ORANI: SFILATA DI MASCHERE TRADIZIONALI
09 March 2017
Testo e foto di Paolo Brundu
Il 4 marzo si è tenuta ad Orani la sfilata delle maschere tipiche di alcuni centri della Sardegna. E’ iniziata alle 15:00 nella piazzetta di “Sa Poa”, per proseguire, poi, in quella sottostante la chiesa parrocchiale, dove in tanti hanno assistito ed ammirato la loro esibizione.
Dinanzi ad un folto pubblico hanno sfilato, in ordine, le seguenti maschere:
· Samugheo, con tre maschere: “Su Mamuthòne”, con il volto annerito dal sughero bruciato. Indossa una casacca di pelli di capra con una cintura da cui pendono diverse file di sonagli; sul petto campanacci in ottone e bronzo, il cui numero, anticamente, corrispondeva al numero delle pecore possedute; “S'Urthu”, la vittima della rappresentazione, e “l 'Omadòre”, il pastore che afferra con la mano la “soga”(la fune) - frusta usata a percuotere l'urthu – e tiene, inoltre, una zucca contenente vino e il pungolo;
· Sarule, che presenta due maschere: la prima, “Sa Maschera a gattu”, che indossa due gonne al rovescio per nascondere i ricami e garantire l'anonimato; una copertina bianca sulla testa come simbolo di nascita; un velo nero davanti al viso come emblema della morte, e una fascia rossa intorno al capo a simbolizzare il matrimonio; l’altra, “Su Maimòne”, anticamente era utilizzato come fantoccio nei campi per augurare una buona annata ai pastori.
· Ula Tirso, ha presentato le maschere di “ S’Urtzu” e dei “Bardiànos”. Nella prima, un uomo indossa, sotto una pelle intera di cinghiale, un pezzo di sughero (“sa zippa”) che copre tutto il corpo e lo protegge dai colpi inflittigli con “sas mazzoccas”, i bastoni utilizzati dai Bardiànos per percuotere l'animale; i “Bardiànos” indossano, invece, un lungo sacco nero e tengono in mano “sa mazzocca”;
· Ortueri, con le due maschere de “S'Urtzu” e dei “Sonaggias”. La prima è la bestia- demone che si agita come un forsennato, si scaglia contro i “sonaggias” e contro le altre persone, salta sui tetti e sugli alberi, grida, si dimena rotolandosi per terra, inscenando l'eterna lotta del bene contro il male. La sua furia animalesca è tenuta a bada da un personaggio con fattezze umane; l’altra, le “Sonàggias” (campanacci), prende il nome proprio dai campanacci appesi al collo degli animali al pascolo per segnalarne la presenza. Esse, infatti, proprio per riprodurre il gregge, indossano una pelle di pecora bianca e hanno il viso dipinto di nero. Le cadenze ritmiche sono accompagnate dal suono dei campanacci che possono arrivare a pesare anche venti chili;
· Fonni, con le sue tre maschere: “Lìmpia” (pulita, limpida), che simboleggia l'eleganza e la bellezza, ed esprime il bene, l'amicizia e l'armonia; “Urthos” e “Buttùdos”. “S' Urthu” raffigura un animale con un campanaccio ed è tenuto in catena dai Buttùdos, uomini incappucciati, vestiti di nero con campanacci sulle spalle. Anche qua si inscena l'eterna lotta tra il bene e il male, tra l'uomo e l'animale. Sorprende l'agilità degli Urthos che, cercando di liberarsi dalle catene e di fuggire, si arrampicano ovunque fingendo di aggredire le persone e le cose che incontrano sul loro cammino;
· Gavoi con “Sos Tumbarìnos” (i tamburi). I suonatori indossano abiti di velluto, i gambali e la coppola. Il ritmo dei tumbarinos viene accompagnato dal dolce suono de “su pipiòlu”- flauto arcaico in canna - da un triangolo e da una “serraggia”, strumento a corda realizzato con vescica di animale alla quale è poggiata una corda sottile di crine di cavallo o di ottone. Si suona sfregando la corda con un pezzo di legno seghettato;
· Ottana, con “Sos Bòes” e “Sos Merdùles”. “Sos bòes”(i buoi) hanno una “caratza” (maschera che ricopre il viso) in legno raffigurante il bue, con corna più o meno lunghe, lavorata ad intaglio. Indossano pelli di pecora bianca e a tracolla circa 40 kg di campanacci. “Sos Merdùles” sono i guardiani “de sos boes”. “Sa caratza” ha fattezze umane, però, deformate, a ricordare la fatica del vivere quotidiano dei contadini.
· Orani: a concludere la sfilata, “sos Bundhos”. La loro “caratza” è realizzata in sughero colorato di rosso, ha un grosso naso appuntito, i baffi, il pizzetto, e lunghe corna. Ciò che la caratterizza è l’essere metà uomo e metà animale. Impugnano un forcone (“su trivuthu”) e tengono in mano un contenitore in sughero, “su moju”. Nella loro esibizione, mettono in scena il rito della semina lanciando il grano ai passanti per augurare loro un buon anno e raccolti abbondanti. Le loro urla ricordano le bufere di vento. Per tale ragione, quando ad Orani soffia forte il vento, si suol dire che “paret chi vi sian tottus sos Bundhos in giru” (sembra che ci siano tutti i Bundhos in giro).
La festa si è conclusa in tarda serata in Piazza Convento, dove le maschere tradizionali si sono mostrate ai presenti. A questo è seguita la pentolaccia per i bambini e i balli sardi di gruppo, a cui hanno partecipato numerosi. Infine, sono stati premiati i carri che hanno sfilato domenica scorsa. E' stata una serata bellissima, colorata, con grande partecipazione di pubblico e grandi divertimenti. Con questa sfilata si è concluso ufficialmente il carnevale barbaricino, per dare inizio al periodo di Quaresima.
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News » RICORRENZE | Thursday 09 March 2017
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