“Preghiera Punk”, la voce ribelle di Davide Mancini

16 April 2025

C’è una musica che non nasce per piacere, ma per farsi sentire.

Una musica che non si scusa, non si trucca, non si piega.
Davide Mancini la chiama “Preghiera Punk” – ed è proprio così: un grido sacro, un atto di fede laica che vibra di libertà, memoria e verità.

Il cantautore valdostano, artista dal cuore nomade e dalla voce ruvida e sincera, ci accompagna in un brano che è molto più di una canzone: è un omaggio, una dedica, una confessione. È il suono di ciò che resta quando togli tutto il resto.

Dietro a un titolo che sembra un ossimoro – il sacro e il dissacrante, la fede e la rivolta – si nasconde una verità cruda e bellissima: la musica può essere al tempo stesso urlo e abbraccio, ricordo e resistenza.

Abbiamo incontrato Davide per farci raccontare cosa si nasconde dietro questo brano, ma anche dentro di lui. Ne è venuta fuori un’intervista intensa, lucida, emozionante. Di quelle che non hanno bisogno di effetti speciali, perché a brillare è la verità.

Davide ci parla di Paolo Salandini, amico, fratello, figura fondamentale della sua storia personale e musicale. Preghiera Punk è anche un modo per tenerlo vicino, per cantare ciò che non si può più dire a voce alta.

Ma la chiacchierata con lui va oltre la dedica.
Parliamo di libertà, di quella vera, quella che ha a che fare con le scelte che facciamo ogni giorno per restare fedeli a ciò che siamo. Parliamo di arte come necessità, come spazio di resistenza contro i filtri, contro il rumore di fondo. Parliamo di quanto sia difficile, ma bellissimo, essere sinceri in un mondo che ci chiede spesso solo di essere visibili.

Si ride anche, perché Davide è ironico, spontaneo, pieno di quella leggerezza intelligente che solo chi ha attraversato cose vere può permettersi.

Dai suoi viaggi musicali, alle esperienze sui palchi internazionali, fino alla costruzione di un suono che resta autentico e riconoscibile: Davide è un artista che non si finge. Non cerca etichette, non si presta alle pose.

E poi c’è quella domanda finale: “Se Preghiera Punk fosse la colonna sonora di un film, quale sarebbe?”. La risposta, ovviamente, è da non perdere.

In un mondo in cui le canzoni vanno e vengono, Preghiera Punk resta. Resta addosso.
Resta come certe frasi che non ti escono più dalla testa. Come una carezza ruvida.
Come una promessa che dice: finché ci sarà chi ha il coraggio di scrivere così, nessuno sarà davvero solo.

Guarda l’intervista. Ascolta la canzone.
E lascia che questa preghiera punk ti attraversi.

di Giorgia Pellegrini

Foto libere da copyright

Video  https://youtu.be/jfJ1abH8yzo?si=yYImW-iK-kQL99bi 

https://youtu.be/m1n5kwjPQs0?feature=shared


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