DA CAMPANIA FELIX A TERRA DEI FUOCHI: LA NATURA E' STANCA, I CAMPANI ANCHE
04 March 2017
di Raffaella Bonora Iannece
In Campania, le bare bianche, simbolo dei bambini morti di cancro, sono diventate un triste simbolo di quello che è stato riconosciuto come uno dei più grossi disastri ecologici e ambientali del Mondo. In Campania, se si percorrono le strade e si intervistano i passanti, si scopre come tristemente ognuno ha avuto a che fare con il cancro, magari è un sopravvissuto della malattia del secolo o esso ha mietuto vittime all’interno della propria famiglia. In Campania, purtroppo, si è abituati a pensare che ciò sia normale, e invece no: in questo triste primato non vi è nulla di normale. Il termine “Terra dei fuochi” fu utilizzato per la prima volta 14 anni fa nel rapporto ECOMAFIE 2003 curato da Legambiente. Ma cos’è, davvero, la Terra dei fuochi? È un fazzoletto non tanto ristretto di territorio campano, che si estende fra le province di Napoli e Caserta. Sono 1076 chilometri quadrati, 57 comuni (33 nel Napoletano e 24 nel Casertano), due milioni e mezzo di vite a rischio. È un immenso pozzo di veleno che appesta la natura e i suoi abitanti, condannando a morte ogni forma di vita, iniziando dall’uomo. Non è, come si pensa, una nuova scoperta, il termine è recente, ma la storia della Terra dei Fuochi inizia quasi cinquanta anni fa. Correva l’anno 1970, nelle campagne campane venivano riversati, ufficiosamente, quintali di rifiuti tossici, industriali e nucleari, specialmente nelle zone dell’Agro Aversano, Caivano, Acerra e Giugliano. Il danno peggiore, però, è causato dai roghi, sono infatti i fumi nauseabondi i veri responsabili dell’alto tasso di tumori in Campania. Questi rifiuti, bruciando, liberano nell’aria DIOSSINA, una sostanza molto dannosa perché si inserisce nella catena alimentare e, quindi, giunge facilmente all’uomo. Nel 2006 se ne trovarono addirittura tracce nel latte di bufala del casertano, la famigerata mozzarella alla diossina che fece crollare il mercato.
Fortunatamente controlli recenti svolti in Germania hanno accertato che non vi è più traccia di diossina o metalli pesanti all’interno delle nostre mozzarelle. I primi sospetti, però, sono sorti negli anni ’90, da un’indagine condotta dalla Polizia di Stato. L’indagine ha portato alla luce, negli ultimi 15 anni, una verità terribile. Secondo un rapporto dell’ ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) della Campania, un’area di 3 milioni di mq, compresa fra Regilagni, Lo Uttaro, Masseria del Pozzo, Schiavi ed il quartiere di Pianura di Napoli, risulterebbe pericolosamente compromessa. Solo nel 2015, in uno di questi comuni a rischio, il Corpo Forestale dello Stato ha scoperto un’area di sversamento rifiuti clandestina, ritenuta la più grande discarica sotterranea di rifiuti tossici in Europa. Quest’area non è nata per caso, ma per assecondare un' illegale traffico ed eliminazione di rifiuti; materiali provenienti da tutt’Italia, specialmente dal Nord. Le indagini hanno evidenziato come la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto, un pozzo nero, una terra insalubre, contaminata con piombo, scorie nucleari e materiale acido, che hanno compromesso, nel tempo, falde acquifere e le coste marine anche del basso Lazio, fino ad arrivare a Castelvolturno. Dal 1991 al 2013 ci sono state 80 inchieste e duecento denunce. Nonostante i soldati, gli incendi continuano, e la terra sembra voler vomitare le 800.000 tonnellate di immondizia che sono state introdotte nel suo ventre. Ci sono pozze di fango denso, bolle che scoppiando liberano miasmi, testimonianza di quanto male è stato fatto. Questi sono dati scientifici, emersi da ricerche, studi sul territorio, approfondimenti medici, freddi numeri che nascondono l’altra faccia della medaglia, quella fatta di ospedali pieni, di cancro infantile, chemio e morti.
Già, perché l’inquinamento del terreno, dell’acqua e dell’aria, non è un “semplice” disastro ambientale relegato al mondo naturale, del quale noi umani abbiamo dimenticato da troppo tempo di farne parte, ma è una bomba che ha avuto serie e irreversibili ripercussioni sulla salute dei cittadini campani. Negli ultimi venti giorni, fra l’ospedale Santo Bono e il Pausilipon, ospedali infantili, sono morti 8 bambini, di età compresa fra i sette mesi e i dieci anni. Tra Caserta e Napoli i decessi per tumori superano ogni media nazionale e straniera, tutto perché, purtroppo, per anni questo macabro fenomeno è stato sottovalutato. L’istituto Superiore della Sanità ha condotto una ricerca sul campo, ovvero ha studiato le patologie più diffuse presso i 55 comuni interessati, e i risultati sono stati allarmanti. In questo rapporto leggiamo, a chiare lettere, non solo che la mortalità generale è in eccesso, ma che c’è un particolare pericolo per i bambini, troppi sono i bambini ricoverati durante il primo anno di età (tasso maggiore del 51% nella provincia di Napoli e del 68% in quella di Caserta) per tumori al sistema nervoso, troppi quelli ricoverati fra i 0 e i 14 anni. Lo studio condotto dall’ Istituto nazionale per i tumori “Pascale” di Napoli fa paura: 47% di morti per tumore in più a Napoli negli ultimi vent’anni, soprattutto per tumore ai polmoni (il più alto in Italia) e per leucemie e cancro al cervello per quanto riguarda i bambini. Tutti questi dati, queste percentuali, questi nomi, per noi campani sono diventati una triste routine, ci viene ripetuto in continuazione, che corriamo un grave pericolo, che il rischio di morire di tumore, da giovani o di partorire figli malati è altissimo, e di continuo giovani coppie campane sono costrette ad abbandonare amici, famiglie, lavoro, terra d’origine, alla ricerca di un luogo più salutare dove crescere i propri figli. Troppe sono le madri che piangono i loro pargoli, morti prima di assaporare anche solo un brandello di vita, troppe le lacrime versate, le bare nei nostri cimiteri, i letti occupati nei nostri ospedali, la partenza di migliaia di malati che si spostano in tutt’Italia alla ricerca di una cura inesistente. “Per anni non si è data alla questione ambientale la giusta importanza” commenta Maria Triassi, docente di salute pubblica dell’Università Federico II di Napoli, e continua “ purtroppo il problema dei rifiuti è stato ignorato per decenni, la nostra società ne produce, ma non si è mai preoccupata di come smaltirli. Sono certa che ci sono molte altre situazioni simili in Italia e nel Mondo”. La faccenda è stata studiata in tutte le sue sfaccettature, osservata da ogni angolazione,presa in esame da centinaia di esperti, medici e quant’altro, ciò che i cittadini campani, vittime innocenti, vogliono sapere è: la soluzione? Davvero ci è rimasto solo un triste esodo verso nuove terre, da affrontare? La Campania è una regione meravigliosa, sia dal punto di vista naturale che culturale, è la nostra terra e quella dei nostri avi, la terra in cui abbiamo messo radici, ma è anche la terra tossica che uccide ogni giorno migliaia di uomini e donne, ragazzini e neonati.No. Una soluzione ci sarebbe e se ne parla dal 2013: una bonifica. Purtroppo non è una manovra semplice e, siccome costerebbe non milioni ma miliardi di euro, lo Stato vuole essere certo, al mille per mille, che l’alto tasso di tumori nella suddetta terra dei fuochi sia davvero determinato dai rifiuti tossici scaricati in quell’area. Per dimostrarlo, l’Istituto Nazionale per la Sanità continua ad inviare dati preoccupanti ma allo Stato questo non basta, per essere sicuro della correlazione fra tumori e scorie, pretende uno screening sanitario per la “mappatura dei tumori” che, però, è stato interrotto siccome le già scarse risorse destinate allo scopo, sono state dimezzate. È inutile ora, riportare uno studio sul trattamento dei rifiuti, sia ordinari che speciali, sappiamo bene come si fa la differenziata (vi sembrerà strano ma grazie ai napoletani nel 2015 sono stati raccolti 129.000.000 kg di materiali avviati al riciclo e sottratti alle discariche), e siamo stanchi di sentir parlare bocche ignoranti convinti che, il problema, siano i cassonetti straripanti lungo le strade principali partenopee: queste sono soltanto leggende metropolitane. Ciò che uccide, in Campania, sono i rifiuti tossici e i soldi, quelli che non bastano mai, quelli che non ci sono, quelli che arricchiscono le tasche di pochi, costando la salute a troppi.
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