Pippi Calzelunghe, rivoluzione con le calze a righe
07 April 2025
Ottant'anni e non sentirli. O forse sentirli solo per ridere più forte. Pippi Calzelunghe, con le sue trecce ribelli, le scarpe fuori taglia e il cavallo in salotto, è ancora qui a insegnarci che l’anarchia può essere una forma d’amore e che la forza – quella vera – sta tutta nel restare se stessi, anche quando il mondo ci vuole tutti con le scarpe abbinate.
Nel 1945, mentre il mondo si leccava le ferite della guerra e le bambine venivano ancora cresciute a colpi di “sii carina e stai zitta”, spuntava fuori lei: Pippilotta Pesanella Tapparella Succiamenta Calzelunghe (sì, il nome è già una dichiarazione di intenti). Vive da sola in una villa coloratissima con un cavallo a pois nel portico, una scimmia chic e un patrimonio d’immaginazione incalcolabile. E, sì, al posto dei genitori, ha un intero arsenale di libertà.
Pippi non è solo un personaggio: è un terremoto narrativo. Quando Astrid Lindgren, madre della creatura e madre di una figlia con la febbre, iniziò a raccontarne le storie, forse non immaginava che stava creando una supereroina senza mantello ma con una valigia piena di monete d’oro e voglia di rivoluzione. Nata per caso, tra un colpo di tosse e una richiesta d'invenzione, è diventata leggenda. E il bello? Non voleva nemmeno esserlo.
Perché Pippi non dà lezioni, non impartisce morali, non si propone come modello. Fa quello che le pare, come le pare. E nel farlo, smonta una dopo l’altra tutte le regole sociali a colpi di cavallo sollevato con una mano sola. Non va a scuola, ma sa parlare con i pirati. Non ascolta i grandi, ma salva gli amici nei guai. E non chiede mai il permesso per esistere. Una rivoluzione con le calze a righe.
Certo, agli inizi la vedevano come un cattivo esempio. “Ma come, una bambina da sola? Che disobbedisce agli adulti? Che non ha nemmeno la decenza di lavarsi le mani prima di cena?” – i pedagogisti dell’epoca inorridivano, mentre i bambini ridevano sotto i baffi, trovando in Pippi una sorella segreta, una complice dell’infanzia vera, quella fatta di ginocchia sbucciate e sogni giganti.
Eppure, dietro la scorza sfrontata, c’è una profondità disarmante. Pippi ci insegna che si può desiderare la pace nel mondo e dei vestiti carini. Che si può essere forti e leggere. Che si può essere soli, ma mai spaventati. Astrid Lindgren, con la sua penna affilata e tenera, ha dato vita a un personaggio capace di parlare a tutte le età, in tutte le lingue – 80 finora, incluso lo zulù.
Oggi, mentre il pronipote di Astrid spegne le candeline alla Bologna Children’s Book Fair e Alice Rohrwacher la ricorda dalle pagine di Vogue, Pippi continua a cavalcare tra le righe dei nostri ricordi, a saltare sui tetti della nostra immaginazione. Resta il simbolo di un’infanzia senza freni, dove tutto è possibile e nulla è proibito se non smettere di sognare.
Perché alla fine, Pippi è quel pezzetto di noi che rifiuta di crescere come ci dicono, e preferisce diventare grandi a modo proprio, magari ballando con un cavallo e facendo colazione con i biscotti per cena.
Tanti auguri, Pippi. Che tu possa restare per sempre quella bambina che, davanti alle regole del mondo, risponde con un sorriso sfrontato e un: “No grazie, oggi preferisco arrampicarmi sugli alberi.”
di Giorgia Pellegrini
Foto libere da copyright
Video https://youtu.be/e5fzxBWtLNw?si=YgJGCgFNnjc0fbXg
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