LA MUSICA DELLA FANTASIA: PINOCCHIO

23 May 2018

di Carolina Polo

Ritmi festosi e avvolgenti, baldanzosi e sorprendenti, ma anche misteriosi o lugubri, cupi e spaventosi. Sin da bambini cresciamo cullati da fiabe e filastrocche; storie di eroi e principesse coraggiosi, armonizzate da melodie che ritraggono gli stati d’animo di protagonisti e ambientazioni.

Motivi solerti o curiosi accompagnavano le storie che le mamme ci raccontavano prima di andare a dormire. Lasciavano la nostra voglia di sapere, col fiato sospeso, in attesa del finale, corredato di morale. Tramandate di generazione in generazione, di cultura in cultura, e con diverse sfaccettature e versioni, le fiabe fino all’inizio del 1900 sono state reperibili, oltre che oralmente, grazie alla diffusione dei libri stampati, ma con l’avvento del cinema l’evoluzione della tradizione ha assunto un volto nuovo.

Nel 1937 esce, infatti, il primo film Disney (Biancaneve e i sette nani), simbolo dell’accompagnamento musicale ad una fiaba. Alle parole ora, si associano forme e colori reali, la fantasia del bambino diviene canalizzata dalla creatività dei produttori. Il regista e il fumettista trasformano in immagini e suoni le loro sensazioni, così da ridurre il passaggio immaginativo tra idea e visione fantastica. Numerose sono le trasposizioni cinematografiche di fiabe e negli anni, sempre più case di produzione hanno volto la loro attenzione alla produzione di cartoni animati basati sulle fiabe. Tra gli esempi più famosi ricordiamo Cenerentola, Raperonzolo, La Bella e la Bestia, la Sirenetta, Alice nel Paese delle Meraviglie, il Gobbo di Notre-Dame o Pinocchio. Tutti i racconti citati hanno avuto origine da storie ereditate dal passato, riscritte o inventate da autori geniali e sapientemente riadattate allo schermo cinematografico insieme a colori, animazioni e musiche.

La fiaba di Pinocchio in particolare, ha origini tutte italiane, quando, Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini, scrisse “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”, tra il 1881 e il 1883, prima a puntate, e poi, sotto forma di romanzo. Accolto da un gran successo di pubblico, negli anni, la storia del burattino si è diffusa in tutta Europa, sino a raggiungere le coste degli Stati Uniti. La prima trasposizione cinematografica risale alla produzione di Walt Disney del 1940, quando il bambino nato da un tronco di legno, viene raffigurato come un paffuto ragazzino dalle rosee guanciotte. Immerso in mille avventure (e disavventure) il Pinocchio Disney è accompagnato da ritmi onomatopeici che riprendono le situazioni e reazioni dei personaggi. “Fai una fischiatina” è la colonna sonora che rappresenta al meglio l’idea che Walt Disney voleva dare ai bambini del suo Pinocchio.

Il grillo parlante con un ritmo vivace e allegro canticchia insieme a Pinocchio il significato dell’amicizia e della purezza d’animo, evitare le tentazioni attraverso scorciatoie o sotterfugi, per essere una persona migliore e onesta. Tra le altre canzonette, parti integranti della narrazione, troviamo “Mai mi legherai” o “Hi-diddle-dee-dee” entrambe caratterizzate da fischiettii, brevi strofe, semplici da riprodurre, e perfettamente adatte ai bambini. Musiche familiari, ma sempre gioiose e coinvolgenti, con una morale chiara e direttamente intuibile dai giovani spettatori.

Un’altra testimonianza di come Pinocchio sia stato utilizzato da sfondo di unione tra musica e parole, possiamo trovarla nel film “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini del 1972. In una mini serie televisiva, il famoso regista ha realizzato uno sceneggiato la cui colonna sonora non può che invogliare il pubblico a fischiettare a sua volta. Le musiche di Fiorenzo Carpi infatti, trasportano direttamente nel mondo parallelo di Pinocchio. Un universo al limite dell’assurdo, a volte angosciante, altre spensierato. Flauti e pianoforte, insieme a chitarre accompagnano Pinocchio e Geppetto in “Viaggio in groppa al tonno” e in “Pinocchio Birichinata”.

Nella colonna sonora di Carpi, lungo gli oltre 23 minuti di ascolto, troviamo anche melodie più dolci, come “La Fata Turchina” o dense di sospetto e sotterfugio come “Il Gatto e la Volpe”, proprio in quest’ultima la raffigurazione della situazione losca viene rappresentata appieno grazie all’utilizzo di ritmi incalzanti e goffi.

Come non dimenticare inoltre, la reinterpretazione di Roberto Benigni, il quale, su note un po’ altisonanti e grezze, accompagnato da una fisarmonica, strumenti a fiato e a percussione, canticchia “La canzone di Pinocchio”.

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