Il meraviglioso inconveniente di avere una cotta
15 December 2025
Perché ci innamoriamo, cosa rivela di noi e perché, contro ogni logica, continua a piacerci lasciarci travolgere.
In un mondo che ci vuole lucidi, performanti, strategici, è quasi ridicolo — ironicamente poetico — che qualcosa di così primitivo e improvviso come una cotta possa smantellarci in un attimo.
Una cotta? Nel 2025? Con l’economia che implode, le ansie che esplodono e la vita che corre più veloce della nostra capacità di starle dietro?
Eppure eccoci qui. A parlare dell’unica forza in grado di far tremare anche la persona più razionale del pianeta.
Il momento zero: l’attimo in cui qualcuno entra nel tuo campo gravitazionale
Il mio problema è iniziato come iniziano tutte le storie che non ti aspetti: con un dettaglio minuscolo che diventa improvvisamente tutto.
Prima c’è l’osservazione: neutra, quasi scientifica. Poi una scintilla. Poi un pensiero. E sappiamo tutti quanto sia pericoloso, il pensiero.
Di solito la mia attrazione è un fuoco d’artificio di 40 secondi: bam, sparkle, poof, fine dello spettacolo. Io ritorno ai miei progetti, ai miei obiettivi, alla mia vita dove gli uomini sono quinte, non protagonisti.
Questa volta no. Questa volta il pensiero non se n’è andato. Ha messo radici. Si è allargato.
Ha iniziato a bussare, a vibrare, a occupare spazi del cervello che uso per lavorare, scrivere, vivere.
E, a un certo punto, mi sono sorpresa a chiedermi: “Ma dov’è? Cosa starà facendo?” Seguito immediatamente da: “Oh, cavolo.”
La scienza lo conferma: siamo tutti un po’ egocentrici quando ci innamoriamo
Gli psicologi dicono che ci innamoriamo dei nostri riflessi.
Vediamo nell’altra persona frammenti di noi stessi, gli attribuiamo valori che forse non ha, riempiamo i suoi spazi vuoti con le nostre speranze. È una proiezione sofisticata, un’autobiografia travestita da interesse romantico.
Ecco perché la cotta sembra familiare, non è l’altra persona a essere familiare, ma siamo noi ad averle cucito addosso parti di noi stessi.
È prevedibile. È rassicurante. È pericoloso.

La fisiologia del delirio: perché una cotta ti fa esplodere il cervello
Ammettiamolo: siamo tutti un po’ drogati...di dopamina.
La cotta è un cocktail chimico potentissimo: euforia, scariche di energia, palmi sudati, concentrazione pari a quella di una farfalla iperattiva.
Io, donna adulta, mi sono ritrovata a ridere come un’adolescente di fronte ai miei amici.
Loro ovviamente sono impazziti di gioia: “Finalmente! Ti ci voleva!”.
Io volevo solo capire perché il mio cervello stesse improvvisamente girando al 200%.
Risposta? Fluttuazioni dopaminiche: la droga naturale dell’entusiasmo e pure dell’isteria.

L’origine del desiderio: perché vogliamo essere voluti
C’è un punto che ho sempre evitato: il mio desiderio di desiderare.
Non di essere scelta, quella è un’altra storia.
Parlo del desiderare io, attivamente, dopo anni di razionale distacco, di muretti emotivi, di “ho altro a cui pensare”.
A quanto pare, l’inconveniente della cotta è che rivela un bisogno che preferiremmo non avere: un bisogno umano, vulnerabile, pulsante.
Un bisogno che mi fa alzare gli occhi dal mio lavoro e chiedere: “se questa volta non scappassi?” Domanda spaventosa. Domanda eccitante.

Il rischio, il sabotaggio, il plot twist
C’è una parte di me che sa già come finirà: prima o poi il mio cervello prenderà il controllo, razionalizzerà tutto, smonterà il mistero pezzo per pezzo.
Forse è autosabotaggio. Forse è autodifesa.
Ma intanto? Intanto vivo in questa bolla di energia nuova, creativa, sensuale quasi.
Scrivo meglio.
Lavoro con più intensità.
Respiro con un accenno di sorriso, e mi odio e adoro per questo.
Perché sì: una cotta è un inconveniente: ti distrae, ti destabilizza, ti trasforma in una creatura emotiva sotto mentite spoglie. Ma è anche un dono narrativo.
Aggiunge trama, ritmo, adrenalina a un’esistenza troppo ordinata.
La verità finale
Una cotta è un piccolo caos. È l’incendio che non volevi, ma che ti ricorda che sei viva. È la tempesta che spalanca finestre che avevi sigillato.
Pericolosa? Sempre. Eccitante? Assolutamente.
E dunque sì: ’tis the season.
La stagione dell’inquietudine dolce, dell’attesa, dell’immaginazione sfrenata.
La stagione in cui il cuore, nonostante tutto, torna a bussare.
di Giorgia Pellegrini
Foto e video liberi da copyright
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