La memoria del corpo2/8/2019

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La memoria del corpo2/8/2019

di Ilaria Cerioli

Esiste una memoria del corpo? Siamo soliti, infatti, pensare ai ricordi come a esperienze passate, rigurgiti della nostra mente maledetta che ci sveglia dispettosa nel cuor della notte. Oltre alle cicatrici dell’anima, segnalo dopo un addio doloroso, anche quelle invisibili sulla nostra pelleHo scoperto, infattiche la carne, nonostante tutti gli sforzi della Ragione per dimenticare una sofferenza, conserva ostinatamente tracce del passato e, quando il corpo dell’altro (di chi si è amato) viene a mancare, non si può parlare solo di nostalgia per un’assenza, ma di vero horror vacui. Sapete, è come quando da bambini eravamo alle prime armi con la scrittura. Tracciavamo con mano pesante infinite lettere sulla carta poi capitava quella difficile, quella per cui la nostra abilità manuale era ancora imperfetta. Così, risultato dell’ultimo sforzo nel tracciare il segno grafico, era inevitabilmente un buco nel foglio. Ecco cosa comporta provare fisicamente l’assenza: significa guardare sconsolati dentro quel buco e sapere che si deve ricominciare tutto da capo. Per questo motivo, avvertire il vuoto non implica solo mettere ordine a un accumulo di eventi vissuti, sensazioni provate, foto dimenticate e che improvvisamente riaffiorano da vecchi album. Esiste anche una memoria della schiena, della pancia, dei fianchi e delle mani. Ogni nostra parte sente nostalgia. Non di una semplice persona, che giustamente ha deciso di andarsene, ma di un volume che non c’è più e che, fino a ieri, chiudeva il nostro orizzonte. Ecco viene a mancare il peso specifico di quel pieno che rende perfetto un vuoto. Il solido contenuto entro i limiti di uno spazio geometrico, si trasforma per una qualche alchimia, giorno dopo giorno, in evanescenza. Dopo una separazione è assolutamente vero: anche il corpo soffre! Non tanto per la mancanza generica del partner o per la paura di ritrovarsi in una nuova dimensione. Guardate, non è neppure la perdita di una quotidianità e delle sue consuetudini che ci spaventa; è piuttosto la paura di non portare a termine il puzzle che avevamo iniziato fin dal primo momento in cui ci siamo scelti. Andandosene lui ha portato via proprio la tessera fondamentale. Senza quella manca il nesso. Senza quella resta un buco al centro. E quel corpo, quel corpo, che prima risultava ingombrante, pesante, tondo, poggiato stancamente su un divano in attesa di conferme, è un dagherrotipo non riproducibile. Come nel “Deserto dei Tartari” di Buzzati anche le piccole cose rimaste di lui diventano un’attesa inutile. Così un paio di sandali che ogni tanto compare e scompare, ci ricorda che forse ne ha bisogno, qualche lettera a suo nome chedevo assolutamente consegnargli perché magari è importante”, il cuscino vuoto accanto al mio o il suono del campanello che non annuncia più il suo arrivo a casa. Ecco cosa significa la memoria dei corpi: è mancanza assoluta proprio perché è un’assenza piena di concretezza. Una concretezza fatta di carne e sangue, di pelle, sudore, odori e calore. Di qualcuno che prima occupava uno spazio definito e si muoveva all’interno di limiti. Ora questi limiti restano senza sorveglianza e sono invasi da nuove presenze e nuovi oggetti, di cui forse faremmo anche a meno, ma nell’immediato salvano le apparenze. Siamo orfani non di un marito, di un fidanzato, di un compagno ma di un volume che noi calcolavamo sbagliando sempre l’operazione.     

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