di Gaia Dallera Ferrario
Australia: storie dagli antipodi è la nuova mostra, a cura di Eugenio Viola, che inaugura domani, 17 dicembre al PAC - Padiglione Arte Contemporanea di Milano - e resterà aperta sino al 9 febbraio 2020.
Con questo nuovo progetto il PAC torna a esplorare le culture internazionali, realizzando nello specifico la più grande ricognizione sull'arte australiana contemporanea mai realizzata al di fuori del continente, attraverso una una selezione di 32 artisti, sia emergenti che affermati, appartenenti a diverse generazioni e background culturali. Dipinti, performance, sculture, video, disegni, fotografie e installazioni - alcune delle quali site specific - tracciano un viaggio metaforico all'interno del panorama multiculturale dell'arte contemporanea australiana, influenzato da storie personali, lingue, origini etniche, religioni e tradizioni eterogenee: dagli artisti afferenti alle molte culture aborigene e 'First Nations' a quelli che sono arrivati dal Pacifico, dall'Europa, dai paesi asiatici e dalle Americhe. Indagando un'ampia costellazione di pratiche e prospettive culturali, storiche, politiche e sociali legate al contesto australiano, geograficamente "agli antipodi" rispetto a chi vive nell'emisfero settentrionale, la mostra restituisce, per induzione, un panorama del nostro presente ibrido, plurale e complesso.
Seppur l’arte australiana sia una delle più antiche al mondo, risalente ad almeno 40 mila anni fa, il percorso dei territori che hanno subito una colonizzazione culturale forzata è ancora tutto da scrivere.
Dopo aver considerato per molti anni gli aborigeni capaci solo di espressioni primitive, e dunque lontane dai concettualismi amati dal mercato contemporaneo, solo negli ultimi decenni il mondo dell’arte, in particolare quello europeo, ha aperto le proprie porte agli artisti australiani.
In Occidente ad oggi si contano appena quattro grandi mostre dedicate a questo territorio. Tre a Londra, (1961 - Whitechapel Gallery | 1963 - Tate | 2013- Royal Academy of Art) e una, nel 1984, al Guggenheim di New York.
Nella rassegna oggi presentata, che forte di questo contesto assume un’importanza ancora maggiore, si respirano numerose -confortevoli e drammatiche- affinità tra le espressioni Europee ed Australiane, che, d’altro canto, sollevano diversi interrogativi su come tematiche esistenziali, legate all’uomo moderno, al suo rapporto con la natura, al suo ruolo nel mondo, siano parte fondante dell’attuale pensiero umano, dunque dell’indagine di un artista.
La figura umana, elemento pressoché centrale, viene indagata e presentata sotto diversi punti di vista: storico, scientifico, emozionale e sperimentale. Il risultato è una mostra ricca di spunti rappresentati dalle diverse voci che compongono una sinfonia sull’uomo ed il suo habitat nel terzo millennio, laddove sono le problematiche contemporanee, in tutte le loro complesse sfaccettature, a predominare sull’identità del singolo.
Gli artisti in mostra sono: Vernon Ah Kee, Tony Albert, Khadim Ali, Brook Andrew, Richard Bell, Daniel Boyd, Maria Fernanda Cardoso, Barbara Cleveland, Destiny Deacon, Hayden Fowler, Marco Fusinato, Agatha Gothe-Snape, Julie Gough, Fiona Hall, Dale Harding, Nicholas Mangan, Angelica Mesiti, Archie Moore, Callum Morton, Tom Nicholson (with Greg Lehman), Jill Orr, Mike Parr, Patricia Piccinini, Stuart Ringholt, Khaled Sabsabi, Yhonnie Scarce, Soda_Jerk, Dr Christian Thompson AO, James Tylor, Judy Watson, Jason Wing and Nyapanyapa Yunupingu.