TRUNCHELL, ETC. - “EMILY NORTON” MALIGNITÀ SVELATA”

16 October 2021

di Elisa Serrani

Raccontare il male, la dimensione oscura e crudele del mondo in una canzone: questo è l’obiettivo di “Emily Norton”, il nuovo singolo di Trunchell, Etc., che attraverso la componente più cruda e diretta del linguaggio rap, punta i riflettori su una malignità che, per essere esorcizzata, scongiurata, deve prima essere colta, svelata.

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Intriso di barre cupe, esplicite e brutali, avvolte da un flow potente ed incisivo che si staglia su una produzione rap-rock oscura - curata da Gaedi -, densa di suspense, di inquietudine e volutamente statica e iterativa, il brano attinge alla famiglialondinese dei Norton, nota come “La famiglia del Diavolo”, per dare un volto alla follia, alla violenza, e così riconoscerla, facendo i conti con sé stessi e con le proprie zone d’ombra - «non so distinguere se bacia o se morde» -.

Emblema di pazzia e brutalità, la storia dei Norton viene presa in prestito dall'artista per le affinità temporali tra l’epoca vittoriana, in cui la famiglia è vissuta, ed il momento storico in cui ci troviamo oggi, in un riuscito parallelismo tra passato e presente che porta l’ascoltatore a riflettere sull’ambivalenza di un mondo tanto evoluto, sviluppato e civilizzato, quanto intinto di atrocità e scelleratezze.

«”Emily Norton” – dichiara Trunchell, Etc. – è un pezzo nato con l’intento di spiegare cos’è il male, in modo che tutti, o quasi, possano comprenderlo. Credo si tratti di un concetto molto complicato da esplicare a parole, per questo mi sono servito di simboli, concetti, perché li ritengo la più diretta forma di espressione. Questo è un brano cupo, violento, ma al tempo stesso lascia spazio a metafore e giochi di parole. Fa riferimento alla famiglia Norton, conosciuta storicamente per la pazzia e la malvagità dei suoi componenti e la protagonista del racconto, Emily Norton, viene descritta come paranoica, malvagia e crudele; volevo esorcizzare questo male e dargli un volto. Molti credono che il diavolo non sia reale. Io gli ho dato un’identità per far capire loro che lo è. Ed è molto più umano di quanto possano pensare».

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