STRE, lo Spaventapasseri che chiede un abbraccio

20 November 2025

C’è un’immagine che apre tutto, un’immagine minuscola e immensa: uno spaventapasseri che vuole un abbraccio. È da lì che nasce Spaventapasseri, il nuovo singolo di STRE, cantautore, produttore e regista napoletano capace di trasformare le emozioni in un immaginario visivo vibrante e poetico.
Ed è da lì che parte anche la nostra conversazione.

«Guardavo una serie TV,» racconta, «e a un certo punto ho visto questa figura con le braccia aperte. Non ci ho visto paura. Ci ho visto tenerezza. Sembrava solo voler accogliere affetto.»
Una scintilla improvvisa, un pensiero quasi infantile, e poi l’urgenza: «Mi sono messo subito alla chitarra. Quando arriva quell’idea, non devi lasciarla scappare.»

Spaventapasseri nasce così: in pochi minuti, da un’immagine che è già metafora, già storia, già canzone. Una figura “diversa” che però fa meno paura di quanto dovrebbe, e forse proprio per questo assomiglia a ognuno di noi.

Fragilità come superpotere

Nel brano, la fragilità non è debolezza: è un punto di partenza, un luogo da abitare.
«Per anni l’ho nascosta,» ammette STRE. «La percepivo come una mancanza. Crescendo ho capito che la vera forza è accettarla.»
Lo spaventapasseri che, nel videoclip, si abbraccia da solo è il suo gesto manifesto: un piccolo rituale di riconciliazione con le proprie paure, con la propria sensibilità.

«È un invito ad accettarsi, a riconoscere che la fragilità ci rende unici ma anche simili agli altri. Tutti, prima o poi, siamo quel tipo di figura un po' ferma, un po' fuori posto, ma attenta.»

Il coraggio di rallentare

Nel mondo che corre, STRE immagina una figura immobile. Non inerme: vigile. Un simbolo di resistenza emotiva.

«Oggi sembra non ci sia più tempo per prendersi tempo. Lo spaventapasseri, invece, resta fermo mentre tutto va veloce. Mi piaceva questa idea di contrasto. A volte, per istinto, mi piace fare il contrario di ciò che ci si aspetta.»

Rallentare, per lui, non è sottrarsi, ma ascoltare. E in un’epoca in cui la velocità consuma anche le emozioni, questa lentezza diventa un atto di rivoluzione gentile.

L’immaginario prima dell’immagine

Sotto il videoclip un utente ha scritto:
"Hai raccontato una storia attraverso l’iconografia di una figura, rendendo simbolico il suo consueto utilizzo. Questo è rappresentare le emozioni in modo intelligente."

STRE sorride quando glielo leggo.
«È vero, mi piace raccontare per metafore. Non penso a singole immagini, penso a un immaginario. È lì che vedo nascere la storia.»

Essere lui stesso lo spaventapasseri non è stata una scelta tecnica, ma affettiva.
«Mi ha sempre affascinato quella figura, fin da bambino. Amavo Il Mago di Oz, e Nightmare Before Christmas… lì Jack Skeleton appare proprio come uno spaventapasseri. Entrarci dentro fisicamente, interpretarlo, era quasi un sogno.»

E poi c’è la componente generazionale: «Sono cresciuto con MTV. Fare un videoclip è già un sogno. Essere dentro un videoclip, ancora di più.»

Una produzione che guarda avanti senza dimenticare il passato

Sul piano musicale, STRE costruisce un ponte tra epoche:
«Cercavo un suono che fosse vintage ma anche chiaramente del 2025. Ho unito strumenti veri, flauti, chitarre acustiche, archi… e campioni elettronici. Un ibrido che mi rappresenta.»
Il risultato è un pop malinconico e luminoso, delicato e contemporaneo, che sembra citare il passato senza mai copiarlo.

Un riconoscimento inatteso

Nel 2025 la Regione Campania lo ha premiato come “eccellenza artistica”.
Una sorpresa, dice. Ma una sorpresa autentica.
«È uno di quei casi in cui davvero non me l’aspettavo. È qualcosa che accade raramente, e per me è stata una grande forma di sostegno e di onore.»

Un nuovo disco all’orizzonte

Spaventapasseri non è un episodio isolato, ma l’inizio di un nuovo capitolo.
«È il primo singolo del prossimo album. Mi rappresenta, rappresenta il suono e l’identità di ciò che verrà.»

E se il pubblico dovesse portare con sé un solo messaggio? STRE non ci pensa molto, ma la risposta arriva limpida: «L’accettazione della diversità. Come valore. Come possibilità. A volte ciò che ci sembra distante è ciò che più ci somiglia. È un abbraccio che pensavamo lontano e invece è vicino.»

E forse è tutto qui

Uno spaventapasseri che vuole un abbraccio.
Un artista che trasforma un gesto immobile in un mondo intero.
Un brano che chiede dolcezza in un tempo che corre.

E un invito semplice, fragile, potentissimo: accogliere ciò che siamo, anche quando ci spaventa.

Perché, alla fine, siamo tutti un po’ spaventapasseri sotto un cielo veloce, con le braccia aperte in attesa di un abbraccio che ci riconosca.

di Giorgia Pellegrini

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