D-Segni, il nuovo capitolo dei Guappecartò

19 December 2025

Intervista a Braga

Ci sono artisti che pubblicano dischi e poi ci sono artisti che, a un certo punto della loro vita, sentono il bisogno di lasciare un segno.

“D-Segni”, il nuovo concept album dei Guappecartò, non nasce per essere semplicemente ascoltato: nasce per essere attraversato. È un rito laico, un atto di memoria, un gesto di coraggio che tiene insieme vent’anni di strada, di palchi, di partenze e ritorni, di perdite che diventano linguaggio. È la storia di due uomini – Braga e Mala – che hanno scelto di non fermarsi mai, nemmeno quando tutto sembrava indicare una fine.

Parlare con Braga significa entrare in una geografia emotiva fatta di segni e spazi bianchi, di coincidenze che non chiedono di essere spiegate ma seguite. È da qui che comincia questo racconto.

Un cerchio che si chiude, una storia che si riscrive

“D-Segni” nasce da un’eredità precisa: Segni, il libro che Madeleine Fischer (attrice, imprenditrice culturale, madrina artistica dei Guappecartò) regalò loro nel 2004, quando erano ancora musicisti di strada. Un dono rimasto silenzioso per anni, fino alla sua scomparsa nel 2020.

«Quando Mala ha ritrovato quel libro», racconta Braga, «eravamo già cambiati: da cinque eravamo rimasti in due. All’inizio volevamo solo renderle omaggio. Poi ci siamo accorti che quelle immagini, quegli aforismi, parlavano anche di noi. A quel punto il nostro produttore ci ha detto: perché non raccontate la vostra storia?».

Così l’ispirazione è diventata racconto e musica. “D-Segni” è la cronologia emotiva di una vita artistica: non lineare, non rassicurante, ma vera.

Bianco e nero: due poli, un’unica visione

Nel progetto visivo dell’album, Braga veste di nero e Mala di bianco. Una dualità evidente, ma solo in superficie.

«Siamo personalità diverse», spiega Braga, «ma profondamente complementari. Dopo vent’anni, l’amicizia è diventata qualcosa di più: una fluidità musicale totale. A volte basta uno sguardo per sapere cosa sta per fare l’altro. I nostri strumenti si sono fusi».

È una relazione che va oltre la collaborazione: è una scelta di vita. Un equilibrio che resiste al tempo perché fondato su fiducia, ascolto e una visione condivisa.

Memory: ferite, ironia, sopravvivenza

Le tracce di “D-Segni” sono tappe. Ogni Memory è un frammento di vissuto. Alcuni fanno male. «Abbiamo ricordato un momento in cui eravamo su uno dei palchi più importanti della nostra carriera», racconta Braga. «Poi è arrivata la pandemia. E tutto si è fermato».

Altri, invece, fanno sorridere come piccoli miracoli.
«Memory 6 nasce da un episodio surreale: un incontro con il nostro futuro produttore. Dovevamo vederci alle quattro del pomeriggio, siamo arrivati alle quattro di notte, con i vestiti distrutti dal viaggio. E proprio quella sera ha deciso di scommettere su di noi».

I Guappecartò hanno imparato a sopravvivere così: trasformando l’imprevisto in possibilità.

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La musica come resistenza

Dopo la pandemia e la perdita di Madeleine, tutto avrebbe potuto finire. Invece, qualcosa si è riaperto. «Abbiamo capito che la vita non procede in linea retta», dice Braga. «Si chiude, si riapre, si ricicla. Stava a noi decidere se fermarci o trasformare quella fine in un inizio».

Madeleine lo scriveva chiaramente: occupate gli spazi bianchi.
“D-Segni” è esattamente questo: il modo dei Guappecartò di continuare a esistere.

Un linguaggio libero, senza rischio

Dal punto di vista sonoro, l’album segna una nuova libertà: nessuna paura di osare. «Non ci siamo mai sentiti a rischio», afferma Braga. «Quando sei sincero e ti godi quello che fai, il rischio non esiste. Abbiamo suonato gli strumenti in modo non convenzionale, esplorando ogni suono possibile. Ci siamo lasciati andare».

La loro musica non chiede etichette. E forse è proprio per questo che funziona ovunque.

Casa è ovunque ci sia ascolto

Dopo oltre 1500 concerti in Europa, la domanda è inevitabile: dove si sentono davvero a casa? «Ovunque», risponde Braga. «Sulla strada, nei teatri, nelle chiese, nei bar, persino nelle prigioni. Se ci sono anche solo due persone disposte ad ascoltare, il nostro spettacolo è lo stesso».

Una coerenza rara, che il pubblico continua a riconoscere e premiare.

Vuoti da colmare, spazi da lasciare

Nel libro di Madeleine, il vuoto ha la stessa importanza del segno. «Abbiamo riempito il vuoto lasciato dalla sua scomparsa», spiega Braga. «Ma lo spazio bianco che lasciamo agli altri è fondamentale: ognuno deve poter vivere questa musica a modo suo». Per questo i Guappecartò parlano poco sul palco. Lasciano che sia la musica a fare il lavoro.

Coincidenze geometriche

“Siamo coincidenze geometriche che si propagano nel cosmo”: una frase-manifesto.

Braga racconta una coincidenza recente: «Quest’anno è tornato nella nostra vita Seb Martel, un musicista che avevamo incrociato vent’anni fa a Parigi. Allora ci sembrava un alieno meraviglioso. Oggi suona con noi».

Destino o caso? «Le cose che devono accadere, accadono. Bisogna avere il coraggio di seguirle».

Madeleine oggi

Chi è oggi Madeleine Fischer per loro? «Tutto», risponde Braga senza esitazioni. «Una guida, una madre artistica, un Socrate. Ci diceva sempre di non porci limiti nella creazione. Mai come in questo disco abbiamo seguito il suo insegnamento».

Il dubbio e la necessità

Alla fine, resta una verità semplice e disarmante. «Sicuro di riuscire? Mai. Sicuro di volerlo fare? Sempre. È una vita precaria, piena di incertezze. Ma la gratificazione umana ed esistenziale è impagabile».

Ritornare per ripartire

Parigi, la Francia, il mondo, per i Guappecartò non esiste un punto d’arrivo. «Ritornare significa ripartire», conclude Braga. «Il viaggio non ha una meta. Il premio del viaggio è il cammino stesso».

E “D-Segni” resta lì, come una mappa aperta: un segno lasciato per ricordare, uno spazio bianco per continuare.

di Giorgia Pellegrini

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