di Roberto Dall'Acqua
- Antropologia, mitologia e religioni nel mondo classico. Perché studiarle e raccontarle?
Un approccio antropologico e storico-religioso alla cultura antica credo sia molto importante per capire non solo il mondo dei greci e dei romani, ma anche per ragionare sulla contemporaneità, togliendo un po’ di polvere del tempo al passato e andando in cerca non delle nostre radici, ma di un modo antico e insieme nuovo di pensare alla realtà, alla storia, alla cultura. Qual era il rapporto degli antichi con la religione, come immaginavano se stessi in relazione agli altri, ma anche al proprio corpo, ai grandi passaggi della vita: la nascita, la crescita, il matrimonio, la morte? Come vedevano la vecchiaia, la bellezza, la paura dell’Aldilà? Come combattevano, come si amavano? Questo forse ci può anche aiutare a salvare l’antichità classica dal rischio di un naufragio già parzialmente in atto, soprattutto negli atenei statunitensi, dove la cancel culture taglia reti e legami preziosi fra il contesto storico e la letteratura, fra la realtà e gli autori che in quella realtà sono nati e hanno composto poesie, trattati, opere storiche e filosofiche.
- In “Saffo, la ragazza di Lesbo”, descrivi una poetessa più incline a scrivere versi di guerra che d’amore?
In realtà quel che provo a dire attraverso “La ragazza di Lesbo” è che Saffo parlava d’amore evocando anche il mondo della guerra e del conflitto che le era tanto familiare come a tutti i suoi contemporanei.
- Nel VII sec. a. C. - nel mondo ellenico - vi era un’etica sessuale differente rispetto a quella dei nostri giorni?
Non parlerei neppure di etica: per gli antichi greci e romani non si trattava veramente di scegliere. Ci si amava, scegliendo l’oggetto dell’amore a seconda dei momenti della vita e dei contesti. Questo non significa che la cultura antica non fosse molto tradizionale, anche per quel che riguarda i comportamenti legati alla vita sessuale: semplicemente a nessuno sarebbe venuto in mente di etichettare l’altro o se stessi come omosessuale o eterosessuale. Non faceva parte del loro modo di stare al mondo.
- La vita misteriosa di Saffo ha contribuito, in definitiva, a rendere immortale la sua poesia?
Forse un po’ è così, anche se la poetessa di Lesbo non è la sola a essere sopravvissuta fino alla contemporaneità circondata dai fantasmi. È stata una leggenda, fin da subito, una pop star, e intorno a lei si è stretto un mondo di esperienze artistiche e letterarie straordinario, capace di traghettarla fino a noi, restituendoci di lei un’immagine remota e sempre nuova nello stesso tempo.
- C’è un filo rosso che lega tutti i tuoi libri?
È il mito a dettare spesso il ritmo della mia scrittura, in particolare i racconti legati alle donne e all’universo femminile in genere.
- Il tuo ricordo, personale o professionale, più emozionante.
Su questo tema fatico a dare una risposta: chi fa il mio mestiere si nutre di emozioni e vive, di fatto, nel ricordo di quel che è stato.
- Alejandro Jodorowski afferma: <<Il tempo asciuga il superfluo e conserva l’essenziale>>. Che ne pensi?
Penso che vorrei poter sempre dare ragione a Jodorowski. A volte è vero: il tempo conserva l’essenziale, come quei tappeti logori e bellissimi delle case dei nonni. A volte, invece, e questo accade quando dimentichiamo, sul serio, il passato diventa terreno di caccia per una rilettura ideologica di quel che è stato e finiamo per proiettare sui giorni di ieri un film che appartiene invece esclusivamente all’oggi.
- Come vedi il tuo futuro? Obiettivi personali e professionali.
Gli obiettivi personali sono sogni e in quanto tali vanno tenuti segreti, come i voti della notte di San Lorenzo. Il mio orizzonte professionale invece spero conterrà anche nel futuro la possibilità di insegnare, studiare e scrivere di quel che amo.
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