A TEATRO CON MASSIMO BONETTI
08 August 2019
Raffaella Bonora Iannece
Attore e regista romano, celebre per le sue interpretazioni in Storia d’amore e d’amicizia, La piovra, Kaos, Le vie del Signore sono finite, Giovanni Falcone, La notte di San Lorenzo, Ultimo minuto, La Squadra e, fra gli ultimi girati, ricordiamo Nessuno si salva da solo e Il mondo di mezzo. Avete capito di chi stiamo parlando? Ovviamente di Massimo Bonetti, attore la cui esperienza davanti – e qualche volta anche dietro – la macchina da presa è stata lunga, ricca e variegata. La sua carriera brillante è iniziata davanti ad un bar, quando prese parte all’ Ivanhoe il normanno come comparsa, era il 1974 e pagavano quattromila lire al giorno. Dopo i primi anni di gavetta sono arrivati gli spettacoli teatrali con Strehler, cinema d’autore, fiction. Ma com’è Bonetti dal vivo, quando ve lo ritrovate seduto accanto, in un locale? Grande capacità di sdrammatizzare, un uomo senza peli sulla lingua, sagace, ironico quanto basta, alla mano, un cavaliere col sorriso sempre pronto, disponibile e gentile anche ad ora di cena.
Questo luglio è stato ospite della rassegna teatrale indipendente Treatri, ad Eboli, per l’ultimo spettacolo in concorso, ed ho avuto il piacere, ma soprattutto l’onore, di poterlo conoscere e fargli qualche domanda.
- Ricorda ancora il suo primo incontro col cinema e il momento in cui ha detto “voglio fare questo da grande”?
In verità io non volevo fare questo da grande, è nato tutto in maniera casuale, hanno deciso gli altri per me. Una volta dentro, però, ho saputo apprezzare e ho pensato “beh, se mi chiamano, se mi danno queste opportunità vuol dire che hanno ragione loro” e per questo sono andato avanti.
- Ha lavorato con grandi registi, fra i quali Pupi Avati, o il grande Strehler. Uno dei tanti che ricordiamo è “Le vie del Signore sono finite” con Massimo Troisi. Che ricordi ha di quel periodo e quali collaborazioni le sono rimaste più impresse, soprattutto sulla la grande amicizia con Massimo?
Di Massimo ho ricordi stupendi della nostra amicizia, la pellicola girata insieme non fa altro che rimarcare la semplicità della recitazione, la naturalezza, non mettersi davanti alla macchina da presa con atteggiamenti finti, falsi e quindi vivere le situazione, perché sul set bisogna vivere davvero quella che accade, devi dimenticarti della macchina da presa che ti riprende. Questo è sicuramente ciò che ricordo di più, come esperienza. Massimo, poi, è stato un amico meraviglioso, per dieci anni abbiamo fatto di tutto e di più, pranzi, cene, fidanzate in comune, un sacco di cose.
- Da attore ha deciso poi di sedersi dietro la cinepresa, di essere regista con “La Settima onda”…
“La settima Onda” è la mia opera prima, ho avuto il piacere di dirigere attori come Alessandro Haber, Valeria Solarino, Francesco Montanari e tanti altri. È stata una bella avventura tant’è che a Novembre girerò il mio secondo film, “Silent Moon - luna muta”, io sarò protagonista e regista. È la storia di un padre e di una figlia ventenne, un racconto drammatico secondo me molto interessante.
- Un artista del suo calibro riesce a scegliere fra regia e recitazione?
Io nasco attore e morirò attore, la regia è una curiosità che ho voluto soddisfare. C’ho preso gusto e voglio andare avanti.
- Lei ha fatto tanto cinema però grazie alle fiction ha raggiunto il successo entrando nelle case di tutti gli italiani. Quali sono le più grandi differenze che ha notato fra l’impegno per una fiction, e quello cinematografico?
La fiction ci aiuta a pagare le bollette, perché raramente nelle fiction si respira arte, sono confezioni che lasciano il tempo che trovano però ben pagate, un attore vive di recitazione e l’arte non la trovi a tutti gli angoli, anche se di tanto in tanto la si incontra lavorando per questi grandi come Pupi Avati, Troisi, Taviani, Strehler, tutti quei registi che io ho avuto modo di conoscere e di lavorarci, per mia fortuna. Gli unici lavori che mi porto dentro, artisticamente in Rai sono “Storia d’amore e d’amicizia”, la partecipazione a “La Piovra” e “La squadra”. Quest’ultimo è vero che è stato un serial televisivo però è stato di grande dignità, di grande forza popolare e quindi non possiamo parlare di fiction di cartone, i nostri cuori palpitavano e palpitavano i cuori del pubblico.
- C’è un ruolo che avrebbe voluto interpretare, che ha detto “quello mi sarebbe piaciuto farlo”?
Si, il Rugantino. Il Rugantino ormai mi è scappato purtroppo perché l’età che ho non mi consente di interpretare questo personaggio però lo avrei fatto volentieri a teatro.
- Quest’estate lei ha partecipato come giudice a “Treatri – festival del teatro indipendente” di Eboli. Cosa ne pensa?
È una cosa che va incoraggiata, l’impegno di tutte le persone che partecipano a queste iniziative va premiato, a prescindere e indipendentemente da quello che è il risultato. Intanto c’è l’amore per il teatro che è una cosa fondamentale, poi c’è l’impegno e quindi va sicuramente riconosciuto il sacrificio di questi ragazzi e tra di loro io ho visto qualche talento evidente.
- La vedremo presto sul grande schermo con “Credo in un solo padre” diretto da Luca Guardabascio …
Io e Luca ci siamo incontrati, ci siamo piaciuti, ci siamo stimati ed è venuto fuori questo film che a me dà soddisfazione, a Luca anche e non è male che dia soddisfazione a tutti quello che lo vedono e lo giudicano un buon film. Adesso siamo in attesa dell’uscita imminente, subito dopo l’estate e, a quel punto, vedremo come andrà a finire ma io sono molto orgoglioso di aver fatto “Credo in un solo padre”.
Presto vedremo Bonetti al cinema con Credo in un solo padre, pellicola di Luca Guardabascio tratto dal libro Senza far rumore scritto da Michele Ferruccio Tuozzo che affronta la dura realtà della violenza domestica. Altri membri del cast stellare sono Giordano Petri, Flavio Bucci, Anna Marcello e tanti altri nomi celebri del panorama artistico italiano. In attesa di quello che si rivelerà sicuramente un capolavoro dello stivale, e di Silent Moon, il nuovo film diretto dallo stesso Bonetti, possiamo sempre riguardare le sue vecchie, indimenticabili, interpretazioni, del resto abbiamo soltanto l’imbarazzo della scelta.
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