Il Palermo in B: vu-cumprà e bimbo che torna a credere30/5/2019

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Il Palermo in B: vu-cumprà e bimbo che torna a credere30/5/2019

di Giovanni Curatola

Andiamoci al contrario: se la Corte d’Appello Federale della F.I.G.C. avesse ieri confermato la sentenza di 1° grado (Palermo in Serie C per irregolarità di bilanci passati), al di là della difformità di giudizio per una condanna ritenuta spropositata dall’ambiente rosanero e legittima dall’accusa e da altre 4/5 società di B interessate per tornaconto alle disgrazie palermitane, la giustizia sportiva avrebbe fatto “passare”, l’inquietante messaggio che può punire, calcando più o meno la mano, non al momento dell’irregolarità accertata, ma quando si vuole, quando fa più comodo sbarazzarsi di qualcuno per agevolare senza merito qualcun altro. Gli esercizi di bilancio incriminati risalgono alle gestioni rosanero 2017 e 2018, e alle relative iscrizioni ai campionati di Serie B. Dov’era, allora, la Covisoc, organo preposto al controllo trimestrale di ogni società? Perché far pagare solo adesso, per giunta a una società totalmente nuova, colpe di una precedente gestione e su cui, ai tempi, nessun organo di vigilanza ha avuto mai nulla da eccepire? Perché scaraventare in Serie C, in spregio a ogni risultato sul campo e in forza di una vecchia operazione fittizia per l’iscrizione in Serie B che la Cassazione ha riscontrato fittizia non essere mai stata? E perché poi far pagare colpe vere o presunte nella stagione in corso, azzerando così ogni risultato conseguito sul campo, quando per illeciti di altre società (Parma, Frosinone, Bari, Chievo) il risultato sul campo è stato salvaguardato, con penalizzazioni ridotte da scontare nella stagione successiva?

Siamo schietti: un Palermo mandato in C a tavolino sarebbe stata una manna insperata anche per almeno 3 società più o meno potenti (Venezia, Salernitana e Foggia) che con essa avrebbero riscattato il loro deludente campionato. Esattamente così come l’esclusione della squadra rosanero dai play-off legittimamente raggiunti, ha già la settimana scorsa favorito il Perugia (subentrato al posto dei rosanero), il Pescara e il Benevento (passate teste di serie). Con la retrocessione in C del Palermo, decretata dal primo grado della giustizia sportiva su forte pressione della Lega di B (guarda caso composta dai presidenti delle società “beneficiarie” di un Palermo retrocesso) palesa che la Lega stessa si era attribuita poteri non propri, che aveva cambiato le regole in corso d’opera (abolizione play-out) e fatto partire subito i play-off senza attendere il giudizio di 2° grado del Palermo, mettendo così volutamente gli organi giudicanti davanti al fatto compiuto. Questo, usando la lingua italiana con più realismo oggettivo che vittimismo di parte, altro non è (o voleva essere) che un atto di pirateria. E tale resta, nonostante ieri la Corte d’Appello Federale l’abbia sventata – Deo gratias - ribaltando la sentenza di 1° grado e lasciando in B i rosa con una penalizzazione stavolta adeguata agli illeciti pregressi.

E’ convinzione di chi scrive che si sia voluta usare col Palermo la stessa tattica psicologica utilizzata dai vu-cumprà sulla spiaggia, quando chiedono inizialmente 20 euro per una cianfrusaglia che poi vendono a 10, ben sapendo che ne vale 5. Così lasciano contento il malcapitato di turno, sebbene il vero affare l’abbiano comunque fatto loro. Allo stesso modo, la soddisfazione di tutto l’ambiente palermitano per lo scampato pericolo, dopo il mortificante e volutamente spropositato spettro della Serie C prospettato da giorni con un cinismo senza precedenti, fa scivolare quasi nel dimenticatoio l’esclusione del Palermo dai play-off, principale obiettivo della Lega, che si trova così sconfitta ma solo nel suo capriccio secondario.

Ad ogni modo, questo lieto soddisfa il sottoscritto da tifoso ma ancor più da papà. Far digerire anche questo a un bimbo di 8 anni, che inizia a vivere di sport anche praticato e dei suoi sani valori, e che già aveva ingoiato a fatica l’anno scorso l’antisportività dei play-off col Frosinone, sarebbe stato troppo. La doccia gelida della disillusione e del crollo di ogni certezza. Vai a spiegare una Serie C improvvisa a quegli occhi spensierati che il giorno prima, l’11 maggio, sugli spalti del “Barbera” sognavano la Serie A! Vai a smorzare bruscamente, con la dura e ingiusta realtà, quel sorriso disincantato e quelle paroline fiduciose a fine partita per i play-off che avremmo dovuto disputare (“Papà, stavolta li vinciamo noi, vedrai…”)! Già i primi dubbi disfattisti iniziavano a insinuarsi laddove per crescere bene occorrono solo ordine e certezze. Che senso ha affannarsi a vincere o se poi ti decretano la sconfitta a tavolino? Far più punti degli altri se poi arrivi ultimo? Essere leali e corretti quando gli avversari non lo sono, buttano in campo palloni per non farti giocare e se ne vanno in Serie A così a spese tue?

Come il lieto fine di uno di quei bei cartoni animati di una volta, la sentenza di ieri oltre a rendere giustizia a una società di calcio ridà così anche un minimo di credibilita a un bambino. Che ne ha bisogno per continuare a credere. Nello sport, come in molte vicende della vita.

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