Il teatro di Davide Giandrini4/11/2021
Il teatro di Davide Giandrini4/11/2021
di Roberto Dall’Acqua
Ho visto Davide Giandrini recitare a teatro e sono rimasto stupefatto. Un grande attore che mi ha folgorato per la sua presenza scenica, la sua dizione, il suo modo di essere. Una persona di grande professionalità e cultura. Gli abbiamo chiesto di raccontarci i suoi spettacoli.
Cosa ti guida nella scelta dei tuoi spettacoli?
Sono diversi anni che mi interessa approfondire il tema del padre, dove con la parola “padre” non intendo solo quello biologico, ma una ricerca del senso profondo delle cose tutte.
In particolare nell’ultimo periodo ho scoperto che scrivo spesso di come la “ferita” possa essere l’inizio di un compimento. Questo per me è interessante, certo dipende dalla serietà con la quale la si affronta la propria ferita.
E’ questo il filo conduttore che lega gli ultimi lavori? Il racconti prima su mia Martini e adesso su Abdon Pamich.
Proprio così, la storia di “Mimì” è una storia molto ricca in questo senso. E’ davvero una donna che ha dovuto portare sulle proprie spalle diverse ferite: la separazione dei genitori, l’iniziale difficile rapporto con il padre, e soprattutto la “maldicenza” che le hanno costruito intorno, e che per molti anni ha ostacolato in maniera grave la sua attività artistica. Pero, da questi dolori, la sua umanità fatta di dolcezza, di forza e rabbia, unita al suo talento, le ha permesso appunto di compiersi, di realizzarsi. Di diventare quello per cui sentiva di essere nata, una delle più grandi, se non forse la più grande, interprete italiana. E’ una storia preziosa quella di “Mimì”, di fronte alla quale è difficile non commuoversi e volerle bene.
Dicevi che anche in Pamich trovi questo filo conduttore?
Immagina un ragazzino che nel 1945 a tarda sera, insieme al fratello, scappa dalla sua amata Fiume - attuale Rijeka - e percorre di notte cinque chilometri tra il buio dei binari tra una stazione e l’altra per scappare dall’invasione dei “titini” e cercare un posto più sicuro dove vivere. Un ragazzino di tredici anni! Che poi vive da una città all’altra per alcuni anni, fino a ricongiungersi con tutta la famiglia nel 1952. Un’esperienza così drammatica, o ti schiaccia, oppure fa emergere una tempra, una volontà che ti chiede di realizzare qualcosa di importante. E infatti, qualche tempo dopo Pamich vince la medaglia d’oro nella faticosa disciplina della marcia, poi una serie di altri titoli nazionali e internazionali, che e fanno uno degli sportivi italiani più premiati di sempre. E’ una storia drammatica e splendente. Con un finale braccia la cielo!
Dove vedremo questi spettacoli?
Per quanto riguarda “Come un fiore raro”, la storia di Mia Martini, ci sono in novembre una decina di repliche, e poi lo riprenderemo in primavera. Invece “La grande storia di Abdon Pamich” sarà disponibile da febbraio del 2022 per scuole e teatri. Tutte le date, sempre in aggiornamento, si trovano al sito www.davidegiandrini.it.
Hai in mente altri personaggi e altre storie da raccontare?
Adesso sono dentro la scrittura del lavoro sulla figura di Pamich che mi occupa quasi a tempo pieno. Per il futuro, parlo dunque dalla primavera/estate 2022, mi piacerebbe fare un lavoro sul fiume, in particolare sul Po. Ci sono delle storie selvatiche e bellissime intorno al nostro grande fiume… e poi, simbolicamente è proprio “il divenire della vita”. Essere nel fiume è anche la capacità di lasciarsi portare da quello che la realtà suggerisce, senza cercare di irrigidirci troppo sulle nostre idee con la nostra, troppo valorizzata, volontà.
Un ultima cosa, e il cabaret-canzone?
In estate, come sempre, riprenderò il mio “Gaber Jannacci”. Uno spettacolo comico musicale dedicato a due grandi Maestri che ho avuto occasione di conoscere e frequentare. E’ un lavoro che porto in giro da molti anni con band, oppure voce chitarra, che mi diverte, e sembra divertire, moltissimo.
https://davidegiandrini.it
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