"Quella donna sono io". Storia di statue, tragedie e anonimati25/3/2024

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"Quella donna sono io". Storia di statue, tragedie e anonimati25/3/2024

 

di Giovanni Curatola

Lunedì 27 settembre 1915, ore 08.10: la corazzata Benedetto Brin”, ancorata fuori il porto di Brindisi, cola a picco trascinando con sé, in fondo al mare, quasi metà equipaggio (456 marinai su 943). Subito si ipotizza un attentato austriaco (l’Italia è in guerra contro l’Austria da 4 mesi) ma presto si ricostruiscono le dinamiche della tragedia, dovuta a un’autocombustione nella stiva adibita a deposito di munizioni e causata dall’elevata temperatura della vicina sala macchine. I 456 corpi senza vita, recuperati nei giorni seguenti, vengono sepolti in un’area del cimitero di Brindisi, dove il governo italiano presto commissiona allo scultore brindisino Edgardo Simone la statua in bronzo di una donna raffigurante “il dolore della Patria”.

Un marittimo, anch'esso brindisino e scampato alla tragedia del "Brin", tale Rocco Piccione, apprende una settimana dopo che uno scultore suo concittadino, incaricato di realizzare quella statua, è alla ricerca di una modella cui ispirarsi. Lo contatta, e gli segnala una donna trentenne molto bella, alta e dal profilo mediterraneo, che abita di fronte casa sua, in via Rojas. Si tratta di Anna Maria De’ Ventura, nativa della vicina Tuturano, sposa di un soldato adesso in guerra, e mamma di due bambini.

Il marittimo e lo scultore propongono così alla donna di posare per la statua, e dopo un’iniziale e legittima perplessità, la donna lusingata accetta, colpita com’è dal dramma di tutti quei ragazzi morti. A patto, però, di restare anonima, per salvaguardare la sua reputazione. Tanto più, quand’è messa al corrente che dovrà posare con una spalla e una piccola parte superiore del seno scoperte, col rischio di passare per donna di facili costumi. Uno scandalo che non può assolutamente permettersi.

Lo scultore realizza così una statua in gesso, poi calco, che in una fonderia diventa bronzea. Alla cerimonia in cui viene collocata al cimitero di Brindisi, Anna Maria è prudentemente assente, ma sa che lo scultore e il vicino di casa manterranno l’impegno di non rivelarne il nome. Spesso si recherà al cimitero a deporre fiori, e quando a fine guerra torna a casa il marito, gli rivela tutto. Lui va subito su tutte le furie, poi, passato qualche giorno di lite, la loro vita riprende regolarmente.

Passano gli anni, e ad ogni 4 di novembre, durante la cerimonia di commemorazione dei caduti in guerra al cimitero, il sacerdote di turno ricorda ai fedeli che la statua della donna triste raffigura una mamma brindisina (sconoscendone anche lui il nome). Anna Maria è sempre lì, presente tra la folla. Sorride a quelle parole e tace, ascoltando magari i commenti delle altre donne. Ma quando poi i suoi bimbi, diventati grandi, le chiederanno il motivo di quei fiori che lei porta spesso a quella statua, risponderà: “Perché quella donna sono io!”.

Solo nel centenario della tragedia (2015), la famiglia della modella che ha posato per quella statua, e morta da 53 anni (nata nel 1885, Anna Maria De' Ventura ha lasciato questo mondo il 3 aprile 1962) ne svela finalmente l’identità. E i figli, a conferma della veridicità di quanto rivelato, consegnano al vescovo di Brindisi i documenti di quasi un secolo prima, su cui è attestato che la loro mamma era la misteriosa modella della statua dei marinai caduti, e che lo scultore e il suo ex vicino di casa (di cui ci sono le firme) si impegnavano a mantenere il silenzio. “Ora, cent’anni dopo, - si legge in un articolo di “Brundarte – Arte e Storia di Brindisi” del 30 giugno 2017, a firma di Francesco Guadalupi e da cui sono riportate le foto qui presenti - la “Misteriosa” rivela la sua identità: quella di una donna brindisina molto più moderna dei suoi tempi, e di una famiglia che ha saputo custodire il suo tenero segreto. Sarebbe ora che una targhetta ricordasse il nome di Anna Maria De’ Ventura, madre dei Caduti in mare di Brindisi. Finalmente libera di svelare a tutti il suo amore per la Patria.”

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