L'eleganza di Fabrizio De André

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L'eleganza di Fabrizio De André

Oggi sono trascorsi 20 anni dal quel saluto. 
Di Fabrizio De André si conosce molto, si sa che si dichiarava anarchico che amava la natura e l’astrologia, lo dicono tutti. Si sa delle scorribande giovanili tra prostitute e transessuali con l’amico Paolo Villaggio. Si ricordano le date del suo rapimento. Si sa anche che ha bevuto tanto whisky, e molti ricordano addirittura la marca delle sigarette che fumava. E ovviamente, tutti sanno, che ha cantato di puttane e magnacci, di delinquenti e assassini di omosessuali discriminati e di emarginazione. Si sa, appunto, lo dicono tutti.
C’è però un’altra persona, la sola di cui Fabrizio abbia cantato per tutta la vita.
Una persona che l’ha disturbato come una scheggia sotto il tallone, che l’ha però accompagnato come un abbraccio caldo. Non ha potuto fare un passo, un disco, senza ricordarsi di quella persona. Gli ha regalato decine di canzoni. Gli ha regalato centinaia di versi. Alla vicenda umana di questa persona, gli ha dedicato un disco intero e, io credo, gran parte del suo cuore. Fino all’ultima canzone, fino a quella “goccia di splendore consegnata alla morte”.
Gesù.
E soprattutto dal rapporto con questa profonda spiritualità, tutta immelmata di carne, che nasceva la meravigliosa arte di Fabrizio De Andrè.
 
Fabrizio Cristiano De André, noto come Fabrizio De André, Genova 18 Febbraio 1940 - Milano 11 Gennaio 1999
 
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