Addio a Ornella Vanoni, voce rubata al destino
22 November 2025
C’è un silenzio strano stamattina, un silenzio che non appartiene alla musica italiana. È quel tipo di silenzio che arriva solo quando se ne va qualcuno che non cantava semplicemente canzoni, ma modi di stare al mondo. Ornella Vanoni non c’è più: e sembra quasi impossibile dirlo, perché lei apparteneva alla categoria rarissima di chi, anche a 91 anni, riusciva a farti credere che la vita fosse un gioco serio, un ballo scomposto, una risata capace di sconfiggere la gravità. Se ne è andata nella sua casa, per un malore improvviso. E all’improvviso ci ritroviamo tutti più soli, più smarriti, più vecchi.
La donna che non voleva annoiarsi
La noia, diceva spesso, era l’unico vero nemico. Non la paura, non l’amore, non la morte: la noia. Ma la noia non l’ha mai trovata, nemmeno cercandola. A volte scherzava: «Non voglio vivere oltre i novant’anni: mi annoierei». Eppure la vita gliel’ha concesso quel tempo in più, forse perché persino il destino voleva ascoltare ancora un po’ la sua voce roca, unica, inconfondibile.
Negli ultimi anni il pubblico giovane l’aveva riscoperta attraverso la Rete: non più solo la cantante della mala, l’interprete elegante delle notti milanesi, ma una donna irresistibile per la sua sincerità affilata, per quell’ironia che metteva pace perfino alle sue stesse malinconie.
Milano, Strehler e la ferita che non guariva
Nata a Milano «più milanese della Madonnina», diceva; Vanoni ha conosciuto la guerra da bambina, una ferita sul collo curata male, un rapporto complicato col corpo. Eppure, a guardarla negli occhi, quel senso di fragilità diventava magnetismo.
Giorgio Strehler la vide prima ancora che lei vedesse sé stessa. La prese per mano, la mise su un palco, le diede la mala e i silenzi teatrali, trasformando il materiale grezzo in un diamante imperfetto e per questo luminosissimo. «Volevo fare l’estetista», ricordava. Ma l’arte la chiamò. E lei, pur riluttante, rispose.
Con Strehler fu amore, soggezione, creazione. Con Gino Paoli, invece, fu tempesta: amore bruciante, impossibile, doloroso proprio perché più grande delle regole. «Forse ho amato Paoli così tanto perché non lo avevo», disse una volta con quella lucidità che l’ha resa, negli anni, una donna incapace di mentire.
Tra amicizie giganti e verità scomode
Vanoni era così: niente mezze misure. Amica fedele di Lucio Dalla, complici nel genio e nelle risate con Patty Pravo, sincera anche nei giudizi più scomodi. Sapeva raccontare i grandi della musica con la naturalezza di chi li aveva vissuti davvero: la notte di Tenco, le follie di chi la corteggiava senza capirla, le mezze rivalità con Mina che rivelavano, in realtà, due universi paralleli.

E mentre noi seguivamo gli scandali, lei collezionava canzoni destinate a diventare patrimonio sentimentale di un intero Paese. L’appuntamento, Una ragione di più, Senza fine, Eternità: brani che in fondo raccontavano una sola cosa, la sua fame di vita.
La leggerezza come resistenza
Negli ultimi anni qualcuno l’aveva ridotta a macchietta social. Lei giocava, ma non era stupida. Ci rideva su, eppure sapeva perfettamente quanta superficialità ci fosse in quello sguardo. La verità è che Ornella Vanoni era complessa, malinconica, ruvida, tenera, a volte spigolosa: una donna che aveva combattuto la paura per tutta la vita, fino a vincerla soltanto alla fine.
«Ce la sto mettendo tutta per invecchiare ridendo», confidò una volta. E c’era riuscita: aveva trasformato il tempo in complicità, la fragilità in disincanto, la vecchiaia in libertà.
Oggi resta il mare. Quel mare che lei temeva e amava, quello che «ti porta via». Forse davvero, come scherzò nell’ultima intervista, si è trasformata in una lampadina LED, la più luminosa di tutte, pronta a consumare poco e illuminare moltissimo.
E mentre salutiamo la sua voce, ci torna in mente l’ultima cosa che ci aveva chiesto di aggiungere al suo “coccodrillo”:
«Anche i coccodrilli, da piccoli, sono buoni».
Sì, Ornella. Ma tu, anche da grande, lo sei stata ancora di più: buona, feroce, irripetibile.
E ora che non ci sei più, il silenzio della musica italiana non suona affatto come silenzio.
Suona come un addio che nessuno era pronto a dire.
di Giorgia Pellegrini
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