LA RESISTENZA AL FEMMINILE: IRMA BANDIERA
01 April 2017
di Mariangela Mombelli
La Resistenza delle donne è stata a lungo taciuta. La storia “politica”, infatti, ha sempre privilegiato gli uomini dando loro i più ampi meriti, senza tenere troppo in considerazione il ruolo che le donne hanno avuto nella lotta di Liberazione. Soltanto con l’influsso culturale del femminismo verso la fine degli anni settanta si è diffusa finalmente una storia di genere che ha fornito nuove interpretazioni sulla lotta partigiana in Italia e ha permesso di saperne di più sul rapporto tra le donne e la Resistenza. Si è rivisitata l’intera vicenda attraverso la prospettiva della storia delle donne, che con la loro scelta resistenziale hanno rappresentato la prima manifestazione di protagonismo femminile nella storia italiana. E’ un fatto che non ha precedenti: la partecipazione femminile non è più di un’elite intellettuale e culturale del paese, come era avvenuto durante il Risorgimento, ma ha un connotato di massa. L’ingresso delle donne nel movimento clandestino viene fatto risalire a un episodio antecedente l’armistizio del 1943. A Parma nell’ottobre del 1941, durante la violenta rivolta che si scatenò a seguito della diminuzione giornaliera della razione individuale di pane, le donne assalirono un furgone della Barilla che trasportava un carico di pane. Appena sparsa la notizia, altre donne uscirono dalle fabbriche e dalle case e, guidate dalle più politicizzate, si unirono alla rivolta protestando per il peggioramento delle condizioni di vita in cui il problema dell’alimentazione, come in ogni guerra, assumeva risvolti drammatici. Da quel momento sempre più donne presero parte alla lotta di Liberazione, svolgendo ruoli fondamentali di organizzazione e di supporto alle azioni delle brigate partigiane. Le donne raccoglievano gli alimenti, le munizioni, le informazioni, svolgevano nella loro veste di “staffette” essenziali funzioni di collegamento tra le brigate organizzate in città, in montagna e in pianura, rischiando di cadere in rastrellamenti, approntavano squadre di pronto soccorso, compivano attività di propaganda e di informazione politica. Moltissime sono state le donne che senza imbracciare le armi hanno contribuito con azioni antagoniste e in modo determinante alla caduta del fascismo, affiancando così a una concezione di Resistenza unicamente armata l’esistenza di una Resistenza civile, compiuta spesso anche tra le mura domestiche, di cui le donne sono state protagoniste varcando quei ruoli assegnati che le relegavano in casa in posizioni subalterne. L’emergenza sovvertiva gli equilibri di genere: si cominciava sostituendo gli uomini nelle fabbriche fino ad arrivare alla scelta di entrare nelle formazioni partigiane a rischio della propria vita. L’assunzione di responsabilità che la scelta resistenziale imponeva era sentita dalle donne come una possibilità di riscatto personale oltre che politico e sociale. I valori del mondo femminile – spontaneità, rifiuto del calcolo, senso di giustizia, capacità appassionata di amare e soffrire, rispetto della verità dei fatti e dei sentimenti, generosità, pietà - diedero alla Resistenza una ricchezza che non avrebbe raggiunto altrimenti. Pochi conoscono le donne resistenti per ciò che erano: autentiche leader politiche e morali. I numeri ufficiali parlano di 35000 partigiane combattenti: in questo mese che ci separa dal 25 aprile ne racconteremo la storia di quattro, per abbracciarle tutte in un unico pensiero. (continua)
IRMA BANDIERA
“La più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamava Irma Bandiera”. Con queste parole Renata Viganò, partigiana e scrittrice, chiude il passo dedicato alla staffetta partigiana Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”, uccisa il 14 agosto 1944, dopo sei giorni di torture e sevizie, dai nazifascisti della Compagnia Autonoma Speciale guidati da Renato Tartarotti. Irma, 29 anni, era una militante comunista, staffetta partigiana attiva nella VII GAP che operava nella pianura a nord di Bologna, con il compito di rifornire di cibo, vestiti, armi e comunicazioni del Cumer (Comando Unico Militare Emilia Romagna) i partigiani nascosti nella campagna. Fu catturata il 7 agosto a conclusione di uno scontro a fuoco mentre si accingeva a rientrare a casa dopo aver trasportato armi nella base della sua formazione. Con sé Mimma aveva anche documenti compromettenti e per sei giorni i fascisti la seviziarono senza riuscire a farle confessare i nomi dei suoi compagni di lotta. Per i carnefici Mimma aveva una doppia colpa: si rifiutava di parlare ed era una donna. Si alternarono su di lei in tanti, ognuno inventando tormenti e sevizie innominabili, ma Irma non parlava. Li guardava con muto disprezzo, tutto il disprezzo era concentrato nei suoi occhi, così la accecarono. “Era ancora viva- scrive Pino Cacucci in Ribelli!– quando il 14 agosto gli aguzzini la scaraventarono sul marciapiede, al Meloncello, sotto la finestra dei genitori. Uno disse: “Ma ne vale la pena? Dacci qualche nome, e potrai entrare in casa, farti curare… Dietro questa finestra ci sono tuo padre e tua madre…”. Mimma non rispose. La finirono con una raffica di mitra, e se ne andarono imprecando.” Per un giorno intero i fascisti lasciarono il suo corpo in strada come monito verso gli antifascisti e chi li appoggiava. Ora quella via porta il nome di Irma Bandiera e sul muro davanti al quale rimase esposto il corpo una lapide la ricorda “Il tuo ideale seppe vincere le torture e la morte. La Libertà e la Giovinezza offristi per la vita e il riscatto del popolo e dell’Italia. Solo l’immenso orgoglio attenua il fiero dolore dei compagni di lotta”. Irma Bandiera è una delle poche donne insignite della Medaglia d’Oro per la Resistenza con la seguente motivazione: «Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.»
Irma Bandiera, Bologna 8 Aprile 1915 – Bologna 14 Agosto 1944
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