Tacere bisogna, e andare avanti: 24 maggio 191524/5/2019
di Giovanni Curatola
Esattamente 104 anni fa, l'Italia dichiarava guerra all'Austria-Ungheria entrando in un conflitto che già dilanava l'Europa dall'anno prima. La rimozione della targa di confine di Borghetto d'Avio (oggi conservata al museo della guerra di Rovereto) dal punto in cui oggi finisce il Veneto e inizia il Trentino, e fino a quel 24 maggio 1915 finiva il Regno d'Italia e iniziava l'Impero Austro-Ungarico, è l'emblema più tangibile di quell'entrata in guerra. La Trento da redimere per completare, con Trieste, l'unità d'Italia distava appena una cinquantina di cholometri, ma gli asburgici di mollare la città non ne vollero sapere e il fronte si stabilizzò per 3 anni e mezzo, fino al penultimo giorno di guerra. Ad ogni modo, riproponiamo per l'occasione la più celebre canzone italiana di quel conflitto, che lo sintetizza magari con enfasi ma con esatta precisione, che un tempo si imparava a memoria a scuola e che infine, aggiungiamo noi, potrebbe a pieno titolo rimpiazzare l'Inno di Mameli come inno della nazione che ne rappresenti l'effettiva l'unità, essendosi il nostro paese realmente amalgamato e forgiato in un obiettivo comune proprio nel 1917-1918, dopo Caporetto, sul Piave e sul Carso.
Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera.
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava, e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
"Non passa lo straniero!"
Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti!
S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
"Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame.
Vedeva il piano aprico
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora.
"No!", disse il Piave. "No!" i fanti,
"Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
"Indietro va', straniero!"
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento
e la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore.
Sicure l'Alpi, libere le sponde
si tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri.
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