PENSIONI: DEBUTTA L'APE
10 May 2017
di Vittorio Esperia
Ape e Rita, due tra le più grandi novità in ambito pensionistico introdotte dalla Legge di Bilancio 2017, sono a un passo dal via: tra ritardi e novità, tutte le informazioni utili su Anticipo Pensionistico e Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Mancano ormai solo pochi giorni al primo maggio, data che segna, almeno sulla carta, il debutto ufficiale dell’Ape, l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica introdotto dalla Legge di Stabilità 2017 allo scopo di consentire, a chi ha già raggiunto almeno i 63 anni di età (e, al momento della richiesta, a non più di 3 anni e 7 mesi dal maturare il diritto alla pensione di vecchiaia), di ritirarsi anticipatamente dal mondo del lavoro per raggiungere la pensione. La misura di flessibilità, temporanea, dovrebbe iniziare la propria fase di sperimentazione a maggio, decreti attuativi permettendo: il periodo sperimentale durerà fino al 31 dicembre 2018 e coinvolgerà anche la Rita, che persegue di fatto le stesse finalità, ma per mezzo di diverse modalità di finanziamento. Per entrambe le misure è bene infatti fare un’importante precisazione preliminare: né Ape né Rita possono essere considerate delle prestazioni pensionistiche vere e proprie, si tratta semmai di indennità, di “redditi ponte”, rispettivamente erogati dall’Inps, dalle banche o dalla previdenza complementare nel caso della RITA, allo scopo di accompagnare il lavoratore già vicino alla pensione fino all’effettivo pensionamento. Fatta questa doverosa premessa, vediamone quindi tempi, modalità di funzionamento e caratteristiche principali, anche alla luce delle ulteriori novità in arrivo dagli attesi decreti attuativi. A tal riguardo, si segnala tuttavia che l’attuazione delle uscite anticipate previste dalla Legge di Bilancio come operative dall’1 maggio 2017 prosegue sì, ma con forti rallentamenti, tanto che restano ancora molti gli aspetti da chiarire a un passo dal teorico debutto. Più che probabili quindi eventuali slittamenti.
APE VOLONTARIA – Può essere in via esemplificativa definita come quella misura che consentirà di ritirarsi dal lavoro anticipatamente percependo l’assegno INPS attraverso un finanziamento bancario fino alla maturazione dei requisiti per la pensione. Si tratta dunque di un prestito commisurato e garantito dalla pensione di vecchiaia, corrisposto dalla banca – esentasse - sotto forma di quote mensili per un totale di 12 mensilità. La successiva restituzione del prestito, che includerà anche interessi e polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza, sarà invece diluita in 260 rate in un periodo di 20 anni mediante una trattenuta effettuata direttamente dall’INPS al pagamento di ciascun rateo pensionistico (tredicesima inclusa). Prevista comunque per legge, sebbene ancora da definire, la possibilità di estinzione anticipata del prestito. In ogni caso, poiché si tratta a tutti gli effetti di un prestito e non di una prestazione previdenziale, le somme erogate dall'Ape volontaria non concorrono a formare il reddito ai fini dell'Irpef. Chi potrà farne domanda? L’Ape volontaria può essere richiesta dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, dai lavoratori autonomi e dagli iscritti alla Gestione Separata; sono invece esclusi i liberi professionisti iscritti alle Casse professionali. Non solo, per accedere al prestito, sono richiesti inoltre almeno 63 anni di età (e 20 di contributi), così come necessario maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi dal momento di presentazione della domanda. Il richiedente non dovrà risultare già titolare di pensione diretta o di assegno ordinario di invalidità e dovrà contare su un importo stimato della futura pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito richiesto, pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo Inps (703 euro nel 2017).
APE SOCIALE – Riservata solo ad alcune categorie di lavoratori, l'Ape versione sociale si differenzia dalla “volontaria” per via degli oneri che, in questo caso, sono a carico dello Stato. Si tratta cioè un’indennità di natura assistenziale erogata dall’INPS, per una durata pari al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell'età richiesta per la pensione di vecchiaia; è elargita su domanda a soggetti in stato di bisogno cha abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta. Queste, in particolare, le categorie “in condizioni di difficoltà” interessate:
a) disoccupati (involontari), che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione da almeno 3 mesi e risultino in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;
b) soggetti che assistano, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, e sia in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;
c) invalidi civili che presentino una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni, pari ad almeno il 74% e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;
d) lavoratori dipendenti che, al momento della decorrenza dell'indennità, svolgano da almeno 6 anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo e siano comunque in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni. Le attività professionali di riferimento sono indicate nella tabella seguente:
Qualora accolto, il beneficio – incompatibile con eventuali trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria, con l’assegno di disoccupazione ASDI, l’indennizzo per la cessazione di attività commerciale e con redditi da lavoro dipendente o parasubordinato superiori agli 8.000 euro l’anno (4.800 il limite per il lavoro autonomo) – consisterà in un trattamento mai superiore ai 1500 euro mensili.
Così come ribadito dal recente DPCM (ora all’esame del Consiglio di Stato), le domande di quanti raggiungeranno i requisiti richiesti entro la fine dell’anno in corso dovranno essere inoltrate tra l'1 maggio e 30 giugno 2017. Attenzione, però, questo non significa che anche l’assegno sarà erogato a partire da quella data: per ottenere il beneficio bisognerà infatti aspettare il termine della procedura di monitoraggio fissata dall’Inps tra settembre e ottobre. A differenza di quanto non accada per l’APE volontaria, la “speciale” indennità non dovrà essere restituita.
RITA – Prevista dalla Legge di Bilancio 2017, consiste nella possibilità di integrare il reddito in attesa della pensione, riscuotendo in via anticipata le prestazioni della previdenza complementare (con esclusione di quelle in regime di prestazione definita), fino al conseguimento dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio. Cessato il lavoro, la richiesta della RITA, è riservata ai soggetti in possesso dei requisiti per l’accesso all’APE, certificati dall’Inps: spetterà pertanto a tutti i lavoratori con più di 63 anni di età che aderiscono alla previdenza complementare, a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchaiai al momento di presentazione della domanda, e che abbiano accumulato almeno 20 anni di anzianità contributiva.
La prestazione si concretizza di fatto nell’erogazione frazionata del montante (in parte o in tutto) accumulato, in forma di rendita temporanea: in altri termini, in questo caso il reddito ponte non è erogato né dallo Stato né dal settore bancario-assicurativo, bensì dalla forma di previdenza integrativa cui il lavoratore ha aderito, al “prezzo” di erodere però integralmente o parzialmente quanto accumulato sino a quel momento. Alla RITA si applica inoltre la stessa tassazione agevolata già prevista dalla previdenza complementare per le prestazioni pensionistiche, con un’aliquota fiscale che, dal tetto massimo del 15%, si può ridurre dello 0,3% annuo per ogni anno di partecipazione al sistema della previdenza complementare successivo al 15° fino al minimo del 9%.
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