Quel borgo rurale del ventennio che in Sicilia fa eccezione...23/8/2022
Quel borgo rurale del ventennio che in Sicilia fa eccezione...23/8/2022
di Giovanni Curatola
Sulla scia di quanto era già avvenuto negli anni precedenti soprattutto in Agro Pontino e in Libia, nel duplice obiettivo, sociale da un lato (elevare una larga fetta di classe contadina a proprietaria terriera) ed economico dall'altro (espandere la superfice coltivabile della nazione per renderla meno dipendente dall’importazione di grano e di altre materie prime dall’estero), alla fine degli anni ‘30 il governo fascista iniziò ad applicare anche in Sicilia la stessa politica rurale, denominandola con la legge 2/1/1940 “assalto al latifondo”. La gestione qui non fu affidata, come in Agro Pontino o altrove, all’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti), bensì al neonato E.C.L.S. (Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano, che nel dopoguerra diverrà E.R.A.S., Ente per la Riforma Agraria in Sicilia). Il regime, che già in precedenza aveva bonificato in Sicilia l’area lacustre e paludosa dove fece nascere Pergusa, quella di Lentini e quella di Siracusa, ora fra il 1939 e il 1940 tramite l’E.C.L.S. fonderà, in ognuna delle provincie dell’Isola, (all'epoca erano 8) altrettanti piccoli borghi rurali, destinati ad accogliere 1.500 persone ciascuno e a fungere da centro di servizi del futuro appoderamento delle aree circostanti. Come altrove, questi borghi si concentravano tutti sulla piazza centrale, dove si affacciavano la Chiesa con canonica, la Casa del Fascio, la Caserma dei Carabinieri (o della Milizia), l’Ambulatorio, la Scuola Rurale, una trattoria, uno spaccio, una farmacia, gli uffici dell’E.C.L.S., una fontana pubblica e (ma non in tutti) il dopolavoro e un piccolo ufficio postale. Porticati ad archi e forme razionaliste degli edifici ne segnarono, qui come altrove, l’architettura.
Alle famiglie di coloni furono destinati i poderi dei dintorni, tutti con servizi, stalla con animali e deposito attrezzi, riscattabili anche qui in 10, 15 o 20 anni. Questi borghi furono intitolati alla memoria di medaglie d’oro al valor militare o a martiri fascisti. I primi 3, costruiti nel 1939, furono Borgo Schirò (Palermo), Gattuso (Caltanissetta) e Lupo (Catania). Nel 1940 sorsero Borgo Bonsignore (Agrigento), Fazio (Trapani), Cascino (Enna), Giuliano (Messina) e Rizza (Siracusa). Successivamente, in piena guerra mondiale, furono realizzati altri 7 borghi, mentre altri 35 vennero pianificati o iniziati parzialmente. Lo sbarco alleato del ’43 porrà poi fine a questo processo (l'"assalto al latifondo" resterà una grande incompiuta) che nel dopoguerra non solo non riprenderà più, ma vedrà anzi abbandonati quasi tutti questi borghi rurali, che diverranno “fantasma”). L'incuria li rovinerà quasi tutti, lasciandone cadere o lesionare gli edifici, che verranno inglobati spesso dalla vegetazione incolta circostante.
Fra i pochi che fanno eccezione a tale degrado, c’è Borgo Bonsignore, che pur con qualche inevitabile manipolazione urbanistica resta uno dei migliori esempi di buona conservazione dei borghi rurali siciliani costruiti in età fascista. Oggi è una frazione del comune di Ribera (Agrigento) e conta 51 abitanti (d’estate, coi turisti attratti dal mare vicino, salgono a oltre 200). Dopo i lavori di inizio 1940 (prosciugamento, dissodamento e trasformazione dei terreni fin lì incolti e adibiti a pascolo a nuovi oliveti e vigneti, nascita di nuove strade interpoderali, di un acquedotto, canali d'irrigazione e case coloniche per i contadini) alcune famiglie di Ribera decisero di trasferirvisi. Così il 10 dicembre 1940 l'E.C.L.S. inaugurò ufficialmente il borgo, che venne intitolato ad Antonio Bonsignore, capitano dei Carabinieri di Agrigento, medaglia d'oro al Valor Militare caduto in combattimento in Africa Orientale nel 1936 (gli sono oggi dedicate alcune caserme dei Carabinieri, fra cui quella principale di Palermo, una a Roma, quella di Messina e quella di Predappio). Progettista del borgo fu l'ingegnere Donato Mendolia, impresa costruttrice fu la Ferrobeton.
Vi furono subito inviati con l'obbligo di residenza lì un medico, una levatrice, un ufficiale dei Carabinieri con un sottoposto e 2 camicie nere della Milizia. Delegato comunale e gestore di spaccio e farmacia e maestro di scuola faranno invece i pendolari da Ribera. Nel 1943, con gli americani praticamente già quasi alle porte, vennero inclusi nel Borgo anche le terre degli ex feudi di Cuci-Cuci, San Pietro della Palma e Giardinello. Gli abitanti, che nel 1940 erano quasi 150, arrivarono a diventare così circa 600. Ma il borgo non raggiunse mai i 1.500 sperati. Anzi, nel dopoguerra fu quasi del tutto abbandonato, per essere riabitato nuovamente negli anni ’60, dopo 2 interventi di manutenzione straordinaria per il ripristino dal degrado degli edifici.
Oggi la piazza, ogni fine agosto, vede gli abitanti non solo festeggiare con una processione e giochi d'artificio S.Pietro (patrono di Borgo e a cui è intitolata la chiesa) ma anche, non di rado, organizzare spettacoli, serate danzanti e cinema sotto le stelle. Delle origini del luogo, i turisti e bagnanti che frequentano il Borgo sanno ben poco, tranne i più sensibili all'architettura che possono ricollegarle agli archi e all'ambiente metafisico creato dagli edifici della piazza. Per il resto, non c'è più nessun fascio a ricordare il passato, ma solo due lapidi: quella della scuola rurale e quella dell'E.C.L.A.S., sopra il balcone dell'ex torre littoria. Storia e architettura cedono il passo al bel mare, ed è anche comprensibile che sia così, visto che in fondo è soprattutto questo richiamo a tenere ancora in vita questo Borgo. Le cui spiagge, infatti, sono ormai stabilmente inserite nella “Guida Blu” di Legambiente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it