‘90” segnerà la fine dell’adolescenza, e con essa del liceo, proiettandomi nella maggiore età, in nuove amicizie e in un mondo ancora tutto nuovo. Mondiali spartiacque, insomma. Motivo in più per ricordarli.
Inizia il Mundial spagnolo
Tornando al Mundial del 1982, iniziò a giugno senza che ne fossi molto consapevole. Avevo 10 anni. Della prima fase ricordo poco, se non i commenti in famiglia e dal giornalaio. Sapevo che il Brasile era fortissimo e segnava gol a grappoli, che la Spagna padrona di casa era scarsa ma aiutata dagli arbitri. Ricordo spezzoni di un Inghilterra-Francia vista a Mondello a casa di amici dei miei e la voce di mio zio che mi chiamava ripetutamente, mentre giocavo a subbuteo in un'altra stanza, per farmi vedere i gol di un’Ungheria-El Salvador finita 10-1. L’Italia non la vidi, ma da vari commenti intuivo che giocava male e non era gran cosa. Della seconda fase del torneo ho ricordi più nitidi. Di Italia-Argentina seguii solo la parte finale per un precedente litigio con la mamma, di Italia-Brasile vidi invece solo il primo tempo, per impegni già presi in parrocchia, ma il clima festoso mi contagiò sulla via del ritorno, quando cortei di macchine a clacson spiegati mi passavano accanto festeggiando la strepitosa e inaspettata vittoria azzurra.
La notte di Siviglia
Giovedì 8 luglio fu poi il giorno delle semifinali. Di pomeriggio l’Italia batté comodamente la Polonia 2-0 (pura formalità dopo aver sconfitto i semidei brasiliani) ma fu di sera, nel lettone di mamma dove quella notte dormii per assenza di papà, che scattò in me un’altra scintilla… pallonara. Non proprio come quella azzurra, ma anch’essa abbastanza intensa. Assistendo (all'inizio da spettatore neutrale) all’interminabile e combattutissima semifinale fra Germania Ovest e Francia (un'autentica battaglia senza esclusione di colpi, che sarà ricordata dai calciofili di tutto il mondo come “ la notte di Siviglia”), arrivai col passare dei minuti ad ammirare, fin quasi all'estasi, quei rudi e fieri panzer tedeschi in maglia bianca e con l’aquila nera sul petto. Granitici e mai domi, pur passati in svantaggio per 3-1 durante i supplementari trovarono ancora la forza di ribattere colpo su colpo gli affondi transalpini di monsieur Platini , di pervenire al pareggio (con doppietta di Rummenigge) e infine di sbattere fuori la Francia in un'altrettanto drammatica sequela di rigori. Forza e caparbietà tutte teutoniche, prussiane. Sudore e phatos che impongono, come difatti imposero, stupore e ammirazione. Anche mia madre, notoriamente disinteressata al calcio, apprezzò il grande spettacolo in campo di quella sera.
Finali azzurre e tedesche
La mia simpatia per la nazionale tedesca, scoccata quell'8 luglio, fu ovviamente messa da parte 3 giorni dopo, giorno 11, quando proprio con la Germania Ovest l’Italia giocò (e vinse) la finale di quei Mondiali. Ma da allora riaffiorerà puntuale ad ogni manifestazione internazionale (sempre a patto di non avere contro gli Azzurri). Già a partire dall’Europeo del 1984, e soprattutto del Mondiale 1986 in Messico, quando Rummenigge e soci faranno nuovamente fuori in semifinale la Francia per poi perdere di misura la finale contro l’Argentina di Maradona, anche lì dopo aver rimontato tenacemente 2 reti. Altra curiosità: quel giorno i panzer giocarono in maglia verde, colore della seconda tenuta tedesca scelto tanti anni prima in onore dell’Irlanda, prima squadra nazionale ad accettare di giocare una partita amichevole con la Germania dopo i lutti e i disastri della II° guerra mondiale. La sconfitta in Messico, infine, sarà vendicata dai tedeschi 4 anni più tardi a Roma, sempre in finale mondiale e sempre contro l’Argentina. Mai rigore inventato fu per me tanto benedetto come quello: vedere piangere Maradona, quel furbastro che aveva giocato psicologicamente sporco prima della semifinale per poi eliminarci immeritatamente sul campo, non avrà prezzo. Per la Germania, ultima volta solo Ovest, sarà invece il terzo successo mondiale, giusto 3 mesi prima la riunificazione con l’Est. Ma questa è un’altra storia…che rimandiamo a sedi più geopolitiche che pallonare.
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